Dal Napoli alla Juventus. Da 3-0 a 0-3, da un avversario in confusione a uno in perfetto controllo, da un allenatore blasonato dal pedigree internazionale a uno proveniente da una grande stagione con il Bologna. Da un Verona cinico ed efficace a un Verona impreciso nei momenti fondamentali. Le polarità tra le due partite giocate al Bentegodi in una sola settimana sono moltissime. Due partite a specchio, nel gioco e nel punteggio. Come spesso accade, però, gli specchi deformano, e sarebbe un errore madornale esporsi in giudizi affrettati sulla squadra di Zanetti.

La partita

La partita è cominciata sulle ali dell’entusiasmo residuo della settimana scorsa. Il Verona spinge, costruisce e pressa fortissimo nei primi venti minuti, tanto che i bianconeri non riescono mai ad arrivare dalle parti dell’area veronese. Il Verona sviluppa il gioco soprattutto sulle fasce ma anche la coppia di centrali di centrocampo, Duda e Belahyane, si distingue per l’intensità nel rubare palloni e far ripartire l’azione.

Un dominio territoriale, nella prima parte di gara, che però non porta a vere occasioni da gol. I gialloblù non sembrano avere la lucidità e la qualità necessaria per alzare la testa nell’ultimo passaggio, pur arrivando con continuità sul fondo, mentre i minuti passano e la Juventus continua ad attendere il momento giusto, senza pressare particolarmente e lasciando l’iniziativa all’Hellas.

La Juventus cambia passo

Lo squillo che cambia la partita è un gran tiro a giro da fuori di Locatelli che costringe Montipò a una parata spettacolare. Il Verona rallenta un po’ il ritmo e si abbassa, mentre la Juventus comincia a mettere in mostra la sua abilità nella gestione del pallone. Le uscite dal pressing dei ragazzi di Thiago Motta sono rapidissime e precise, alla fine del match saranno pochissimi i palloni persi dalla Juventus in fase di impostazione.

Nel momento in cui la partita sta cambiando, con il Verona a gestire l’avanzata juventina, arrivano due errori che costano il doppio vantaggio ospite. Prima Duda si fa rubare un pallone sanguinoso sulla trequarti che Vlahovic insacca con sicurezza, e meno di dieci minuti più tardi la difesa scaligera combina un pasticcio in piena regola su una palla spiovente nell’area piccola dopo un gran contropiede bianconero.

Dopo un primo tempo di grande sforzo e intensità i gialloblù tornano negli spogliatoi con un doppio passivo difficile da digerire. Una montagna psicologica prima ancora che tecnica per l’Hellas, che si ritrova a dover inseguire una formazione obiettivamente superiore.

Nel secondo tempo la partita dura meno di dieci minuti. Tchatchoua, uno dei migliori in campo nella prima frazione, stende ingenuamente in area Mbangula. Rigore. Sipario. Da lì è solo accademia e lo spettacolo di un Bentegodi sold out.

Luci e ombre del Verona

“Si torna sulla terra” si sente dire in tribuna, “ci eravamo illusi e ora siamo tornati a soffrire”. Giudizi di pancia che fanno il paio con il trionfalismo post-Napoli. Il Verona ha incontrato due squadre superiori per organico e qualità, con una è andata incredibilmente bene, con l’altra è arrivata una punizione forse troppo severa. O forse qualcuno ha pensato che battere il Napoli per 3-0 fosse la “nuova normalità”?

In questa fase le riflessioni da fare non possono essere legati a exploit o errori individuali, ma qualcosa si può dire sulla prestazione e sull’identità di un gruppo che sta nascendo. Ad esempio con la Juventus Zanetti ha cambiato completamente l’approccio alla gara rispetto alla vittoria contro il Napoli: la settimana scorsa il Verona è partito contenendo l’assalto azzurro per poi reagire nel secondo tempo, al contrario contro i bianconeri l’approccio è stato aggressivo e sono stati gli ospiti ad aspettare il Verona per colpire nei momenti giusti.

Tre gol di passivo sono troppi? Forse sì, ma il Verona ha messo in campo una prestazione con luci e ombre contro una grande squadra. Il più evidente dei lati positivi è l’intensità di un gruppo che rispecchia lo spirito del suo allenatore, ma anche dal punto di vista tecnico ci sono molti elementi che promettono di poter crescere e migliorare e saranno certamente importanti nell’arco del campionato. D’altra parte le ombre di questo Hellas sono state altrettanto evidenti: imprecisioni nella costruzione e nella rifinitura, una certa fragilità mentale nel momento in cui la partita è sfuggita di mano e sarebbe servita una reazione di nervi, una coperta più corta nel settore arretrato.

La sfida di Zanetti

L’allenatore dell’Hellas l’ha detto chiaramente in conferenza stampa: “Non siamo ridimensionati perché non siamo mai usciti dalla nostra dimensione. Col Napoli abbiamo fatto una gara straordinaria e abbiamo vinto, con la Juve una gara discreta e abbiamo perso.”

È chiaro che il mister abbia le idee chiare su come costruire un gruppo unito e con la testa giusta per affrontare le difficoltà, e forse il crollo nervoso del Verona contro la Juve è il segnale peggiore di questa seconda giornata. Raggiungere l’equilibrio dentro e fuori dal campo sarà la vera sfida dello staff gialloblù.

Zanetti ha dalla sua il tempo, una rosa ampia che va letteralmente esplorata allenamento dopo allenamento, e soprattutto un’intera città a sostegno che, contro la Juventus, ha ancora una volta mostrato a tutti di avere la stoffa della grande piazza. Una piazza matura che sa di dover soffrire ma che non si arrende di fronte alle sentenze anticipate del calcio moderno: battere le grandi è possibile e va celebrato, perdere con le grandi e la normalità, e la normalità da queste parti va evitata ad ogni costo.

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