A partire dalle storie che raccontano nei loro libri, lo scrittore Matteo Bussola e lo psicopedagogista Stefano Rossi, in dialogo con la giornalista culturale Valentina Berengo, si sono confrontati nell’incontro dal titolo “Adolescenti tra scuola e famiglia, uno tsunami di emozioni”, il 7 ottobre alla libreria Feltrinelli di Verona.

L’incontro rientra nella campagna nazionale Leggere insegna a leggere, promossa dalla casa editrice Feltrinelli, incentrata su scuola e formazione.

L’importanza delle storie

Perché partire dalle storie? «Perché nei romanzi c’è già tutto» ha affermato Bussola «e quando si parla di educazione affettiva e sentimentale, credo che la migliore risposta sia nei romanzi, perché presentano varietà, complessità, tolleranza ed empatia di emozioni e sentimenti, e andrebbero letti a scuola, il luogo dove si dovrebbero imparare le competenze relazionali».

E parlando del suo ultimo libro La neve in fondo al mare (Einaudi, 2024) aggiunge: «Avevo un auspicio rispetto ai ragazzi, che  magari, leggendo, avrebbero sviluppato uno sguardo diverso sui loro genitori. E l’auspicio opposto verso i genitori: che potessero trovare uno sguardo più accogliente su questa generazione di adolescenti che è la più ipergiudicata e ipercontrollata della storia».

La società metrica

Rossi ha poi chiarito: «Siamo in una società orizzontale, ieri era verticale, in cielo c’erano i valori e i genitori volevano solo dei “bravi bambini”. Oggi il sistema di valori è morto, tutti vogliono stare in cielo. La pedagogia del castigo sottendeva il senso di colpa che ha in embrione la responsabilità, oggi non c’è più senso di colpa, bensì la paura terrificante di non essere all’altezza, paura che abbiamo anche noi adulti».

In questo tipo di società tutto viene conteggiato e vige il tormento prestazionale: quanto sono bello/a? Quanto sono magro? Quanto denaro ho in banca? Quanti follower ho?

Il senso di inadeguatezza degli e delle adolescenti è più profondo di quanto appaia perché affonda le radici nell’anima, che Rossi ha definito essere «allagata dalla vergogna».

L’importanza del corpo

L’adolescente controllato a scuola con il registro elettronico, individuato a distanza dal cellulare, accompagnato ovunque per evitare i pericoli, non ha alcuna via di scampo. Come può tagliare simbolicamente il cordone ombelicale se non può sfuggire mai ai genitori?

Matteo Bussola, Valentina Berengo e Stefano Rossi alla Feltrinelli di Verona, foto di Stefano Rossi Facebook.

Da più parti cresce la preoccupazione per l’uso dei cellulari e sono in corso raccolte firme per vietarne l’uso fino ai sedici anni. Entrambi gli autori si sono espressi in modo negativo su tale misura, per loro la risposta possibile non è nel divieto ma nel dialogo con tra adulti e adolescenti.

All’adolescente rimane solo il corpo per dichiarare cosa vuole e rivendicare la sua libertà d’azione. Agisce sul corpo per decidere come e quanto nutrirlo, per tatuarlo fino all’inverosimile, per ferirsi, per isolarsi dalla società come gli hikikomori e, nei casi estremi, per togliersi la vita.

Le patologie di questo tipo interessano ormai migliaia di giovanissimi e sono esplose alla fine della pandemia, dopo il periodo di reclusione necessaria e forzata che ha impedito lo scambio tra pari, fondamentale in questa fase della vita.

La tirannia della luce

L’ansia dei genitori li rende narcisisti e obbliga i figli a stare sotto i riflettori per mostrarsi, ma il peso della luce per qualcuno/a è insostenibile «Anche se sono “medaglie d’oro”, bravissimi/e a scuola, perfetti, popolari» sottolinea Rossi «vanno in frantumi appena il risultato non è più eccellente perché la loro autostima è fondata sulla metrica del risultato decisa dagli adulti».

Gli adulti hanno il difficile compito di tenere insieme i due assi dell’autorevolezza e dell’amorevolezza, sganciando il concetto di amore da quello del merito. «Mi ami per quello che sono o per i tuoi piani di luce?» ha suggerito di chiedersi Rossi.

Gli fa eco Bussola sottolineando che «Per crescere bisogna deludere le aspettative degli altri, eluderne il controllo. I figli non vengono al mondo per piacerci».

L’importanza dell’amore

Sembra quasi che oggi gli adolescenti abbiano paura di innamorarsi e infatti alcuni manifestano una nuova angoscia che in psicologia viene definita philofobia, come Rossi spiega in un capitolo del suo libro Sentimenti malEducati. Come coltivare l’intelligenza affettiva per insegnare ai ragazzi le cose dell’amore (Feltrinelli, 2024).

La copertina del libro di Stefano Rossi Sentimenti maleducati, Feltrinelli 2024.

Nei romanzi di Bussola c’è molto amore ma l’autore ha fatto notare come, nella realtà, manchi un’alfabetizzazione sul sentimento, a fronte di un esubero di offerta proposta da vari portali. 

Per l’esperienza maturata sul campo da Rossi, i ragazzi e le ragazze hanno alcune idee ricorrenti sull’amore: l’amore è una bugia (troppe separazioni e divorzi attestano che non dura); l’amore fa male (ne hanno magari esperienza diretta in famiglia); non posso fidarmi di nessuno.

Allora meglio impegnarsi nella ricerca della felicità come valore che supera tutto. «Ma la felicità è l’io che esulta con se stesso» ha ricordato Rossi «mentre la gioia è l’io che esulta ritrovando se stesso nell’abbraccio dell’altro».

«É deleteria anche la retorica della dolce metà, del completarsi perché l’amore spezza» ha chiosato Bussola «e non solo quando fa male, anche quando infrange la corazza e fa uscire una parte di noi che ci porta nel territorio rischiosissimo dell’incontro. E senza l’accettazione di questo rischio non c’è amore. Ecco, ai nostri figli dobbiamo concedere il fallimento e il rischio».

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