Non ce ne siamo accorti, ma tutto è cominciato nl 1983, quando venne presentato e diffuso il celebre video di Thriller, la canzone di Michael Jackson. Il video uscì un anno dopo la pubblicazione del brano. E proprio questo fu l’inizio della rivoluzione. Per la prima volta una canzone si “staccava “ da se stessa e si riproduceva in un altro mercato, con un altro pubblico.

La viralità del prodotto artistico veniva affidata a una piattaforma altra rispetto a quelle caratteristiche del mercato musicale. Il medium , allora, era la tv, con tutte le sue promanazioni, generaliste e tematiche. Un poco alla volta la produzione video ha sempre aumentato la sua rilevanza, ma anche la sua indipendenza di pubblico, rispetto alla musica. Anzi, un poco alla volta, la dipendenza si è invertita e il successo delle canzoni è dipeso sempre di più dal video.

A contenere il tutto e non farlo deflagrare è stata l’assenza di media alternativi. Tutto sommato canzoni e video hanno continuato a dividere lo stesso ecosistema mediatico. La rivoluzione si stava preparando, ma mancava il mezzo.

Immaterialità

Ed eccoci ad oggi. Con una sfera digitale che per prima cosa ha completamente stravolto il punto focale del mercato musicale: la distribuzione. Niente più supporti materiali, ma streaming e download. La musica che diventa prodotto immateriale soggetto a cancellazione, a riscrizione. E a riproduzione all’infinito.

Se prima si acquistava un cd come un bene da fruire nel tempo su quale costruire una memoria, ora il brano è un file, che può essere ascoltato anche una sola volta e poi eliminato con un tocco di mouse. L’immaterialità totale e il consumo potenzialmente solo istantaneo.

Una condizione che richiede un strumento ulteriore che offra una nuova prospettiva , possibilità almeno di “permanenza”. In primis si è così riaffermato il ruolo del video. Cosi come quello di Thriller, aveva donato ad una canzone di un anno prima una eternità altrimenti impossibile, i video in rete hanno costituito un elemento di aggiunta materialità alla musica affidata al mondo digitale.

A streaming e download si è aggiunto il valore delle visualizzazioni. Con un elemento originale e potentissimo: la ridiffusione e la costruzione di comunità di visualizzatori attorno al video stesso. Il nuovo Thriller è Despacito, con oltre otto miliardi di visualizzazioni.

Miliardi. Cioè una misura inarrivabile per qualsiasi vecchio supporto materiale. E difficile da raggiungere anche per lo stesso brano musicale affidato alle piattaforme digitali. Qual è in tutto questo l’elemento della rivoluzione finalmente compiuta? La viralità, consentita dai social.

L’epoca dei talent

Ecco che i brani, le musiche, si smaterializzano per tornare sotto forma di cover amatoriali, di esibizioni domestiche, di talent improvvisati. E intanto i social diventano anche piattaforme di costruzione di artisti. Conor Maynard è stato uno dei primi, ma ha poi commesso l’errore di uscire della socialsfera per immettersi nel circuito musicale tradizionale. Senza trarne il medesimo successo.

Diverso, in tempi più recenti, lo sviluppo del personaggio Iniko, letteralmente nato dentro Tik Tok e condotto nella sua crescita formidabile, proprio seguendo le dinamiche dei social, dove tutto deve essere scomposto per essere poi ricomposto . Lei stessa, infatti ha prodotto e affidato ai social decine di versioni diverse del suo brano più famoso, Jericho.

Definita questa rivoluzione, è chiaro che il mondo della fruizione musicale ne esce stravolto, con parametri completamente diversi. E chi voglia approcciarlo ne deve tener conto.

Sanremo e la necessità di cambiare pelle

Qui atterriamo col ragionamento, fino a Sanremo, alle sue ultime discussa edizioni. E diciamo subito che hanno ragione coloro che denunciano che non sia più il Festival della Canzone. È l’esempio di come i media tradizionali prendano atto dell’impossibilità di mantenere la propria fisionomia nel momento in cui decidono di condividere il pubblico con i nuovi media. In Sanremo assistiamo alla tv più classica e generalista che deve farsi piattaforma e accogliere il prodotto caratteristico dei nuovi media. Quello è infatti il pubblico da raggiungere, il pubblico dei social.

Per farlo- però – non è sufficiente un trasferimento di materia, ma si rende necessaria anche l‘adozione dei nuovi linguaggi e dei nuovi parametri. Dunque, Sanremo si rimodella attorno al concetto fondamentale di viralità e costruisce di conseguenza tanto la cornice di spettacolo, quanto quella musicale. Hanno ragione coloro che denunciano che non sia più il Festival della Canzone, semplicemente perché non esiste più quella canzone che veniva presentata, promossa, venduta. Esiste la canzone che diventa meme e che – come nella teoria di Dawkins del “gene egoista” – vive e ha successo nella misura in cui si replica e muta.

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