Arrivare alla fine di Ferrovie del Messico, di Gian Marco Griffi (Laurana Editore, 2022) può sembrare difficile: a libro chiuso si presenta come un tomo inconsueto rispetto a quelli che circolano, ma basta cominciare a leggere e si resta travolti dalle storie. Selezionato nella dozzina del Premio Strega 2023, il libro ha conosciuto una grande popolarità dovuta al “passaparola” di lettrici e lettori entusiasti.

Si è aggiudicato importanti riconoscimenti come Libro dell’anno Fahrenheit, il Premio Mastercard Letteratura e il premio Mario La Cava 2023, ormai alla ventesima edizione con cinquantamila copie vendute può diventare anche una bella storia per la nostra estate.

Ma è piuttosto il caso di parlare di “storie” al plurale, perché il romanzo ne comprende tante quanti sono i tanti personaggi. Tuttavia non ci si perde nel labirinto dei racconti perché il talento dell’autore è proprio di tener letteralmente inchiodati, o incollati, come si preferisce, alla pagina grazie a diversi fattori tra cui la lingua usata, imprevedibile e colta, oltre a una trama verosimile con un intreccio per molti versi surreale, che si sviluppa su territori e piani temporali diversi.

L’ironia che nasce dall’obbedire agli ordini

Quanto alla trama è presto detta: un milite della Repubblica sociale italiana è incaricato, per ordine delle alte gerarchie naziste e, per caduta, dal suo superiore locale, di compilare una mappa delle ferrovie messicane.

Senza una ragione apparente perché gli ordini, si sa, non si discutono, si eseguono e basta. Questo soldato, tale Francesco Magetti, detto Cesco, comincia la sua ricerca senza avere alcuna idea del Messico, ne conosce appena l’esistenza, né delle sue eventuali ferrovie.

Si muove tra Asti e dintorni nel 1944, durante l’occupazione dei tedeschi e nel particolare momento storico che vive l’Italia, con una repubblica fascista appena nata, il meridione liberato dai nuovi alleati americani, la guerra di resistenza in collina, le rappresaglie dei nazisti, le diserzioni dei soldati, troppe vittime e altrettante strane sparizioni che molte famiglie piangono.

Eppure su tutto il libro aleggia un’ironia che lo rende godibile anche a chi non lo sceglierebbe mai perché apparentemente non nelle proprie corde o completamente lontano dai consueti sentieri di lettura.

Alla ricerca di un libro introvabile

“Essere lirici e ironici è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta. Io abito il mio lirismo, Cesco, per continuare ad amare la vita: ogni evento vissuto non può che tradursi in queste due forme d’esistere, lirismo e ironia, perché la terza sarebbe la disperazione”.

Il caso letterario Ferrovie del Messico di Gian Marco Grilli è stato candidato al Premio Strega 2023.

Sono le parole di Tilde, la bizzarra e dolcissima bibliotecaria di cui Cesco s’innamora dal primo momento che la vede, ma il cuore di lei è per Steno, il partigiano che odia le armi e si limita a riparare le scarpe dei ribelli della banda Nando.

Tilde fa notare a Cesco, assolutamente impreparato alla missione da compiere, e adesso anche innamorato, che potrebbe aiutarlo la lettura del volume Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México, scritto da Gustavo Adolfo Baz e illustrato da Eduardo Gallo.

“Non una cronaca degli eventi […] bensì una storia che comprendesse l’epopea degli uomini che avevano posato i binari, di quelli a cui la ferrovia aveva cambiato la vita e di quelli che con la ferrovia avevano trovato un’occasione di riscatto o di avventura”.

Sfortunatamente il libro non è più reperibile in biblioteca e si scoprirà essere passato di mano in mano, forse perduto o distrutto.

Comincia così la  vera e propria quest del protagonista, come nelle fiabe, ma al posto di folletti o madrine lo accompagna invece, e certamente non lo aiuta, un tremendo mal di denti.

La lingua fa la differenza

Proprio un libro che parla di treni messicani è il motore del romanzo, regalato da una signora per gratitudine a un impiegato tedesco, Bardolf Graf, anche lui fagocitato in una situazione pericolosa. Ma la miccia dell’interesse dei nazisti per le ferrovie messicane è ormai innescata e dalla Germania arriva in Italia, fino al nostro Cesco.

Povero Cesco, fissato con l’Idrolitina, che aggiunge sia all’acqua che al vino, schiacciato da un ordine difficile da portare a termine. Lui che non crede alla fortuna ma alla sfortuna sì, eppure nel procedere della ricerca acquista persino una maggior consapevolezza della sua vita e dei suoi desideri.

Nelle innumerevoli storie che l’autore inanella a fare la differenza e alleggerire, approfondire o sdrammatizzare il mare di citazioni è appunto la lingua. Ricamata qua e là dal dialetto piemontese, commovente per chi conosce l’idioma e intrigante per chi lo incontra per la prima volta (gheddu, sfilosomiato, plandrón) non mancano parole rare o desuete (sagittabondo, apocope, passadizzo). Ma non risulta mai un fraseggiare barocco o snobistico o inutile.

Restare vivi anche dopo morti

Al contrario, ogni frase appare costruita su misura del parlante, usa il suo tono, il suo gergo, la sua solennità o volgarità. I personaggi appaiono vivi e saltano fuori dalla pagina.

Firmino, l’amico d’infanzia di Cesco “fatto di quella rara pasta che amalgamava un’incrollabile forza d’animo alla genuina perspicacia, impudente ma per natura votato alla giustezza, Firmino si votò in egual modo al libertinaggio e alle scapataggini tipiche della giovinezza”.

Nella sua settima lettera a Cesco, dalla Russia, scrive: “Il senso dell’ironia, l’ironia della sorte, l’ironia e basta […] erano un magnifico modo per restare vivi anche dopo morti”.

Sono tanti i personaggi indimenticabili del libro di Griffi, tra cui i due furbi becchini del cimitero di San Rocco, Lito il trombettista e Mec il muto che adora leggere, insieme hanno girato in lungo e in largo il Sudamerica come ferrovieri e conosciuto Tina Modotti, Frida Kalho e Diego Rivera.

O quel tale Frank Calcavecchia che scrive dal Messico alla sua querida Norah delle partite di jai alai – “una palla di cuoio caprino raccolta in una cesta di vimini e scagliata contro un’altra parete da due giocatori per squadra” -, oggetto di accanite scommesse dei presenti.

Verso la fine di qualcosa

Riassumendo: un caleidoscopio di storie con libri a profusione, ferrovie, ça va sans dire, nazisti e repubblichini, poeti frenatori, poeti suicidi o aspiranti tali, Zina la curandera sarda, un gentile cartografo samoano fondamentale per Cesco, una partita di golf giocata tra nazisti che cambiano le regole. E poi amicizie che nascono nell’infanzia o cementate in orfanotrofio, amore, vita in famiglia e il sentimento diffuso che stia finendo qualcosa, un’epoca, forse anche la guerra.

Ottocentoventiquattro pagine, esagerato? No, un libro esorbitante, e forse questa parola piacerebbe anche all’autore.

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