Il gender gap (divario di genere) nel mondo del lavoro è una realtà concreta e ancora lontana dall’essere superata. Su questo tema, l’associazione culturale Percorsi Coerenti ha organizzato lo scorso 3 marzo un convegno intitolato Il potere del riconoscimento per abbattere il costo del gender gap, che si è svolto nella Sala della Loggia del Consiglio a Verona, definito come “La casa dei Comuni” dal Presidente della Provincia di Verona, Flavio Massimo Pasini. Nel suo intervento introduttivo, Pasini ha posto l’accento sui dati poco incoraggianti riportati dal rendiconto INPS 2024, secondo cui l’occupazione femminile si attesta al 52%, a fronte del 70% di quella maschile. Ciò evidenzia una perdita di talento e competenze che influisce inevitabilmente sulla produttività complessiva.

Il convegno, inserito nel programma del Comune per l’8 marzo, con il patrocinio della Provincia e della Regione Veneto, ha visto intervenire per i saluti anche Sara Moretto (consigliera della Commissione provinciale per le Pari Opportunità) e Beatrice Verzé (consigliera delegata alle Pari Opportunità del Comune di Verona).

«Il titolo del nostro programma Il potere delle donne rappresenta un’urgente e necessaria affermazione» ha dichiarato Verzé. «Non è il momento di celebrare, ma di riconoscere che la politica ha il dovere di offrire alle donne l’opportunità di esercitare pienamente il loro potere» ha proseguito, sottolineando il ruolo fondamentale delle associazioni locali, che contribuiscono a rendere «questa città più accogliente e attenta alle esigenze delle donne».

Quali sono gli effetti del gender gap e in cosa consiste “il potere del riconoscimento”? Daniela Ballarini, presidente di Percorsi Coerenti e moderatrice dell’incontro, ha posto questa domanda a Mapi Danna, scrittrice e formatrice. Danna, forte della sua esperienza maturata collaborando con aziende, associazioni, famiglie e coppie, ha individuato un elemento chiave che accomuna tutte le relazioni efficaci e generative: «È la capacità di riconoscersi reciprocamente, un’abilità che trasforma i campi di battaglia in terreni fertili e quei muri che imprigionano le relazioni, sia affettive che professionali, in ampi orizzonti aperti».

Il divario di genere non si manifesta solo nelle aziende, ma anche nelle mura domestiche, evidenzia la relatrice. Le donne, infatti, sono cresciute con l’idea di dover soddisfare aspettative specifiche. Tuttavia, sono numerose e capaci, e devono liberarsi dal senso di colpa che spesso le accompagna sia nella sfera lavorativa che in quella familiare.

«Sostituiamo il senso di colpa con il senso di responsabilità, trasmettendo ai nostri figli il messaggio che un amore sano conosce i suoi confini».

Azzurra Rinaldi (economista presso l’Università La Sapienza) e autrice del libro Le signore non parlano di soldi (Fabbri, 2023), ha sottolineato come, per motivi culturali, le donne tendano a evitare il tema del denaro, spesso considerato inappropriato o volgare. Tuttavia, il denaro rappresenta il fulcro del sistema capitalistico e, se le donne non reclamano una giusta retribuzione, rischiano di rimanere ai margini della società, con una posizione più fragile e svantaggiata.

«Il 42% delle donne nel nostro Paese non possiede nemmeno un conto corrente personale» ha sottolineato Rinaldi. «Questa fragilità economica si riflette inevitabilmente anche nelle relazioni». Il divario di genere rimane significativo, come evidenziato dal Global Gender Gap Report 2024 del World Economic Forum. L’Italia si colloca all’87° posto su 146 Paesi, mentre tra i primi dieci, guidati dall’Islanda, figurano ben sei nazioni europee.

«La narrazione assolutoria, che esclude la parità, rivela l’assenza di una cultura adeguata sull’argomento, nonostante l’esistenza di un quadro normativo» ha concluso Rinaldi.

Sul tema della normativa del lavoro è intervenuto Marco Peruzzi (professore presso l’Università di Verona), sottolineando come «il valore riconosciuto al lavoro, anche nell’ambito della contrattazione collettiva, si basi spesso su stereotipi che attribuiscono maggiore importanza a caratteristiche, competenze e sforzi tipici di occupazioni prevalentemente maschili».

La direttiva EU 970/2023, in fase di implementazione, rappresenterà un passo decisivo per promuovere una maggiore trasparenza nelle retribuzioni. Grazie alla collaborazione con le parti sociali, sarà possibile affrontare e correggere le disparità salariali di genere superiori al 5%.

