L’ultima volta che ci siamo parlati, in occasione della prima edizione di EXTRA sci-fi festival, Stefano Zattera aveva appena pubblicato per Eris Edizioni Il Buco Noir, graphic novel dedicata a una delle sue più longeve creature, il detective mutante Earl Foureyes, protagonista di avventure ambientate in una galassia futura dominata da una asfissiante distopia.

Due anni e mezzo dopo, il fumettista, illustratore, pittore e scrittore indipendente, collaboratore, tra gli altri, di “Linus”, La Repubblica” e “Il Manifesto”, è tornato a raccontare le imprese di Earl in un nuovo volume, Foureyes Four Stories, che mette insieme stavolta quattro storie con quattro formati diversi: fumetto, fotoromanzo, racconto scritto, storia illustrata.

Un compendio di tante passioni che partono dal fumetto, ma da esso esulano per espandere in maniera vertiginosa un universo che, se non fosse avvolto da un diegetico bianco e nero, potremmo definire “coloratissimo”. Ne abbiamo parlato con l’autore in occasione dell’uscita del volume, edito ancora una volta da Eris.

Foureyes Four Stories è quasi diametralmente opposto a Il Buco Noir, non solo nella scelta grafica – il bianco e nero, giustificato anche a livello narrativo – ma anche nel formato. Cosa ti ha portato a questa frammentazione?

«Partiamo da questo assunto: Il Buco Noir è stata una faticaccia immane! Non avevo mai affrontato una cosa così corposa ed è stato complicato scriverlo, disegnarlo e farlo uscire. È successo di tutto: crisi creative di scrittura, la scomparsa di Akab con il quale mi relazionavo come editor, il lockdown durante la fase di disegno (con con seguente presenza fissa in casa di tre figli), nuova chiusura dei luoghi pubblici quando è uscito, non ha visto librerie, fiere, presentazioni per un anno. Insomma, un bagno di sangue che mi ha visto uscire provato fisicamente e psicologicamente.

Quando è stato il momento di ripartire con un nuovo progetto di Earl ho escluso immediatamente una nuova storia lunga, un romanzo a fumetti. Una raccolta di storie brevi a fumetti del detective mutante l’avevo già pubblicata e non volevo ripetermi. Così ho pensato di provare a dare un ordine, una struttura alla mia tendenza alla multimedialità. Di organizzare in un unico corpo editoriale forme narrative diverse. Il titolo mi è venuto subito: Foureyes Four Stories mi sembrava perfetto. Fumetto, racconto scritto e storia illustrata muta le avevo già affrontate, mi mancava un quarto stile narrativo. L’elaborazione di foto con Photoshop è una cosa che faccio da sempre, e mi appassiona, inoltre in quel periodo ho trovato in una bancarella dell’usato il fotoromanzo di Casablanca, uno dei miei noir preferiti. Il ritrovamento ha messo in moto l’idea. Il poker era fatto.»

Negli ultimi anni il mondo è molto cambiato, e le distopie della fantascienza non sembrano più così lontane, tra il ritorno dei fascismi e l’ascesa dell’AI. Come influisce tutto questo su di te, che della satira apocalittica hai fatto da sempre la tua cifra stilistica e tematica?

«Da Dalla terra alla Luna di Jules Verne in poi, la realtà sembra inseguire la fantascienza. A volte ci riesce, a volte no, a volte la supera. Come ciclicamente accade, in questo momento c’è una rimonta delle destre estreme, ma tutto (speriamo a lungo) continua a rimanere all’interno delle regole democratiche. Nella narrativa distopica i totalitarismi sono repressivi fisicamente e psicologicamente, non lasciano via di scelta, di cambiamento, d’uscita, né spazio alla libertà, neanche quella interiore del pensiero.
Nelle democrazie occidentali, al di là che governi la destra o la sinistra, c’è comunque, almeno all’apparenza, un certo margine di libertà di movimento, di pensiero, di parola e, potenzialmente, di avere, acquistare e consumare tutto quello che si vuole.

C’è addirittura la possibilità, con le varie lotterie, di dare una svolta alla propria vita, di diventare uno della casta dei privilegiati. Per come la vedo io il vero nemico, quello che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi, sta determinando ingiustizie sociali, spostamento di masse, guerre, catastrofi ambientali, è il capitalismo, vero dominatore assoluto del pianeta. Il capitalismo democratico ha tutto l’interesse a mantenere viva la dicotomia destra-sinistra all’interno di se stesso proprio per creare dei falsi obiettivi, dei nemici da incolpare dei mali del mondo.

