Hellas: la vittoria contro il Genoa può dirci chi siamo
La vittoria del Verona contro il Genoa è l'elemento che serviva per cominciare a conoscere il potenziale di questa squadra dopo le prove agli antipodi contro Napoli e Juventus.
La vittoria del Verona contro il Genoa è l'elemento che serviva per cominciare a conoscere il potenziale di questa squadra dopo le prove agli antipodi contro Napoli e Juventus.
La trasferta di Genova, oltre ad aver rotto una maledizione lunga 35 anni, ha portato al Verona tre punti fondamentali per la lunga marcia verso la salvezza e qualcosa di forse ancora più prezioso, almeno in questa fase del campionato: un’idea di quale sia la vera identità di questa squadra.
È chiaro a tutti che fino al 18 agosto – e probabilmente oltre – la maggior parte degli addetti ai lavori guardavano all’Hellas costruito da Sogliano e affidato a Zanetti come a un oggetto misterioso, assemblato con ingredienti esotici e sconosciuti. Qualche video su YouTube o delle statistiche scovate qua e là erano tutto ciò che analisti e appassionati avevano a disposizione su questa squadra. Non restava che aspettare e stare a guardare.
Purtroppo per gli appassionati del metodo scientifico le prime due osservazioni del Verona 24/25 non hanno rappresentato campioni particolarmente validi: una vittoria pirotecnica contro un Napoli scombussolato e una sconfitta severa contro una Juventus in gran spolvero. Nulla che davvero potesse essere utile ai fini della statistica, va detto. Per questo la gara di Genova era attesa e – forse – un po’ temuta.
Dal punto di vista del morale il Verona aveva vinto bene e perso male, causando un certo subbuglio nei cuori dei gialloblù che leggono i giornali aperti sui frighi dei gelati. La prova del nove contro una diretta concorrente, in questa fase in cui i tifosi vogliono scoprire senza troppe sfumature se se “gh’emo na bela squadra” o “ na squadrassa”, è stata fondamentale. Abbiamo vinto, ergo “gh’emo un squadron”. Un entusiasmo che, seppur fragile nelle fondamenta, può portare lontanissimo.
La partita contro una diretta concorrente, dai nomi più pesanti ma con gli stessi obiettivi, ci ha detto con certezza che l’Hellas in questa Serie A ci sta eccome. Senza trionfalismi e illusioni, ci mancherebbe, ma ci siamo.
Il Verona contro il Genoa ha fatto una partita solida, certamente non ha dominato ma non ha nemmeno sofferto particolarmente. Ha dimostrato di saper stare in campo con ordine e di avere un’anima pragmatica, merito senz’altro del mister. L’avversario era uno di quelli contro cui i gialloblù hanno sempre fatto una fatica maledetta, non solo in termini di risultato: le partite contro il Genoa sono sempre state tese e bruttine, e invece i ragazzi di Zanetti hanno saputo mettere in campo una signora prestazione.
Gli uomini più pericolosi del Genoa sono stati cancellati da una linea difensiva attenta e ben assistita dal centrocampo, Vitinha e Pinamonti non ne hanno beccata una e Gilardino ha impegnato uomini più arretrati come Vasquez in sortite offensive frequentissime nel tentativo di scardinare le linee gialloblù. L’uomo più pericoloso per i padroni di casa è stato Junior Messias, ma per fortuna del Verona (sì, ci vuole anche quella) le sue occasioni si sono risolte tutte in un nulla di fatto.
Dall’altra parte il Verona ha dimostrato di saper soffrire senza panico e di saper ripartire senza fretta, a tratti l’Hellas usciva palla al piede rilanciando contropiedi precisi e taglienti, in altre fasi della partita si rinunciava all’estetica cacciando avanti palloni lontano dall’area di rigore. La cosa più importante? L’Hellas ha colpito quando ha potuto, anzi, poteva chiudere la gara con un pizzico di precisione in più, ma cinque gol in tre partite non si fanno per caso.
Certamente quella di Marassi è stata una vittoria di squadra, ma il Verona ha mostrato di avere il capitale umano per dare a Zanetti scelte utili in tutti i reparti. Sugli scudi Belahyane, piccolo demonio rubapalloni che sa infilarsi negli spazi, servire palloni in profondità e mordere alle caviglie le fonti di gioco avversarie. È forse presto per dirlo ma il Verona sembra aver trovato un grande centrocampista. Dall’altra Tchatchoua, questa volta in versione goleador, si sta adattando sempre meglio al gioco di Zanetti, migliorando esponenzialmente il rendimento in fase offensiva: se cominciasse anche ad alzare la testa prima di mettere i cross la fascia destra del Verona potrebbe diventare letale.
Dall’altra parte una sicurezza tecnica, Lazovic, del quale va sempre considerata la carta d’identità, soprattutto se gli si domanda di fare entrambe le fasi. Un problema che Zanetti risolve mettendogli alle spalle un terzo di difesa dinamico e pronto alla sovrapposizione come Frese.
Dopo due partite “estreme” il Verona ha detto la sua anche contro una squadra “media” e si è portato a casa una vittoria che sa di viatico. Certo, se l’esterno di Vasquez non si fosse stampato sulla traversa la partita avrebbe potuto mettersi diversamente, ma il calcio è questo, contano gli episodi e a chi gioca coi “se” va sempre ricordato che il fiume che attraversa la nostra splendida città è pieno di asini morti per disidratazione.
Ora il Verona è atteso alla prova della continuità, di gioco ancor prima che di risultati, e in particolare alla sfida più difficile di chi si candida alla salvezza: risalire la china. Quando vedremo l’atteggiamento combattivo dell’Hellas di fronte allo svantaggio, sapremo se davvero abbiamo uno squadron.
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