La nuova edizione del report ISTAT è uno sguardo generale dei principali aspetti ambientali, economici e sociali dell’Italia, delle differenze regionali che la caratterizzano e della sua collocazione nel contesto europeo. Il tutto è organizzato in 6 aree e 19 settori corredati da grafici, glossario, riferimenti a pubblicazioni e link utili e con la possibilità di scaricare l’intera base di dati. Questa ultima edizione presenta oltre cento indicatori statistici sulla realtà del nostro Paese.

Noi Italia è un report realizzato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), che fornisce un’analisi approfondita delle caratteristiche demografiche, sociali ed economiche degli italiani. Il rapporto viene pubblicato periodicamente, di solito ogni anno, e offre una panoramica dettagliata delle tendenze e dei cambiamenti che si verificano nel Paese. Rappresenta uno strumento fondamentale per comprendere la situazione dell’Italia e per formulare politiche pubbliche adeguate.

Non c’è cambio generazionale. L’Italia è un Paese di anziani

L’analisi della popolazione italiana negli ultimi anni ha messo in evidenza fenomeni rilevanti: la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e il tendenziale invecchiamento della popolazione. Salta immediatamente all’occhio la crescita continua dell’indice di vecchiaia che arriva a quota 187,9 (anziani ogni cento giovani). Tra i valori più alti rispetto tutti i Paesi europei. 

Il tasso di crescita naturale pone l’Italia (-5,1 per mille abitanti) al ventesimo posto nella graduatoria decrescente, ben al di sotto della media Ue (-2,8). Riflesso del fatto che l’Italia è tra i Paesi europei con la speranza di vita alla nascita più elevata, ma ha un indice di fecondità totale a 1,25, valore molto inferiore alla soglia minima che garantisce il ricambio generazionale (2,1 figli). 

In Italia, nel 2020, la spesa sanitaria pubblica «è di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei». A parità di potere di acquisto, a fronte di 3.747,2 dollari per abitante spesi in Italia nel 2020, mentre la Germania, con i suoi 6.939 dollari per abitante, si conferma al primo posto per spesa pro capite. 

Istruzione, altri valori al di sotto della media europea

Da notare poi, che nel 2021, in Italia, per quanto riguarda i livelli di istruzione della popolazione, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37,3%, valore decisamente superiore a quello medio dell’Ue (20,7%). In Italia, la spesa pubblica in istruzione incide sul Pil per il 4,1%, rispetto al 4,9%, valore medio europeo. Nel 2022, diminuisce la quota di giovani che abbandonano precocemente gli studi, arrivata al 11,5%, comunque superiore a quella media dell’Ue27 (9,7%). Senza contare che nel Mezzogiorno, l’incidenza ha un valore più elevato (15,1%).

Nel 2020, la spesa per ricerca e sviluppo in Italia ammonta a circa 25 miliardi di euro, con un’incidenza dell’1,51% in rapporto al Pil, anche qui il valore è «ben al di sotto della media europea e dei principali Paesi», che è del 2,30%. I Paesi europei in cui l’indicatore assume valori superiori alla soglia del 3% (obiettivo comune per la Strategia Europa 2020) sono: Svezia (3,49%), Belgio (3,35%), Austria (3,20%), e Germania (3,13%).

Un altro settore del report con valori più bassi rispetto la media Ue è quello delle scelte adottate dai cittadini per ampliare e mantenere aggiornate le proprie conoscenze. Nel 2021, le famiglie italiane destinano a consumi culturali e ricreativi il 6,3% della loro spesa, rispetto alla media dei Paesi Ue (8,0%). Su scala europea l’Italia occupa la penultima posizione nell’uso di internet finalizzato alla ricerca di contenuti culturali. 

Nel settore del mercato del lavoro, i risultati evidenziano ancora una volta il grave squilibrio dell’occupazione femminile in Italia. Nel 2022, nonostante la crescita dell’occupazione nella fascia 20-64 anni (+2,1%), il nostro Paese non ha fatto progressi significativi nella riduzione dello squilibrio di genere. Solo il 55% delle donne ha un lavoro, rispetto al 74,7% degli uomini. Di conseguenza, i dati raccolti collocano l’Italia in fondo alla classifica europea e, in termini di occupazione, l’Italia è seconda solo alla Grecia.

Infine, nel settore dell’ambiente si può osservare un trend in miglioramento verso la raccolta differenziata: il 64,0% della produzione di rifiuti urbani. Questo è un punto in meno rispetto all’obiettivo posto al 65,0%. Tuttavia, questo valore avrebbe dovuto essere raggiunto entro il 2012.

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