Un sistema che grida al fascismo, quando vince il centro-destra, e al comunismo, quando vince il centro-sinistra, ma che di fatto, con le dovute differenze su alcuni temi, continua imperterrito a portare avanti i dettami del consumismo estremo e del capitalismo selvaggio che porta all’arricchimento senza limiti dei pochi eletti, veri gerarchi della dittatura del denaro illusoriamente eletta dal basso. In questo senso la realtà ha superato la fantascienza mettendo a punto una dittatura subliminale mascherata di libertà che non ha più veri oppositori. Anche le principali vittime del capitalismo, che vivono di stenti, lottano per avere un cellulare o i soldi per le slot machine, ma non per cambiare il sistema.

Per quel che riguarda le AI penso che ci sia un allarmismo esasperato, in definitiva sono solo dei programmi molto evoluti, che stanno creando scompiglio per le stupefacenti possibilità, ma che alla fine rimangono ancora strumenti che puoi accendere, usare e spegnere. Credo che siamo ancora lontani da Skynet e che difficilmente ci arriveremo.

Credo che la “Fine di mondo”, provocata dall’essere umano, comunque sia sempre potenzialmente dietro le porte. Non ho nessuna speranza sulla redenzione dell’uomo. La sua incapacità di imparare dagli errori è costantemente confermata dall’attualità. Per cui credo che il materiale su cui fare satira non mancherà mai… almeno fino all’apocalisse.»

Vorrei soffermarmi in particolare sul fotoromanzo presente nel tuo nuovo volume. L’ho trovato qualcosa di eccezionale per il livello di dettaglio e la precisione con cui, tramite collage, hai ricreato il mondo dettagliatissimo delle tue storie e fatto recitare personaggi presi da fotografie. Quanto ti occorre per realizzare una cosa del genere? Ci puoi rivelare un po’ del procedimento tecnico, scelta delle foto, reperimento e manipolazione delle immagini… Ma anche, suppongo, creazione di immagini al computer ex novo.

«Quantificare il tempo impiegato è difficile. È un lavoro iniziato nel 2020 subito dopo l’uscita de Il Buco Noir, ma poi sospeso e ripreso più volte, ma sicuramente è stata la sezione più faticosa del libro, più in fase di ricerca che nella parte esecutiva. Una volta stabiliti gli attori, tutti divi anni ’30/’50, ho dovuto cercare le foto con le varie pose, espressioni, abiti, auto, armi, oggetti. Anche per gli ambienti ho attinto dai vecchi film noir.

Gli interni della Dalia Assurda, il night club che dà il titolo alla storia, sono quelli del locale di Casablanca. Per le vedute di Sick City, la città pianeta ex Terra, ho ricostruito tutto mixando pezzi di città reali con altre virtuali tratte da film, aggiungendo i ponti pedonali, le pubblicità, le immagini di propaganda, i mezzi di trasporto. Mi sono basato sulla versione a disegni già creata per il mondo a fumetti di Foureyes, ma anche ispirato alle città di Metropolis e Blade Runner.

L’interno del laboratorio del Dottor Eggs è il vero interno di un reattore nucleare. Farò una confessione, a costo di venir lapidato sulla pubblica piazza dei social: ho usato l’AI (anche se non personalmente, ma commissionato ad un amico che bazzica quelle piattaforme), ma solo come base per ricostruire l’astroporto retrò-futurista. C’è da dire anche che sono partito senza una sceneggiatura scritta, ma con un soggetto di massima, e a volte la storia veniva modificata in base alle immagini che trovavo nella ricerca.»

Naturalmente queste quattro anime di Foureyes Four Stories rispecchiano le tue passioni: oltre che un fumettista, sei un pittore, un illustratore e uno scrittore. Chiaramente hai bisogno di sfogare la tua creatività su più fronti, ma come scegli ogni volta il medium? Cioè in base a cosa decidi che una determinata idea sarà un quadro, una storia a fumetti o una storia scritta? Mi ha colpito, ad esempio, il fatto che “Crocevia del destino”, il racconto scritto del volume, sia una storia con dei connotati visivi potenzialmente forti: l’idea di un universo parallelo quasi identico ma speculare al nostro.

