Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, il panorama internazionale ha subito un’improvvisa accelerazione. Fin dai primi giorni del suo mandato, il presidente degli Stati Uniti ha iniziato a trasformare in azione le promesse fatte durante la campagna elettorale. Le sue dichiarazioni, spesso provocatorie e dirompenti, scuotono l’Europa, che osserva con crescente preoccupazione le mosse di un leader imprevedibile, capace di mettere in discussione strutture e istituzioni finora considerate immutabili.

Uno dei principali timori in Europa riguarda il sistema di sicurezza, tradizionalmente legato alla presenza degli Stati Uniti. L’attuale amministrazione americana sta inviando segnali chiari: l’Europa dovrà assumersi maggiori responsabilità per la propria stabilità e difesa. Trump ha dichiarato esplicitamente che Kiev dovrà “dimenticare” l’adesione alla NATO, aggiungendo: “Deve essere l’Europa a garantire la sicurezza dell’Ucraina”. In questo contesto, una delle promesse più ambiziose di Trump riguarda direttamente l’Europa: mettere fine al conflitto in Ucraina.

Trump è l’unica speranza per la Russia?

Da mesi il Cremlino attendeva la vittoria di Trump con una combinazione di ottimismo e prudenza. Da una parte, l’ex presidente americano era considerato un potenziale interlocutore favorevole; dall’altra, il suo primo mandato non aveva determinato miglioramenti rilevanti nei rapporti bilaterali: durante la sua amministrazione, gli Stati Uniti avevano imposto sanzioni alla Russia e fornito i primi missili Javelin all’Ucraina.

Vladimir Putin

Gli incontri tra i due leader in passato hanno suscitato un’enorme attenzione mediatica, come al G20 di Amburgo nel 2017 e al vertice di Helsinki nel 2018. Quest’ultimo, in particolare, fu considerato un successo per Putin, poiché Trump venne criticato in patria per il suo atteggiamento compiacente verso il leader russo. Tuttavia, l’incontro successivo a Osaka nel 2019 non portò a risultati significativi.

L’élite russa, stanca di una guerra che si protrae da tre anni, sembra aver riposto tutte le sue speranze in Trump, considerandolo l’unico in grado di portare a una svolta. Per mesi ha atteso con ansia le elezioni del 5 novembre 2024 e, successivamente, il 20 gennaio 2025, data dell’insediamento ufficiale del nuovo presidente.

Scambi di cortesie tra Trump e Putin

Prima ancora del suo insediamento, Trump aveva manifestato simpatia per la posizione della Russia riguardo all’Ucraina e alla sua adesione alla NATO. Putin, dal canto suo, non ha esitato a rispondere, affermando che, se Trump avesse vinto nel 2020, la crisi ucraina probabilmente non sarebbe mai scoppiata.

Putin ha anche riconosciuto che il primo mandato di Trump non fu esente da sanzioni pesanti nei confronti della Russia, ma ha sottolineato di aver sempre mantenuto con lui rapporti basati sulla fiducia e il pragmatismo. Il Cremlino ha fatto di tutto per favorire una relazione diretta con il nuovo presidente americano, tanto che pochi giorni dopo il suo insediamento ha rilasciato anticipatamente un cittadino statunitense incarcerato in Russia. Un gesto simbolico che Trump ha prontamente celebrato come un suo primo successo diplomatico.

La telefonata tanto attesa

Alla vigilia di San Valentino, Trump e Putin hanno avuto una conversazione telefonica della durata di un’ora e mezza. Il fatto che il presidente degli Stati Uniti abbia dedicato così tanto tempo a dialogare con Putin è stato interpretato come un successo per il Cremlino. L’isolamento internazionale di Mosca appare ormai un’idea superata.

I temi affrontati durante la telefonata hanno spaziato dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’energia all’intelligenza artificiale. Sebbene i dettagli rimangano al momento ancora poco chiari, il tono del dialogo lascia intendere un implicito riconoscimento del leader russo come figura centrale nello scenario globale. Nella versione di Trump, Putin viene descritto quasi come un mediatore, distaccato dalla guerra in Ucraina, piuttosto che come il responsabile dell’invasione.

Successivamente, Trump ha addirittura affermato che sarebbe favorevole alla reintegrazione della Russia nel G7, sostenendo che l’espulsione di Mosca nel 2014 fosse stata un errore. Un’asserzione che ha suscitato clamore nella comunità internazionale.

