Al Teatro Romani di Verona l’1 e 2 settembre andrà in scena Romeo e Giulietta #generazionesacrificio: un’attualissima interpretazione della tragedia shakespeariana di Silvia Masotti e Camilla Zorzi con i ragazzi di Spazio Teatro Giovani, nella produzione Teatro Stabile, e l’ammirabile partecipazione di Giuseppe Sartori.

A Verona, la città degli innamorati, Romeo e Giulietta rappresentano una promessa, una delle più belle storie d’amore di tutti i tempi. Non solo, anche una storia d’odio e di morte in una cornice cittadina straziata da una faida civile: due famiglie in conflitto, i Montecchi e i Capuleti, che hanno educato i loro figli all’insulto, allo scontro e all’odio, alle volte mortale. Eros e Thanatos fanno da tiranni. Romeo e Giulietta sono innamorati e si suicidano poiché non possono vivere il loro desiderio, lasciando la città senza futuro, a causa della perdita di chi quel futuro lo può costruire.

Il laboratorio di Spazio Teatro Giovani

Lo spettacolo nasce da un laboratorio di otto mesi durante i quali le esperienze e il vissuto di un gruppo di ragazzi dai 18 ai 28 anni sono entrati in dialogo con i temi, il linguaggio e le metafore proposte dall’immenso testo shakespeariano. Questo approccio ha permesso di penetrare la tragedia al di fuori della convenzione e viverla nella sua complessità, nei suoi aspetti più inquieti, profondamente legati all’adolescenza, presenti nel testo di Shakespeare e non sempre messi in risalto. Romeo, 16 anni, e Giulietta, 14 vivono la loro prima esperienza, la loro prima emozione e il loro primo sentimento. L’intento non è attualizzare, ma attingere ai contenuti eterni presenti nell’opera, immaginando lo spettacolo con gli occhi dei ragazzi, leggendo il testo con i loro corpi, le loro voci e la loro vita.

Alla domanda «chi è secondo te Giulietta?», le due giovani interpreti che vedremo sul palco rispondono «Giulietta è un’adolescente, che vuole vivere il suo desiderio, nonostante tutto il mondo glielo nega», Romeo invece per i giovani attori è «un ragazzo che non sa niente della vita e che prima osserva e ricorda e dopo desidera senza riuscire a trasformare quel desiderio in qualcosa di compiuto». Questo è il punto di vista dei ragazzi che hanno incontrato il testo shakespeariano e ne hanno fatto molto di più.

Il messaggio

La storia di Romeo e Giulietta, infatti, non si limita a raccontare un meraviglioso amore finito in tragedia, ma è spunto di riflessione politica: se una città viene educata all’odio -o un paese, o un continente vengono educati alla guerra – non c’è speranza per il futuro. Non c’è speranza di amare chi si vuole, di seguire i propri desideri e di crescere realizzando sé stessi come esseri umani.

La lotta fra Montecchi e i Capuleti, solitamente relegata allo sfondo, è un’estenuante guerra civile metafora di divisione e impossibilità di incontro con il diverso che presenta numerosi punti di contatto con il presente. Per questa ragione, l’elemento portante della scenografia di Antonio Panzuto è un muro che ricorda i tanti muri fisici e morali del mondo e in particolare quello di Berlino, che ha diviso per più di trent’anni oriente e occidente e che si sta innalzando di nuovo.

Altro richiamo alla Berlino del muro sono due angeli che, come ne Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, seguono due giovanissimi Romeo e Giulietta per sostituirsi ad essi nella seconda parte della tragedia, quando protagonista ineluttabile diventa la Morte che spazza via con violenza l’Eros vitale dei due protagonisti.

Il messaggero

Sarà presente sulla scena un attore professionista, Giuseppe Sartori, che Principe della scena e Coro empatico e politico dei personaggi e della città, aiuterà i ragazzi a riconsegnare la tragedia al pubblico come una riflessione lucida e amara su che cosa succede se un collettivo non investe sul proprio futuro e se tutti i suoi figli non trovano altra soluzione che ammazzarsi fra loro o suicidarsi. La catena d’odio deve essere spezzata: se i giovani pensano alla morte come soluzione, non riescono a vivere la vita e immaginare un futuro.

Come dicono Silvia Masotti e Camilla Zorzi «tutti siamo chiamati in causa in un testo così potente, perché nessuna generazione dovrebbe essere sacrificio di quelle precedenti, né ieri, né oggi, né mai».

La drammaturgia

Silvia Masotti e Camilla Zorzi, attrici diplomate alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, laureate in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Verona e specializzate presso Art Therapy Italiana, assieme ai ragazzi di Spazio Teatro Giovani, di cui sono fondatrici hanno dato vita ad un progetto teatrale ambizioso e contemporaneo: mantenere il materiale drammaturgico di Shakespeare, senza riscriverlo. Il testo è stato tagliato, ma il linguaggio del Bardo nei suoi aspetti lirici, noir, pop, e dark è stato riconsegnato nella sua autenticità.

«Abbiamo scelto di mantenere le parole di Shakespeare, le abbiamo masticate, tradotte in azione scenica in modo da dare spessore ai rapporti tra giovani e adulti e alle dinamiche tra coetanei all’interno del gruppo. Assieme ai ragazzi non ci siamo sottratte alle difficoltà linguistiche, abbiamo mantenuto l’assoluto e la bellezza delle scene d’amore, l’ambiguità sessuale e il vituperio degli insulti tra bande, che in Shakespeare sono potenti ed efficaci quanto la parte più lirica”.

Un gesto d’amore e di celebrazione per la tragedia shakespeariana che ha con la città di Verona un legame di ereditarietà ed appartenenza.

Lo spettatore

Il fine ultimo dello spettacolo è far riemergere tramite l’azione scenica la funzione catartica del teatro: l’idea non è quella di andare a teatro con l’intento di vedere un’opera, ma di mettersi in discussione, sentirsi parte di una comunità, cercando di migliorare come persone e cittadini attraverso l’azione dei personaggi in scena.

Accettiamo la sfida, proviamoci.

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