«Non c’è una regola, è una cosa abbastanza umorale, seguo il flusso delle maree dei vari interessi che si alternano. In qualche modo la mia è una forma di schizofrenia creativa. A volte è anche la stanchezza e il rigetto per aver abusato troppo di un media (vedi i tre anni a lavorare al Buco Noir) che mi porta a cercare rifugio altrove.

La storia Crocevia del destino è nata di getto per sostituire al volo il racconto che avevo iniziato precedentemente per quel volume. È frutto dell’interesse per i multiversi e le realtà alternative, dovuto a input recenti come il film d’animazione di Spider-Man o serie come Dark Matter. All’inizio anch’io ho avuto la sensazione che fosse una storia più adatta a un media visivo, ma in realtà, se ci pensi bene, i personaggi, salvo rare eccezioni, sono tutti simmetrici e se li specularizzi quasi neanche te ne accorgi. A parte le scritte pubblicitarie della città sul fondo, forse era più complesso dare la sensazione di un mondo speculare disegnando che non scrivendo. E comunque è stato impegnativo anche tentare di descrivere a parole la realtà oltre lo specchio.»

Definiresti Earl Foureyes un personaggio politico? Sotto una scorza di cinismo, si nasconde un uomo che in realtà lotta insieme alla resistenza. Di più: la tua galassia futura è dominata da uno stato di polizia che vorrebbe omologare tutti, ma sembra un’impresa impossibile dato che tutti sono mutanti e non c’è un individuo uguale all’altro. Mi pare un messaggio molto ottimista, perché anche in questo universo post-atomico c’è una varietà estrema di vita (e verrebbe da dire colori, ma a quello ci ha pensato il Buco Noir). D’altro canto, aggiungerei, la fantascienza è sempre politica…

«La fantascienza è sempre politica… è un’affermazione assolutamente condivisibile. Provare ad ipotizzare un mondo o un futuro alternativo è in qualche modo il manifesto, la teorizzazione della propria visione o utopia. Di conseguenza Earl, in quanto protagonista di queste storie, è un eroe politico, l’emblema di chi non si allinea, del dissidente.
La questione di un mondo in cui tutti sono diventati mutanti uno diverso dall’altro ha una valenza doppia.


Il mondo futuro, mille anni avanti a noi, in cui ambiento le storie del mio personaggio Earl Foureyes Mutant Detective, è un mondo in cui tutte le attitudini umane più deleterie, inquinamento, radiazioni, esperimenti genetici, clonazioni, chirurgia estetica estrema, sono state portate all’estremo, aggiungendoci guerre atomiche globali, colonizzazione della galassia, conseguenti accoppiamenti con razze aliene e nuove radiazioni cosmiche. In questa mia ipotesi di evoluzione sociale si è arrivati al punto in cui nessun essere è uguale a un altro. In questo senso il messaggio ha un significato negativo di critica ai comportamenti umani. Una sorta di monito su dove potremo andare a parare.


D’altro canto (una riflessione avuta in seguito), un mondo in cui si è perso il concetto di specie umana e si può dire che ognuno fa specie a sé potrebbe essere una soluzione a tutte le problematiche di discriminazione, di razzismo, di omologazione, ecc. E invece no. Nel mondo di Foureyes esistono ancora questa problematiche, proprio perché sono insite nell’essere umano ed esistono a prescindere dall’esistenza del soggetto della discriminazione.

L’essere umano troverà sempre un modo per avere un diverso da combattere. Comunque voglio rassicurare che se qualcuno coglie messaggi ottimisti nelle mie storie, sappia che sono del tutto involontari. I lieto fine delle mie storie si riferiscono a episodi singoli, non al destino dell’umanità.»

In questo mondo post-Covid, come vedi lo stato del fumetto italiano? Quali novità ti appassionano e quali tendenze ti preoccupano?

«Devo ammettere che non leggo molti fumetti, ho poco tempo per leggere e, quando lo trovo, la mia mano tende a protendersi di più verso la pila dei romanzi che non verso quella dei fumetti non ancora letti. Di conseguenza, non sono molto aggiornato sulle novità. Le vedo sui social, alle fiere, le guardo ma non le approfondisco.

Mi rendo conto, però, che la produzione è immensa e, tra editoria ufficiale e autoproduzione, in continua crescita, questo grazie anche alla grande diffusione delle scuole di fumetto.
Noto però che già da qualche hanno il fumetto italiano contemporaneo, parlo dei giovani autori, sembra poco interessato all’immaginario fantastico o comunque di genere. È molto autoreferenziale, intimista, o parla del quotidiano, dei temi sociali, di tendenza, di moda. È comunque molto calato sul reale. E va benissimo ovviamente. È giusto che il fumetto sia uno specchio dei tempi. Ma parla del reale usando il reale.

