Uno sguardo intenso e senza tempo sulla resilienza femminile: con Women Don’t War, Maurizio Marcato trasforma la fotografia in un potente strumento di denuncia e memoria. La sua raccolta di scatti – realizzata nel 2006 ma di un’attualità disarmante – racconta la fuga dalla violenza, dall’odio e dalla povertà, celebrando il coraggio di chi sceglie di ricostruire la propria vita.

Attraverso immagini di struggente bellezza, Marcato rende omaggio alla forza interiore delle donne, che emerge come un messaggio universale di pace e autodeterminazione. Un tributo visivo che invita alla riflessione e all’azione, inserito nel programma dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne 2025, promosso dall’Assessorato alla Parità di Genere del Comune di Verona. Ne parliamo con il celebre fotografo.

Marcato, Women Don’t War è un titolo forte e diretto. Qual è il messaggio principale che vuole trasmettere con questa mostra?

«La guerra è la gloria degli stupidi, una prerogativa maschile vergognosa. Le donne, con la loro essenza profonda e innata, sono portatrici di pace e custodi di legami vitali, intrecciati nella loro stessa natura.»

Una delle foto in mostra alla Feltrinelli fino al 31 marzo

Qual è stato il processo creativo dietro questi scatti? Come ha scelto le donne protagoniste e in che modo ha cercato di raccontare il loro potere?

«Ho cercato di far emergere l’animo di questi personaggi veri, nell’incanto e nella semplicità di come mi si sono presentate, appena arrivate, ancora un po’ spaurite nella loro diversità, nella forza d’animo, visibili appena attraverso i loro preziosi o semplici vestiti, ma molto più riflessa nei loro sguardi potenti. Desideravo catturare e trasmettere ciò che davvero incarnava il nucleo più autentico del loro essere. Non intendevo focalizzarmi sulle sfide che hanno affrontato, bensì sul cuore della loro essenza. Sono regine, creature straordinarie, donne di una bellezza unica e luminosa.»

Nel mondo della fotografia, l’immagine ha un impatto immediato e spesso più potente delle parole. Quali emozioni o riflessioni spera che il pubblico porti con sé dopo aver visto la sua mostra?

«Mi auguro che le persone possano riuscire a guardare con attenzione e con empatia coloro che, senza dubbio, sono meno fortunate di loro. Vorrei che fossero in grado di percepire e apprezzare la straordinaria forza interiore, l’impegno e la determinazione che queste persone mettono in campo ogni giorno per affrontare le sfide e superare le difficoltà che la vita pone sul loro cammino.»

Viviamo tempi complicati…

«Scatena davvero rabbia in me vedere quanta ignoranza ci sia ancora oggi, in troppa gente convinta che lo straniero, solo perché diverso per pelle o cultura, sia un pericolo. È un pregiudizio radicato, alimentato dalla superficialità di chi vive in spazi sterili, fatti di parole vuote e giudizi affrettati. Eppure, di fronte a tutto questo, esiste un grande discrimine: le Donne. Nella storia, le donne sono sempre state portatrici di pace, vita e speranza. Anche nelle situazioni più estreme, hanno accolto e protetto chiunque ne avesse bisogno. Hanno sempre contrastato la follia della violenza, una prerogativa selvaggiamente maschile, che le ha rese vittime di guerre pubbliche e private, senza mai avere difesa.»

Il ruolo delle donne da una parte risulta sempre più centrale, ma allo steso tempo è ancora oggetto di battaglie sociali e culturali. Qual è, secondo lei, il contributo che l’arte e la fotografia possono dare in questo senso?

«Condividere storie autentiche, raccontare la realtà nella sua essenza più pura, lontana dalle immagini artificiali della moda e dai selfie costruiti. Esplorare e mettere in luce ciò che è genuino, ciò che appartiene alla verità. In ciascuno di noi si cela un’anima straordinaria, una vita irripetibile, ricca di significati e di bellezza.»

Alcuni volti sono stati nascosti per proteggerle da fatwā e minacce

«Ma i loro occhi parlano. Sono lo specchio del loro animo, della loro incessante voglia di vivere e di generare un futuro migliore, nonostante tutto. Ho cercato di guardarli dritti quegli occhi, per far emergere tutta la loro nobiltà e il loro magnifico splendore. Queste donne mi hanno insegnato che possono essere molto di più. Hanno dentro di sé una luce incredibile, che deve essere riconosciuta, rispettata e celebrata.»

Ha in mente di portare Women Don’t War anche in altri contesti o di farla evolvere in un progetto più ampio?

«Sì, mi piacerebbe ora poter raccontare l’affascinante percorso di trasformazione di queste donne, approfondendo chi sono diventate nel corso del tempo, come hanno saputo integrarsi con successo nella società moderna e quale posizione significativa occupano oggi all’interno delle dinamiche sociali e culturali.»

Maurizio Marcato

Ha collaborato alla realizzazione dell’intervista Silvia Franceschini.

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