Un Verona troppo brutto per essere vero brucia un’occasione d’oro per assicurarsi la salvezza e la regala invece a un Cagliari organizzato e ben messo in campo. In una giornata in cui tutte le fragilità tecniche e mentali della squadra sono tornate a galla, coach Zanetti in conferenza stampa ha parlato di una prestazione negativa che non deve lasciare scorie. Difficile però ridurre a una debacle la tempesta perfetta di lacune tecniche, tattiche e mentali che ha portato a uno dei match più penosi dell’anno, proprio a un passo dal traguardo.

“Sono emerse le nostre paure e ci siamo bloccati”. Così mister Zanetti in conferenza stampa nella pancia del Bentegodi, accompagnato dal capitano Duda che ci mette la faccia recitando il copione appena imparato: “prestazione negativa, guardiamo avanti, pensiamo alla prossima”.
Oltre alle questioni mentali – che comunque meriterebbero una riflessione – la prova del Verona contro il Cagliari ha riportato alla luce tutti i limiti dimostrati nel corso del campionato, limiti che nelle ultime uscite erano stati nascosti dall’atteggiamento aggressivo di una squadra col coltello tra i denti.

Avevamo celebrato i piedi quadrati di Dawidowicz in mezzo al campo come il viatico per la salvezza: come se il Verona, privo dei suoi giocatori di maggior talento, fosse riuscito a fare quadrato e mettere in campo tutta la voglia di strappare punti in qualsiasi modo possibile. E aveva funzionato. Quel nuovo atteggiamento ha permesso all’Hellas di mettere sette punti tra sé e la zona retrocessione, un patrimonio che malgrado la serataccia di ieri rimane integro, e che oggi rappresenta la migliore speranza per arrivare all’obiettivo finale.

Occasione persa e pochi alibi

Ieri sera poteva essere il punto esclamativo su una salvezza a cui sarebbe mancata solo la matematica. In casa, contro una diretta concorrente e finalmente con una squadra quasi al completo. Erano tornati a disposizione Serdar e Suslov, per comporre un centrocampo titolare assieme a Duda. Mentre Dawidowicz sconta il turno di squalifica, la difesa con Ghilardi, Coppola e Valentini sulla carta sembra dare garanzie. Solo davanti ci sono poche illusioni. No Tengstedt no party. Con Mosquera e Sarr che decisamente non parlano la stessa lingua il Verona ha totalizzato il magrissimo bottino di sei gol in tutto il girone di ritorno. Non ci salveremo grazie a un bomber, questo è certo, ma le attese per lo scontro diretto erano tutt’altro che negative. Un’illusione durata un quarto d’ora.

L’allenatore degli ospiti, Davide Nicola, ha fatto i compiti a casa, e con una squadra corta, fisica e con un buon punto di riferimento pesante in attacco, incarta i piani di Zanetti. Il Verona non gira e la fiducia in campo e sugli spalti dura come un fiammifero. Solo problemi di testa? Magari. Partiamo dall’attacco e procediamo all’indietro.

Non si salva nessuno

Mosquera e Sarr non riescono ad azzeccare un singolo movimento di reparto, si pestano costantemente i piedi e non si smarcano per ricevere dai centrocampisti. Nelle azioni manovrate si trovano sempre dalla stessa parte, lasciando sguarnito o il primo o il secondo palo, nelle poche transizioni scappano dalla stessa parte, dimezzando le geometrie possibili. Un disastro.

Sugli esterni il copione non è migliore. Tchatchua in particolare avrebbe a disposizione delle praterie che semplicemente ignora, si fa la fascia su e giù un milione di volte riuscendo solo ad essere in ritardo sia in attacco che in difesa. Mai sul fondo. Nessun buon cross. Mai un pericolo.

Il centrocampo è dove si sarebbe dovuta concentrare la qualità della squadra. Duda cerca di mettere ordine ma è sempre senza soluzioni, Suslov non sta bene ed è costretto ad uscire dopo pochi minuti, Serdar è ancora la brutta copia del centrocampista visto prima dell’infortunio di Monza.

La difesa soffre un giocatore come Pavoletti che, con tutto il rispetto, non è esattamente il dinamismo offensivo fatto persona anche per le sue trentasei primavere. Sul vantaggio del Cagliari la Gialappa’s avrebbe potuto rispolverare la vecchia rubrica “Vai col liscio”, mentre col passare dei minuti il nervosismo ha fatto il resto. Ghilardi chiude la prestazione con un rosso ineccepibile e salterà San Siro lasciando Zanetti ancora più a corto di scelte. Nulla da salvare purtroppo.

Le responsabilità di Zanetti

Zanetti, di fronte a un’apatia generale, si prende la sua dose di colpa. Ritarda i cambi fino al quarto d’ora del secondo tempo, e anche con i subentrati non cambia il tema di una squadra mentalmente a pezzi. Con la sostituzione forzata di Suslov il mister avrebbe potuto rimettere in campo lo schema tattico delle uscite precedenti, sostituendo magari Dawidowicz con i muscoli di Niasse, disponibile in panchina. E invece Zanetti ha deciso di ignorare i messaggi dell’universo giunti sotto forma di virus intestinale allo slovacco e continua con il suo piano fatto di qualità supposta, mezze punte e rapidità. Un piano che, come abbiamo visto nella maggior parte del girone di andata, ha posto le condizioni per il Verona schizofrenico capace di vincere con chiunque e di prendere imbarcate clamorose.

Il problema mentale? Lo lasciamo a chi vive lo spogliatoio e gli allenamenti. Certo è complicato pensare di salvarsi in serie A con giocatori abulici e impauriti, da qui la speranza (più che il giudizio) espressa da Zanetti in conferenza stampa: solo un episodio da dimenticare in fretta.
No, mister, meglio ricordarselo bene questo episodio, perché oltre a una squadra molle, sul campo del Bentegodi abbiamo visto problemi endemici che erano già stati risolti. Guai a tornare indietro.

Rimangono quattro gare a disposizione. Dodici punti da giocare con sette di margine. Non sono pochi, ma tenere la guardia alta è imperativo: il Parma ha raccolto quattro punti in due partite contro Juve e Lazio, il Cagliari se la gioca con tutti e ci ha sorpassato in classifica. Nervi saldi, la prossima purtroppo conterà poco o nulla, contro il Lecce il Verona dovrà affrontare tutti i suoi fantasmi e chiudere la pratica. Il tempo dei calcoli è finito.

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