La scuola è un percorso di istruzione permanente, che dura tutta la vita. Nicola Gardini (1965), latinista, studioso e pittore, ha dedicato un saggio alla passione per lo studio, uscito quest’anno con Garzanti e intitolato Studiare per amore. Gioie e ragioni di un infinito incanto. Insegnante di letteratura italiana e comparata all’Università di Oxford, è autore di numerosi libri tra cui Le parole perdute di Amelia Lynd, con cui ha vinto il Premio Viareggio nel 2012.

Ha inoltre curato edizioni di classici antichi e moderni tra cui Catullo, Marco Aurelio, Ted Hughes e Emily Dickinson. Per Garzanti ha pubblicato Viva il latino e Viva il greco, tradotti in dieci lingue.

Il verbo studiare è assai più duttile della roccia, perché è un evento che si manifesta per tutta la vita e non coincide solo con l’andare a scuola, ma con una grande passione che le abitudini scolastiche e i vari ministri hanno adombrato. Si tratta di una rivoluzione quotidiana che non sortisce effetti nell’immediato, ma che si traduce in una disposizione verso la complessità.

Non si smette mai di imparare

Secondo Gardini, studiare significa donare al nostro sguardo una direzione ed una capacità di selezione. Sarebbe perciò molto bello che la scuola insegnasse ad ogni studente a studiare a suo modo, senza porre dei confini troppo rigidi all’idea di studio.

Siccome non si smette mai di imparare, lo studio non corrisponde ad un voto e non fa fede necessariamente a programmi ministeriali.

Al contrario, secondo l’autore si tratta di un’attività magnifica e disinteressata, che ci permette di comprendere, creare collegamenti e simmetrie tra le cose, oppure di illuminarci davanti a un bel dipinto o a meravigliarci osservando albe e tramonti con percezioni diverse. Noi studiamo quando meno ce lo aspettiamo, specie quando riflettiamo sulle parole di un nostro amico o ascoltiamo i consigli di vita di un nostro familiare che ci mette di fronte ai nostri sbagli.

Il valore della biblioteca

Lo studio è faticoso e richiede impegno perché coinvolge volontà, memoria e molte parti del nostro essere ma è altresì un atto di ribellione, prima di tutto alla nostra pigrizia. Lo studente va a scuola per seguire un percorso istituzionale, lo studioso è chi si innamora della realtà e della vita e vuole comprenderla, leggendo il visibile e l’invisibile.

Studiare per amore. Gioie e ragioni di un infinito incanto è l’ultimo saggio scritto da Nicola Gardini per Garzanti, 2024.

La rete è fondamentale perché offre allo studioso risorse ed informazioni fondamentali, ma il contatto con i libri e gli archivi cartacei è una soddisfazione impareggiabile.

Gardini racconta l’incontro emozionante con l’autografo e la scrittura originaria del grande poeta americano Ted Hughes (1930-1998). L’emozione nasceva direttamente dal fatto che non si trattava di un incontro nato dallo schermo di un computer, ma di una condivisione fisica ed intellettuale che oltrepassa il tempo.

Ed è anche per questo che l’autore sottolinea il ruolo fondamentale per chi studia della biblioteca pubblica e l’incontro con bibliotecari competenti, solidali e disponibili dotati di un merito semplice ma fondamentale per la società: saper tenere ordine tra i depositi.

Viaggiare, quindi, è studiare. Occorre l’esperienza di altri luoghi che conducono lontano e consentono alla mente di superare abitudini limitanti, aprendosi alla novità. Chiara perciò la citazione che fa Gandini di Brezza Marina (“Come è triste la carne… E ho letto tutti i libri!”, così il primo verso), del poeta francese Stephane Mallarmé (1842-1898), che esorta ad andare, anche rischiando di naufragare. Il titolo della poesia non è trascurabile, perché il vento è immagine di un nuovo respiro, quello della scoperta.

©RIPRODUZIONE RISERVATA