Parthenope: aprirsi alla vita
L'ultimo film di Paolo Sorrentino offre allo spettatore un mondo di ipotesi costruite tramite uno sguardo rivolto al mistero nascosto nelle cose.
L'ultimo film di Paolo Sorrentino offre allo spettatore un mondo di ipotesi costruite tramite uno sguardo rivolto al mistero nascosto nelle cose.
Effatà: una parola che significa aprirsi alla vita e che viene pronunciata durante il battesimo. “Parthenope” di Paolo Sorrentino inizia con una nascita; una nascita nel mare; una nascita che diventa il simbolo del desiderio di vita viva. Il cinema di Sorrentino è sempre stato un luogo dove il regista napoletano indagava il mistero che deriva dalla scoperta dello straordinario nell’ordinario, perciò dalla fonte inesauribile della superficie delle cose.
Gli sviluppi cinematografici di un dramma canonico non possono dunque appartenere al realismo di “Parthenope”, sebbene il film sia infarcito di frasi e dialoghi ad effetto (“il copione della vita” di Jep Gambardella), perché la natura dello sguardo della protagonista è figlio del desiderio di aprirsi alla scoperta, all’imprevedibilità del tempo.
Parthenope studia l’antropologia, ovvero la materia che più di tutti implica la necessità di vedere. Di adottare perciò un preciso sguardo sul mondo. E osservare una cosa significa anche scrutarne il mistero che nasconde. Il film procede quindi per sequenze che sembrano riprendere la struttura segmentata di Ferito a morte di Raffaele La Capria, romanzo dal quale Sorrentino saccheggia il richiamo al lusso dell’adolescenza, alla nostalgia di un avvenimento mai vissuto. Il dialogo dunque che “Parthenope” instaura con lo spettatore è seducente perché si relaziona al sentimento, alla sfera privata che nascondiamo quotidianamente.
Non è un caso che una delle frasi ripetute durante il film sia una domanda di una semplicità disarmante: “A cosa stai pensando?”. In quei momenti Sorrentino scoperchia un mondo di ipotesi senza fornici le risposte, non portandoci all’orgasmo (“Il sesso è un funerale”) e lasciando che sia la visione del film assieme al nostro vissuto personale a lavorare per noi.
“Era già tutto previsto” di Riccardo Cocciante diventa il brano-manifesto di Parthenope, rivelandosi una sentenza ma anche una speranza.
Dietro il mistero del futuro si nasconde un desiderio indomito di vita che sebbene sia “già tutto previsto” porta con sé gli “Sparuti e incostanti strascichi di bellezza”.
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