Uno dei divulgatori veronesi più appassionati dell’opera del Sommo Poeta, il dantista Mirco Cittadini, in queste settimane è impegnato in una sorta di tour per portare le sue conoscenze “in giro per l’Europa”.

Potrà forse sembrare esagerato, ma in realtà il collaboratore di Heraldo – che ogni mese ci aiuta ad interpretare la nostra quotidianità attraverso gli occhi del “ghibellin fuggiasco” – proprio in questi giorni è a Palermo per dare il suo personale contributo alla “Settimana di studi danteschi“, un evento ideato e fondato dal dantista Giuseppe Lomanto, mancato da poco, a cui di recente è subentrata a capo dell’organizzazione Marinella Larosa.

Nel corso di questa manifestazione, che si svolge da alcuni anni, le scuole di tutta Italia, in presenza ma soprattutto in diretta streaming, possono assistere a convegni e incontri durante i quali esperti, letterati, studiosi parlano di Dante, sotto una chiave interpretativa di volta in volta diversa.

«Il tema scelto quest’anno è Beatrice e il femminile», ci racconta Cittadini. «La collaborazione è nata grazie alla segnalazione del dantista e professore di Princeton Simone Marchesi. Tempo fa aveva scritto il libro “Cento passi nella Commedia” in cui Marchesi prende cento terzine, una per ogni canto della Divina Commedia, e fa per ciascuna un piccolo commento, sempre molto suggestivo, con in aggiunta le illustrazioni di Roberto Abbiati.

Avevo recensito per il mio blog “Il labirinto della Commedia” quest’opera e poi avevo, con l’occasione, chiesto a Marchesi di intervenire in una delle dirette su Facebook che ogni tanto faccio su qualche tema particolare in compagnia di alcuni esperti. Da lì è nata un’amicizia legata, inevitabilmente, al nostro amore per Dante. È stato quindi lui a segnalarmi a Palermo. E stamattina, in una sala gremita, ho potuto parlare del tema del femminile nella Divina Commedia, al centro del mio ultimo libro“.

Il 7 dicembre ci sarà a Lugano, in Svizzera, un altro appuntamento particolarmente impegnativo per Cittadini, che fra le altre cose è entrato all’interno del Seminario Internazionale di Studi Danteschi, coordinato dal professore di Barcellona Raffaele Pinto.

«Pinto è un lettore attento, uno di quelli, per intenderci, che fa le letture della Commedia dal punto di vista del pensiero economico» commenta Cittadini. «Sono stato a Barcellona a maggio in occasione di un convegno su Dante e il Capitalismo. Avevo conosciuto dantisti da tutto il mondo, persone che avevo sempre e solo letto sui libri, almeno fino a quel momento. Questa volta si tratterà di un seminario di due o tre giorni molto complesso e che verterà sull’influenza che ha avuto Dante sulla cultura del ‘900. Si parlerà, insomma, delle varie irradiazioni che ha avuto Dante nel mondo in un programma che si preannuncia ricchissimo.» Cittadini in quell’occasione interverrà parlando del grande psicanalista americano James Hillman, in un incnotro dal titolo Dante e il mondo infero: Hillman interprete (in)consapevole delle Commedia.

La liason, chiamiamola così, con Raffaele Pinto proseguirà poi per Cittadini anche nel 2024, visto che anche nella prossima primavera il nostro dantista tornerà a Barcellona per parlare, nuovamente, del rapporto del Sommo Poeta con il femminile.

Cittadini, cosa porterà questa serie di appuntamenti?

«Sento tutto questo un po’ come generativo di qualcos’altro» ci racconta Cittadini. «Da una parte proseguo con le mie consuete attività di divulgazione, con le dirette sul mio profilo Facebook con dantisti ed esperti che escono anche quest’anno con qualche libro o iniziativa legata all’Alighieri. Alcuni libri, peraltro, sono molto belli. Inizieremo proprio con Raffaele Pinto, che parlerà della Maledetta lupa del Capitale, poi con il grande dantista Gianni Vacchelli e proseguiremo incontrando, virtualmente, tanti professori. Fra questi Paolo Mottana con cui parleremo del sistema pedagogico della Commedia. Si uniscono le mie competenze con le loro e si generano dialoghi interessanti su Dante, con punti di incontro e nuove possibilità di studio e di ulteriore approfondimento.»

