Salvate il soldato Jack
È il titolo del libro per ragazzi della giornalista Federica Seneghini ispirato alla storia vera del pilota irlandese salvato da una bambina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale.

È il titolo del libro per ragazzi della giornalista Federica Seneghini ispirato alla storia vera del pilota irlandese salvato da una bambina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Era il 23 aprile 1945 quando un aereo da caccia delle forze alleate viene abbattuto nelle campagne del ferrarese sotto lo sguardo di Carla, una bambina di nove anni. L’aviatore irlandese che lo pilotava, seppur ferito, riesce a salvarsi e a bussare alla porta di casa sua. Una zona ancora sotto l’occupazione nazifascista. La madre di Carla sa bene il pericolo a cui sta andando incontro, ma decide comunque di nasconderlo ai tedeschi e, una volta rimessosi in sesto, di aiutarlo a raggiungere la sua base militare.
Solo una bambina, però, avrebbe potuto accompagnarlo senza destare sospetti: Carla. Questa la trama del libro per ragazzi «Salvate il soldato Jack» (Ed. Piemme – euro 16,50) della giornalista Federica Seneghini.
Seneghini, da dove parte l’idea di un libro per ragazzi che parla della Resistenza?
Parte da una domanda: come si racconta oggi la libertà a chi non ha memoria diretta della sua conquista? La Resistenza è stata narrata dai testimoni, da chi c’era. Io non c’ero, ma vivo in un Paese che ha costruito la sua democrazia su quel momento cruciale. E sento la responsabilità di trovare un linguaggio che arrivi anche alle nuove generazioni, senza perdere profondità. Parlare della Resistenza ai ragazzi non significa semplificarla, ma renderla viva, possibile, concreta. E spesso, i romanzi aiutano più della retorica.
La storia della bambina Carla che racconti nel libro è liberamente ispirata a un fatto realmente accaduto. Come ne sei venuta a conoscenza?
Nel 2023, Lina Volpi ha sentito in televisione l’appello di un pilota irlandese centenario che cercava la bambina che gli aveva salvato la vita in Italia nel 1945. Quella bambina era sua madre, Carla Fabbri, che da piccola le raccontava questa storia come fosse una favola. Lì ho capito che c’era qualcosa di unico: una fiaba che si scopre memoria. Ho iniziato a ricostruire, a documentarmi, e soprattutto ad ascoltare Lina.
Quando hai incontrato Lina Volpi, la figlia di Carla, che cosa ti ha raccontato della madre?
Mi ha raccontato con emozione e pudore la storia di sua madre. Carla era una donna schiva, non si è mai definita «un’eroina», non ha creduto d’esserlo davvero. Ma aveva una forza tranquilla, quella che hanno certe bambine cresciute troppo in fretta. Lina ricordava il tono con cui sua madre raccontava «la storia di Jack» per farla addormentare, ma solo da adulta ha capito che non era una fiaba. Mi ha parlato del giorno in cui il pilota è tornato nella loro vita attraverso uno schermo, e della commozione di riconoscere in un vecchio signore l’uomo che sua madre aveva salvato da bambina, portandolo oltre la linea del fronte. È stato un passaggio di testimone tra generazioni, e io ho sentito il bisogno di raccoglierlo.
Che anni sono quelli che stiamo vivendo rispetto a questo tema?
Anni in cui il tempo ci costringe a scegliere: ricordare o dimenticare. I testimoni diretti stanno scomparendo e con loro la possibilità di un racconto in prima persona. Ma questo non significa che la memoria debba svanire. Al contrario, dobbiamo fare lo sforzo di restituirla in forme nuove. Con cura, con responsabilità. Oggi la Resistenza non è più solo un fatto storico: è anche una domanda politica, etica, educativa. Cosa faremmo noi, di fronte all’ingiustizia? In che modo difendiamo la libertà, la dignità, la solidarietà? Raccontare queste storie ai ragazzi è anche un modo per ricordarci chi vogliamo essere.
Carla, la bambina del tuo racconto, è un omaggio anche a tutte le donne che hanno fatto la Resistenza…
Sì, è un omaggio a quelle donne che non hanno mai pensato di essere partigiane, e che invece lo sono state. Perché hanno salvato vite, nascosto cibo, custodito messaggi, resistito con il corpo, con il silenzio, con l’astuzia. Senza divisa, senza fucile, ma con un coraggio quotidiano e invisibile. Carla è stata forse una delle resistenti più giovani d’Italia. E non ha mai raccontato pubblicamente la sua storia. Forse perché per lei non era «storia», era solo ciò che si fa, quando si ha cuore. Ma io credo che queste vite vadano restituite al racconto collettivo. Anche attraverso i libri per bambini e ragazzi.
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