Il paese di Dracula
Oltre al mito del conte Impalatore. Perché a ben guardare in Romania c'è molto di più e lo possiamo scoprire attraverso l'ultima opera del giornalista e scrittore Paolo Ciampi, presentata qualche settimana fa anche a Verona.

Oltre al mito del conte Impalatore. Perché a ben guardare in Romania c'è molto di più e lo possiamo scoprire attraverso l'ultima opera del giornalista e scrittore Paolo Ciampi, presentata qualche settimana fa anche a Verona.
La Romania è davvero il Paese di Dracula? A questa domanda risponde il libro del giornalista e scrittore Paolo Ciampi, Non è il paese di Dracula (Bottega Errante Edizioni, 2024). Presentato a Verona, lo scorso marzo, all’interno della rassegna “Letture vagabonde”, promossa dalla Settima Circoscrizione e dalla libreria Gulliver, permette un’immersione totale in un paese che ha molte più connessioni con l’Italia di quante potremmo immaginare, e non solo per la presenza sul nostro territorio di molti lavoratori e lavoratrici romeni.
A cominciare dalla lingua ufficiale, il romeno (accezione più corretta di “rumeno”) che discende dalla stessa radice dell’italiano, poiché i romani colonizzarono quella zona oltre il Danubio, abitata allora dai Traci, come ben testimonia la Colonna Traiana nella Capitale.
«Un film di marmo» lo definì Italo Calvino e lo ricorda anche l’autore passeggiando per una Bucarest quasi bella, mentre la guida locale spiega il significato del tricolore romeno: il giallo per il grano, il blu per la libertà, il rosso per gli eroi.
La Romania non è solo abitata dai fantasmi del passato regime. A Bucarest si può bere birra in molti locali – ci sono, infatti, alcune interessanti librerie – e non è raro vedere gente che legge per strada, come se fosse cosa normale. Ma un turista, un viaggiatore, non può fare a meno di visitare il palazzo di Ceauşescu, «pazzia e megalomania» del dittatore deposto, per la cui realizzazione non esitò a radere al suolo un quinto del centro storico di Bucarest.
«Un viaggio non è mai solo un luogo, è una sorta di autobiografia che del luogo si serve», afferma l’autore che ci conduce in un ampio percorso contaminato dalle sue reminescenze storiche e letterarie, attraverso un territorio diventato Stato solo nel 1861, come l’Italia ancora senza Roma, una delle tante analogie che ci legano, insieme all’essere stati dalla parte di Hitler nel secondo conflitto mondiale.
E arriviamo al fascino che la Transilvania, «terra di leggende e visioni», esercita sull’immaginario di molti e al suo legame con il Conte Dracula, ma Ciampi la ricorda piuttosto come una terra abitata dai Sassoni che l’hanno disboscata e costruita per secoli, fino a diventare profughi per la follia di Hitler.
Transilvania significa “Oltre la foresta”. Ultra silvam, recita, in latino, il primo documento che la nomina, rinvenuto attorno all’Anno Mille.
L’autore dubita che le leggende abbiano fatto bene alla Transilvania, così come il libro di Jules Verne, Il castello dei Carpazi, che anticipa quello di Bram Stoker, Dracula. Con un artificio dell’immaginazione il romanzo di Stoker, rende inevitabile e incombente la memoria del terribile Principe Vlad, l’Impalatore, alla cui figura si sovrappone quella di Dracula. La Transilvania non si può ridurre unicamente a quel personaggio, poiché le atmosfere gotiche mal si accompagnano a certe cittadine che potrebbero, per estetica e architetture, assomigliare molto a quelle, deliziose, bavaresi.
Giova ricordare, a fronte dei nostri numerosi pregiudizi nei confronti dei romeni, che tanti nostri connazionali sono arrivati in Romania per lavorare tra fine Ottocento e inizio Novecento: scalpellini da Pordenone, contadini dal Polesine, muratori e intagliatori da Trento, e poi ancora molti tagliaboschi ingaggiati per costruire la rete ferroviaria. E tutti assai prima dell’altra nostra più recente ondata migratoria, quella di impresari in cerca di manodopera a basso costo per far prosperare le loro aziende.
Fu un italiano, per esempio, tale Luigi Cazzavillan, giornalista e garibaldino che da Arzignano, provincia di Vicenza, si spinse in Romania e fondò Universul, il primo quotidiano romeno, attorno al 1876.
Non ci sono solo castelli e foreste e, se non si viene qui per business, oppure per Dracula, appunto, si possono visitare antiche chiese affrescate e monasteri. L’ortodossia romena, basata su una lingua neolatina, è autonoma, ricorda Ciampi, a differenza dei cattolici che guardano unicamente al Pontefice, e l’85% dei romeni se ne sente intimamente parte.
Attraverso villaggi minuscoli e campi falciati che emanano un intenso e dimenticato odore di fieno, con l’opportunità di incontrare ancora qualche carro trainato da cavalli, il viaggio di Ciampi si conclude alla foce del grande fiume nel Mar Nero e scrive:
«Eccolo, il Danubio, che non è blu come nei valzer di Strauss, così come del resto il mio Arno non possiede l’argento delle canzoni. Tantomeno è biondo, come pretenderebbero gli ungheresi. Semmai tende a un verde grigio decisamente poco invitante. Ormai è stanco, rassegnato, pronto a svanire nel mare […] Eccolo, il delta, esiste davvero».
Il delta e le sue storie, i villaggi di capanne sparpagliati per migliaia di chilometri. Tra questi, Mila 23, con i suoi ventiquattro atleti effigiati da medaglie, tutte conquistate con l’apprendistato di una vita fatta di barche e muscoli per remare. «Questo è il Paese di Dracula?» non può fare a meno di chiedersi l’autore.
(C) RIPRODUZIONE RISERVATA