Un Dante dunque che gioca in casa e pure in trasferta?

«Dante è da sempre in trasferta. Anzi, è più in trasferta di quello che dovrebbe essere. Diciamo che il dantista veronese va in trasferta. Lo fa, però, da tempo anche Alessandro Anderloni, in Italia e all’estero. In generale possiamo dire che Dante è molto amato all’estero. Il Covid ha creato dei disastri ma ha anche creato delle connessioni ampie. Io ho gestito per un anno, a cadenza mensile, un collegamento in streaming con una trentina di argentini di Buenos Aires, appassionatissimi, che volevano imparare da Dante. Ecco, forse all’estero c’è forse un po’ meno sacro timore di Dante e più voglia di esplorare e di lasciarsi interrogare da lui. Vedo delle platee molto attente e questo perché spesso queste persone non passano da un percorso scolastico. Da noi Dante non passa attraverso la passione gratuita o la curiosità. Passa attraverso la scuola dove spesso viene insegnato male. Al contrario all’estero ci si avvicina perché lo si vuole. Un po’ come faremmo noi con Cervantes o Borges. Detto questo mi sono accorto che il nome di Dante è veramente grande nel mondo. È il più tradotto, il più conosciuto. E poi il mondo dantesco è entrato nel nostro immaginario a livello pop.»

Quanto ha inciso le incisioni di Gustave Doré?

«Tantissimo. In Giappone c’è una versione manga della Commedia che è un rifacimento delle tavole di Doré. Ma sono tanti gli artisti che si sono ispirati a Doré. C’è una produzione enorme su Dante nel mondo. Dante è ovunque, a livelli di pubblicità, marche, Tik Tok, meme, videogiochi. È un autore che travalica.»

Perché secondo lei?

«Ci sono gli italiani all’estero che quando vedono Dante lo sentono come il Padre della lingua d’origine e hanno un profondo affetto per lui. Non so se la stessa cosa avvenga per Leopardi o Montale. Forse Dante è riuscito a essere così universale perché aveva pensato alla sua Commedia in chiave popolare. Voleva essere capito dal popolo, dalle donne, dagli ultimi. E sceglie il volgare proprio per questo. Ma a parte le persone di origine italiana, all’estero ci sono tante persone studiano l’Italiano solo per poter capire Dante. Studiano e parlando di Dante in italiano, entrando con lui nella sua lingua. Lo aveva fatto, fra gli altri, lo stesso Borges, ma Dante è stato amato da poeti come Pound, Elliott e tanti altri.»

A livello personale, invece, cosa ha imparato?

«Il confronto è sempre una crescita personale, che ti aiuta a delimitare alcune posizioni e capire meglio cosa si può ulteriormente portare alla divulgazione su Dante. Posso definirmi un esperto di Dante, ma non sono certamente un filologo, un medievalista o un accademico. Cerco di abbeverarmi da questi incontri, in Italia e all’estero, anche per migliorare il mio racconto e ancora più accessibile a tutti.»

Quali sono i suoi prossimi progetti?

«Sono in una dimensione in cui attendo di capire cosa mi verrà proposto. Voglio, però, soprattutto continuare a proporre Dante ai bambini. Forse vorrei riuscire a fare di più con i giovani. Io sono dell’dea che il Purgatorio e il Paradiso meritino molto di più di come vengono trattati oggi. I giovani hanno bisogno di capirne la bellezza. Ho fatto il Paradiso con i bambini di cinque anni, che mi dicevano che era la cosa più bella che avessero mai sentito. Alle superiori mi hanno detto, invece, che è la cosa che piace meno in assoluto. E questa è certamente una responsabilità borghese della scuola. L’Inferno ci piace per il tema della colpa, del castigo, ma le altre due cantiche parlando di misericordia, perdono, gioia. Poi continuo a collaborare con la Libreria Jolly e con le Circoscrizioni e continuerò con le mie lezioni online. Però spero che ci possa essere ancora spazio per portare alcuni concetti danteschi nel mondo dei giovani. In fondo è quella tipica cosa che se te la giochi male poi non ci torni più. Meglio farla bene fin da subito.»

Mirco Cittadini

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