Con Lucy davanti al mare la scrittrice americana Elizabeth Strout torna a parlare di Lucy Barton, una personaggia che abbiamo già conosciuto in altri suoi libri.

Uscito negli Stati Uniti nel 2022 e pubblicato in Italia dalla casa editrice Einaudi quest’anno, il romanzo ci riporta al tempo della pandemia e, in particolare, al singolare modo in cui è stata vissuta in quel Paese.

Ricordiamo tutti il nostro periodo di confinamento forzato in casa per evitare il contagio mentre gli Stati Uniti sembravano sottovalutare il pericolo e persino il loro presidente, Donald Trump, minimizzava il problema lanciando provocatorie indicazioni, come quella famosa di “bere candeggina”.

Nel romanzo di Strout emerge proprio la confusione delle persone nel valutare la malattia: i più avveduti se ne tengono lontani e quanti non hanno i mezzi economici per farlo non capiscono il particolare momento, ne restano sopraffatti.

Lontano da New York per mettersi in salvo

Ma l’ex marito di Lucy è uno scienziato e ha compreso immediatamente la gravità della situazione in Europa, pertanto cerca di spostare i familiari nel Maine, lontano da New York.

Lucy e le due figlie sono riluttanti a seguirlo, hanno una vita e degli impegni da onorare, infine Lucy accetta. La partenza non si configura subito come una fuga e le sembra piuttosto un periodo di vacanza, con il rimpianto per ciò che ha lasciato nel suo appartamento, come i libri e le sue amate piante.

Strout vinse il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009 con la raccolta di  racconti Olive Kitteridge (Fazi, 2009). Siamo abituati alla sua scrittura, ai suoi accenni che sottendono sottili o profonde amarezze, rimpianti, malinconia.

In questo romanzo, se possibile, la scrittura è ancora più lacerata da buchi e non potrebbe essere diversamente per rendere appieno l’incertezza delle scelte o il dolore della perdita.

La protagonista Lucy è una scrittrice di successo, l’abbiamo già incontrata nel pluripremiato My name is Lucy Barton, Tutto è possibile e nel più recente Oh William. In tutti questi romanzi affiorano i ricordi di un’infanzia estremamente povera e segnata dall’emarginazione sociale, ma Lucy, grazie alla sua tenacia, alle borse di studio, e a un indubbio talento, si affranca da quella situazione, a differenza dei fratelli che rimangono a vivere nel paesino dell’Illinois.

Tra vacanza e confino

William è il primo marito di Lucy, il divorzio si rese necessario a causa delle di lui ripetute infedeltà. Il secondo marito di Lucy era un musicista e, al tempo di questa storia, è appena morto e lei sta  elaborando il lutto che la lascia in una condizione un po’ sospesa tra desideri e volontà e pertanto segue William, nel Maine, con una sorta di noncuranza.

La copertina di Lucy davanti al marem, ultimo romanzo di Elizabeth Strout edito da Einaudi (2024).

La routine quotidiana nella grande casa in affitto, isolata, è interrotta da notizie di conoscenti e amici comuni morti per Covid e i telegiornali non sono meno inquietanti.

Quel periodo sospeso tra vacanza e confino cambia natura così come il rapporto tra loro due.

William e Lucy coltivano poche frequentazioni, tra cui quel Bob Burgess (I ragazzi Burgess, Fazi, 2013) già noto, a riprova della comunità di personaggi che Strout richiama costantemente nei suoi libri.

L’autrice riesce a indagare i legami familiari senza cedere ai sentimentalismi eppure restituendone appieno la dimensione affettiva. I rapporti con i figli adulti non sono mai semplici, sembra dire l’autrice, i vecchi rancori sono sempre dietro l’angolo, nondimeno i rimpianti per i gesti o le parole mancate.

Il mare del Maine, nelle passeggiate solitarie di Lucy, con i suoi colori e la sua atmosfera, è lo sfondo ideale per ricomporre un quadro accettabile di relazioni, e per rifondarle, se necessario, ricucendo uno scampolo di felicità.

Siamo in perenne lockdown, ognuno di noi lo è. Solo che non lo sappiamo, tutto qui. Ma facciamo del nostro meglio. La maggior parte di noi cerca solo di arrivare in fondo”.

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