Ma il vero colpo di scena è arrivato con le sue dichiarazioni su Zelensky. Trump ha criticato aspramente il presidente ucraino, arrivando a suggerire che la responsabilità del conflitto sia da attribuire a lui. Un’affermazione che richiama chiaramente la narrativa russa. Poco dopo, alcune fonti hanno rivelato che Washington avrebbe richiesto di eliminare l’espressione “aggressione russa” da un comunicato del G7.

Forse, dietro queste parole lusinghiere, si nasconde una strategia più sottile: Trump potrebbe mirare a “ammorbidire” Putin per convincerlo a sedersi al tavolo delle trattative, iniziando con le adulazioni per poi indurlo a fare concessioni concrete. D’altronde, il nuovo presidente americano ha già mostrato in passato una tendenza a fare dichiarazioni clamorose senza necessariamente tradurle in azioni concrete.

Donald Trump durante la campagna elettorale a Glendale, Arizona, Gage Skidmore from Surprise, AZ, United States of America, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

Reazioni in Russia: entusiasmo e diffidenza

L’improvviso riavvicinamento tra Mosca e Washington ha colto di sorpresa le élite e i media russi. La propaganda del Cremlino, da anni impegnata a rappresentare l’America come il nemico principale, si trova ora costretta a modificare la propria narrativa in tempi rapidissimi. Le reazioni variano tra il sollievo per una potenziale fine dell’isolamento economico e il sospetto di una strategia americana più subdola.

Se da una parte la popolazione aspira al ritorno di Visa, MasterCard, voli diretti e marchi occidentali, dall’altra alcuni esponenti dell’apparato russo osservano con diffidenza una possibile apertura verso Washington. La domanda che circola nel Cremlino è: Trump è davvero il salvatore della Russia o un astuto negoziatore intenzionato a trarre vantaggi a scapito di Mosca?

Il patto tra Trump e Putin: realtà o illusione?

D’altronde chi avrebbe mai immaginato, fino a poco tempo fa, che gli Stati Uniti potessero allinearsi alle posizioni di un leader autoritario come Putin? Le recenti dichiarazioni di Donald Trump sul conflitto in Ucraina, il suo approccio alla risoluzione della guerra e le critiche rivolte a Zelensky hanno provocato stupore non solo in Europa, ma anche tra i settori più moderati dell’establishment russo. Secondo fonti diplomatiche, queste affermazioni stanno creando tensioni persino all’interno della cerchia del Cremlino.

La reazione della propaganda russa

Per i propagandisti del Cremlino, dai blogger nazionalisti ai vertici dei canali televisivi statali, la situazione si è complicata. Fino a questo momento, la narrazione ufficiale era chiara: la guerra era stata orchestrata da Washington, l’Unione Europea era considerata una marionetta degli americani e aveva interrotto i rapporti con Mosca sotto la pressione statunitense. Ora, però, gli Stati Uniti sembrano voler avviare un dialogo con la Russia e organizzare un incontro ad alto livello.

Le affermazioni di Trump risultano pienamente allineate con la retorica del Cremlino: riprendono i principi di Putin sull’illegittimità di Zelensky e sulla responsabilità dell’Ucraina nella devastazione del proprio paese. I media russi sotto il controllo di Putin ricevono regolarmente direttive su come rappresentare gli eventi politici, e, secondo alcune fonti, il Cremlino avrebbe imposto di evitare critiche a Trump e agli Stati Uniti. Di conseguenza, la propaganda si è adeguata.

“Trump ha distrutto i miti occidentali sulla Russia”
“Peskov: Trump e Putin sono leader unici”
Putin sarebbe felice di incontrare Trump”
“Le truppe americane lasciano l’Europa: Washington si allontana dall’UE”
“Zelensky compete con Trump: ridicolo e assurdo”
“ La Russia Insieme  agli USA”

alcuni dei titoli usciti sui principali quotidiani russi

Il noto propagandista Vladimir Solovyov, proprietario di una lussuosa villa sul Lago di Como, ha recentemente dichiarato nel suo programma serale: “Entreremo in Europa insieme alle truppe statunitensi e la divideremo all’inferno!”

Questa narrativa ha inevitabilmente influenzato l’opinione pubblica russa. Molti cittadini comuni attendono la fine della guerra e dell’isolamento della Russia. Ma questa euforia è giustificata?

© RIPRODUZIONE RISERVATA