Questo si riflette sulle tavole, sui disegni che, per quanto ben fatti e gradevoli anche se stilizzati e grotteschi, saranno comunque realistici, convenzionali, conformi. Per me invece il fumetto è sì un mezzo per esprimere dei concetti e delle idee, ma allo stesso tempo è un modo per sbizzarrirmi in una ricerca estetica folle, visionaria e dissacrante. Il mio personaggio Earl Foureyes è, in qualche modo, una parodia dissacrante del fumetto popolare. Come tutti i protagonisti della narrativa seriale, di massa, sarebbe un tipo belloccio, ma quei due occhi in più lo rendono subito un freak.

Così come le sue avventure hanno un impianto classico, con intrighi, indagini, cattivi e lieto fine, ma condite con invenzioni fuori dallo standard che rendono le sue storie psichedeliche e visionarie. Penso che il fumetto, come tutta la narrativa di genere, debba avere due anime: una di intrattenimento e una di riflessione. Io credo che, anche parlando di avventure folli con mostri improbabili su pianeti assurdi, si possa senz’altro sottintendere temi d’attualità o grandi questioni filosofiche umane. E tra l’altro ci si diverte di più!»

Il TCBF ha celebrato la tua arte con una mostra…

«Sì, è stato un anno davvero denso di eventi insoliti. Dopo decenni passati nei polverosi e oscuri sottoscala dell’underground, una serie di concomitanze mi hanno non dico dato notorietà, ma comunque fatto apparire in vetrine finora a me estranee. Probabilmente il fatto di uscire con tre libri nello stesso anno ha messo in moto un meccanismo cominciato con un’intervista a doppia pagina su “Robinson” di “La Repubblica”, per proseguire con l’invito a essere uno speaker al TEDx Vicenza, poi di nuovo una doppia pagina di intervista, nonché la copertina per “Fumo di China”, l’unica e longeva rivista sul fumetto che esce in edicola.

Altre interviste video e scritte, tra cui questa. Il coronamento di questo trattamento da “Comicstar” è culminato con la mostra al TCBF. Avevo già esposto a Lucca, Treviso, Napoli, ma sempre in collettive tematiche. È la mia prima personale in uno dei più importanti festival del fumetto italiano. È stata sicuramente un’esperienza gratificante, un massaggio all’ego.»

Hai già in mente quale sarà il tuo prossimo progetto? Tra fumetti, letteratura, pittura…

«Progetti ne ho parecchi in cantiere. Ovviamente un nuovo libro di Earl, questa volta, cavalcando l’onda di tendenza, sul multiverso, con una struttura narrativa insolita che non anticipo. Sto realizzando, per Barta editore, una raccolta delle storie di Brenda Cowgirl, uno steam-western uscito su “Alias Comics” de “Il Manifesto” qualche anno fa, con una storia inedita. Uscirà prossimamente, per In Your face Comix, Welcome to Ratland, un libro fatto a quattro mani con Officina Infernale, che mi vede in veste di sceneggiatore; e per lo stesso editore una nuova raccolta di storie erotiche de La Professoressa, scritte da Enrico Munerato.

Dovrei anche scrivere e disegnare un volume fanta/horror per l’associazione Lo Scarabocchiatore e un volume per la nuova collana “Gatti sciolti” di Eris edizioni.
Sul fronte letteratura, quando ho iniziato a scrivere il racconto per Foureyes Four Stories sono partito con una storia dal titolo Viale del peccato. Mi sono reso conto però che la trama era troppo complessa per farne un racconto breve e l’ho piantato lì. Per cui mi piacerebbe riprenderlo e farne un romanzo.
Per quel che riguarda la pittura, ho in corso questi giorni una mostra alla And Art Gallery di Vicenza che chiude i primi di novembre. Una serie di acquerelli dal titolo Spaesaggi che ho fatto questa estate. Per l’anno prossimo ho in programma un’altra mostra in uno spazio espositivo comunale di Montecchio Maggiore, dove spero di ultimare e portare anche un pezzo enorme iniziato molti anni fa. Una rivisitazione del Giudizio Universale di Michelangelo dal titolo Il supplizio commerciale.
Come sempre mi organizzo il futuro per non avere mai tempo libero.»

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