Dalla strage della Piazza della Loggia fino alle bombe di via Palestro a Milano. Al Festival del Giornalismo di Verona il pomeriggio di sabato 15 marzo è stato anche l’occasione per raccontare gli anni di piombo, con uno spazio di riflessione dedicato al ritorno della violenza negli anni ’90 e le mancanze di assunzioni di responsabilità da parte di una parte del mondo politico.

Ospiti del talk dedicato sono stati i giornalisti Maurizio Dianese e Paolo Biondani, autori rispettivamente di “La tigre e i gelidi mostri” e “La ragazza di Gladio”, i loro ultimi libri che raccontano questo periodo buio della storia recente italiana.

Punto di partenza, anche per i soggetti dei libri di Dianese e Biondani, è la strage di Piazza della Loggia, avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974. Biondani perché stato un evento pivotale nella storia degli anni di piombo. «È molto importante perché una manifestazione antifascista viene colpita con una bomba che fa una carneficina. Dal punto di vista storico e giudiziario è stata la prima strage rivendicata dai neofascisti, firmati col nome di Ordine Nero, cioè Ordine Nuovo». 

L’evento ha anche dei risvolti giornalistici. «Nel 2015 è arrivata una condanna, con sentenza definitiva nel 2017, a due persone. È come se fosse scritta in cima alla montagna la cui base sono tutte le prove raccolte in 41 anni» commenta Biondani. Dianese pone l’accento su come si arriva a raccontare la verità: «Bisogna stare a battere e ribattere, questo è quello che ho imparato stando su questi fatti. Ai colleghi più giovani dico “ripetere le strade”. Marco Nozza diceva “Devi andare lì e consumare le scarpe”». 

Paolo Biondani e Maurizio Dianese al Festival del giornalismo di Verona hanno parlato degli Anni di piombo. Foto di Filippo Baldi.

Una verità che non solo deve essere ricercata attraverso il lavoro ma raccontata correttamente una volta conclusi i processi. Biondani infatti, parlando del metodo utilizzato nella stesura del suo libro, dice: «Ho letto tutte le sentenze di queste stragi, cercando di raccontare le verità innegabili e giudiziarie, fino alla Cassazione».

La strategia della tensione

Biondani continua ricordando come “la strategia della tensione” – «termine attribuito ad un giornalista inglese (Neal Ascherson, nda), a cui l’avevano detta però due giornalisti de L’Espresso (Antonio Gambino e Claudio Risé, nda) – commenta il giornalista – sia stato una risposta dell’estrema destra all’avanzata verso sinistra della società civile italiana figlia del 1968 e mirata a spaventare l’elettorato di centro.

Elemento centrale in questa dinamica secondo Dianese è la strage di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969, che aggiunge: «È stato un momento storico fondamentale per la nostra democrazia. Perché iniziano e perché finiscono? Queste sono le domande fondamentali che dobbiamo porci. L’errore è prendere tutto per pezzettini, pensando che siano fatti tra loro slegati».

Strage di Peteano, apoteosi del depistaggio

Altri due fatti storici caratterizzano il periodo. Il primo è il Golpe Borghese nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, fallito secondo Dianese perché gli americani alla fine non volevano che si concretizzasse: «Di fatto il colpo di Stato era avvenuto con l’occupazione del Ministero dell’Interni. Le spiegazioni alla fine sono ferocemente banali. Per quanto sembri assurdo pensare che il presidente degli Stati Uniti prenda il telefono e dica “Fermi tutti” è così. Era un colpo di Stato vero, siamo stati per anni sul filo del rasoio e siamo rimasti in bilico per fortuna».

Il secondo è la strage di Peteano del 31 maggio 1972, definito da Dianese «l’apoteosi del depistaggio», in cui terroristi neofascisti uccisero tre Carabinieri – Antonio Ferraro, Donato Poveromo e Franco Dongiovanni – e ne ferirono altri due, Angelo Tagliari e Giuseppe Zazzaro. Biondani spiega l’importanza di questa vicenda: «Com’è possibile che i carabinieri depistano un’indagine per un attentato dove muoiono tre commilitoni? Perché questa indagine ha portato alla scoperta di Gladio».

Strage di Bologna, un conto ancora aperto con la storia

La “strategia della tensione” arriva al suo picco massimo il 2 agosto 1980 con la strage di Bologna, un altro attentato le cui indagini vengono rallentate e depistate da modifiche nelle trascrizioni delle intercettazioni e prove fatte sparire da un pezzo di Stato come raccontano i due ospiti.

In particolare Dianese sottolinea, parlando direttamente ai giornalisti presenti: «Le fonti sono tutte buone ma vanno comunque controllate. Il carabiniere o il poliziotto che fa l’indagine va bene ma vai a controllare. Mai prendere per buone le carte della Procura. Abbiamo preso tante di quelle cantonate nella storia noi giornalisti che bisogna stare attenti».

La riflessione finale dell’incontro è su come gli anni di piombo abbiano lasciato pesanti strascichi nel paese tutt’oggi dato che, secondo Biondani, «al governo c’è un partito che ha questo scheletro nell’armadio e dovrebbe avere il coraggio di dirlo». Secondo il giornalista solo riconoscendo questi errori «si diventa liberi e non si è più ricattabili». Dianese conclude in maniera più netta affermando invece che questi partiti non faranno mai i conti con questa parte di storia.