 «Attualmente anche la certificazione di parità non rappresenta una garanzia» ha continuato Peruzzi «perchè così come è concepita può essere data ad aziende con gender gap o addirittura di molestie sul luogo di lavoro. Solo la valutazione congiunta delle retribuzioni con il sindacato può eliminare la funzione discriminatoria».

Foto di Percorsi Coerenti

Donata Gottardi (professoressa emerita dell’Università di Verona) ha evidenziato l’evoluzione del principio di parità salariale, inizialmente sancito nel Trattato di Roma del 1957 e successivamente formalizzato nel 1960 con l’accordo interconfederale, che abolì le tabelle salariali a doppia entrata per uomini e donne nei contratti collettivi.

«Un percorso legislativo molto lungo ci mostra, ancora oggi, come nelle fasce inferiori dell’inquadramento professionale la disparità sia minore, mentre aumenta man mano che si sale verso i livelli più alti di competenza» ha sottolineato Gottardi, aggiungendo: «Esiste dunque un profondo divario culturale che uomini e donne devono affrontare insieme per superare questa problematica».

Successivamente, Ballarini ha posto una domanda mirata alla consigliera di parità, Paola Poli, approfondendo il suo ruolo e le principali difficoltà che affronta nel suo operato.

La Consigliera di Parità, istituita dalla legge 125/91, è una figura fondamentale, ma ancora poco conosciuta. Si tratta di un pubblico ufficiale nominato dal Ministero del Lavoro su indicazione della Provincia, il cui ruolo rimane spesso sottovalutato nonostante la sua rilevanza. Le sue principali funzioni, volte a promuovere la parità di genere e prevenire le discriminazioni, meritano maggiore attenzione e comprensione. «Mi occupo volontariamente di questioni legate alle discriminazioni di genere, lavorando in modo indipendente per favorire la conciliazione tra le parti coinvolte. L’obiettivo è sempre quello di trovare soluzioni che prevengano azioni più drastiche, come il licenziamento. Inoltre, in caso di segnalazioni fondate di molestie, si può arrivare anche alla revoca della certificazione di parità.»

Silvana Finetto, responsabile dei progetti per la Terza Età della Provincia di Verona e della Regione Veneto, ha parlato di “accudimento” e del “prendersi cura h24”. Dal suo ufficio di Bussolengo gestisce circa trecento pratiche al mese, tra richieste di assistenza domiciliare, accesso alle RSA e servizi nei Centri diurni. «Va detto che il 98% dei caregiver sono donne che portano sulle spalle il peso di un lavoro e la cura del genitore con patologie o di un figlio fragile» ha specificato Finetto «Il problema impatta fortemente sulla vita di queste donne, costrette a ridurre l’orario di lavoro o talvolta anche a licenziarsi per provvedere alla cura, con un conseguente impoverimento della famiglia».

Foto da Unsplash di Sandy Millar

Un supporto concreto in questa direzione viene offerto dalla Regione Veneto, che per il 2025 ha stanziato fondi dedicati all’assistenza sociale delle persone più vulnerabili. Tali risorse, erogate sotto forma di “contributi per le cure domiciliari”, possono essere richieste tramite l’assistente territoriale incaricato della raccolta della documentazione necessaria. Inoltre, per determinate patologie, come la sclerosi multipla, il contributo è esteso anche ai caregiver.

Silvia Fiorio, Presidente della Commissione Parità tra Uomo e Donna della Provincia di Verona, ha spostato il dibattito su un piano politico, illustrando le iniziative messe in campo dalla Commissione: sensibilizzare l’opinione pubblica, garantire diritti, riconoscere il valore delle donne e promuoverne il ruolo nella società. Queste azioni trovano particolare risonanza in due date simboliche: l’8 marzo e il 25 novembre, ciascuna con significati distinti ma complementari. «Ci rivolgiamo ai 98 comuni della provincia: al momento, solo sei o sette hanno istituito una propria Commissione di Parità, ma in almeno la metà siamo riusciti a favorire una maggiore consapevolezza sul tema. Inoltre, in tutti i Consigli comunali è prevista almeno una figura delegata alle pari opportunità».

Con un velo di amarezza, ma con determinazione, Fiorio ha dichiarato: «Di noi donne ci si ricorda solo in prossimità delle elezioni, per rispettare le quote rosa. Tuttavia, queste dovrebbero servire a noi, non agli uomini, per conquistare il posto che ci spetta nella società. È quindi fondamentale promuovere una formazione diffusa sulle pari opportunità, ed è su questo che si concentra il nostro impegno».

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