Negli ultimi anni, molte città italiane hanno scelto di restituire spazio ai pedoni, riducendo il traffico veicolare nei loro centri storici e promuovendo una mobilità più sostenibile. Cagliari è solo l’ultimo esempio di questa tendenza, con un progetto ambizioso che ha trasformato il lungomare di Via Roma in una grande passeggiata verde, completamente pedonalizzata e pensata per migliorare la vivibilità dell’area.

L’obiettivo è stato quello di ricucire il rapporto tra la città e il mare, creando un ambiente più accogliente per cittadini e turisti, lontano dal caos delle auto. Un’operazione che ha incontrato il favore di molti, segnando un cambiamento significativo nella percezione degli spazi pubblici.

L’Italia delle città pedonali

Bologna – Foto da Unsplash di Maria Bobrova

Non è solo Cagliari a percorrere questa strada. In tutta Italia, numerose città capoluogo hanno seguito la stessa direzione, spesso con ottimi risultati. A Bologna, ad esempio, l’ampliamento delle zone pedonali nel centro storico ha trasformato il modo in cui i cittadini vivono le strade della città, favorendo il commercio locale e una maggiore fruizione degli spazi pubblici. Chi ha visitato di recente Bologna lo sa bene.

Firenze, da tempo impegnata in un’opera di riduzione del traffico nel cuore della città, ha reso ancora più restrittive le regole per l’accesso delle auto, mentre a Milano la pedonalizzazione di aree come Piazza del Duomo e Corso Vittorio Emanuele II ha favorito la crescita del turismo e delle attività commerciali. Anche Torino, con la sua lunghissima Via Garibaldi chiusa al traffico, e Palermo, che ha trasformato Via Maqueda in un viale riservato ai pedoni, hanno visto i loro centri storici rinascere grazie a politiche di questo tipo.

Non solo le grandi città

Accendendo un faro, invece, sui centri urbani di dimensioni più piccole, Bergamo ha progressivamente ampliato le aree interdette al traffico, soprattutto nella Città Alta, migliorando la qualità dell’aria e favorendo il turismo. Ferrara, da sempre considerata una delle città più ciclabili d’Italia, ha rafforzato le misure di pedonalizzazione nel cuore del centro storico, rendendolo ancora più accessibile ai pedoni e ai ciclisti. Anche Lucca ha consolidato il suo modello di centro storico senza auto, preservando le sue mura rinascimentali e incentivando una mobilità dolce.

Arezzo, Treviso e Ravenna hanno seguito una strada simile, ampliando le zone pedonali per migliorare la vivibilità urbana e valorizzare il proprio patrimonio storico e artistico. Lecce ha reso quasi interamente pedonale il suo centro storico, esaltando le sue architetture barocche e creando un ambiente più accogliente per residenti e turisti. Siena, con il suo tessuto urbano medievale, ha rafforzato le misure di pedonalizzazione per proteggere il suo centro e favorire eventi culturali e turistici. Perugia ha ampliato le aree pedonali, migliorando la qualità della vita dei residenti e la fruizione delle attrazioni storiche, mentre Trento ha adottato politiche simili per promuovere una mobilità più sostenibile.

Trento – Foto da Unsplash di Joshua Kettle

Un esempio significativo è Siracusa, che ha completamente pedonalizzato l’isola di Ortigia, il cuore storico della città, preservandone il patrimonio architettonico e archeologico e trasformandola in un punto di riferimento per il turismo culturale. Anche Pisa ha esteso le sue aree pedonali, riducendo il traffico nei pressi dei principali monumenti, mentre Vicenza ha adottato misure per valorizzare il suo centro storico dominato dalle opere di Palladio.

Quali benefici?

I vantaggi della pedonalizzazione sono ormai ampiamente documentati. I nostri centri storici si sono sviluppati quasi tutti in epoca medievale, quando di certo non esistevano le auto. La pavimentazione, la dimensione delle stesse strade, la fragilità del contesto non sono certo adatti al passaggio di auto. Un centro storico senza auto è un centro storico più piacevole da frequentare, da vivere, da visitare. Gli esempi, peraltro, della stessa piazza Bra, di via Roma o di via Stella, peraltro, sono lì a testimoniarlo tutt’ora: un tempo strade di passaggio di auto e mezzi pubblici, oggi strade fiorenti dal punto di vista commerciale e non solo. I dati mostrano che, a distanza di qualche anno dalla pedonalizzazione, i negozi situati nelle aree chiuse al traffico vedono aumentare il loro fatturato fino al 20%, grazie a un maggior afflusso di pedoni e a una vivibilità più alta delle strade.

Foto da Unsplash di Jan Antonin Kolar

A tutto questo si aggiungono altri elementi di riflessione. Uno dei più evidenti è l’inevitabile miglioramento della qualità dell’aria: meno auto significano meno emissioni inquinanti, e le città che hanno adottato queste misure hanno registrato una riduzione significativa dei livelli di CO₂ e polveri sottili, annoso problema di Verona. Certo, per ridurre le auto occorre trovare mezzi alternativi e su questo bisogna di sicuro lavorare ancora molto a Verona. La scelta del filobus è ormai stata intrapresa e non si può più tornare indietro. La speranza è che quel mezzo, quando sarà pronto, sia in grado di risolvere la questione “traffico” a Verona.

Il caso Verona: proteste e prospettive

Eppure, non sempre il cambiamento viene accolto con entusiasmo. A Verona, dove il centro storico è stato chiuso al traffico non residente a partire dalla fine di ottobre 2024, le proteste dei commercianti non si sono fatte attendere. L’ultima, davanti a Palazzo Barbieri, soltanto pochi giorni fa. Molti sostengono di aver visto calare i propri introiti e attribuiscono la responsabilità alla ridotta accessibilità per i clienti abituali. Una reazione che, seppur comprensibile, va contestualizzata. Esperienze simili in altre città dimostrano che i vantaggi della pedonalizzazione non sono, effettivamente, immediati, ma richiedono tempo per manifestarsi pienamente.

Affinché un progetto di questo tipo funzioni, è però fondamentale accompagnarlo con misure di supporto adeguate: un trasporto pubblico efficiente, parcheggi di interscambio ben organizzati e una comunicazione efficace che informi i cittadini e i visitatori sulle nuove opportunità offerte dagli spazi pedonalizzati. Tutti aspetti su cui l’amministrazione si sta muovendo, anche se i tempi (burocratici e di realizzazione delle infrastrutture) non sempre vengono compresi e soprattutto accettati da chi protesta. Nel frattempo i rappresentanti di Vero Centro – l’associazione che raccoglie le istanze dei residenti del centro storico – assicurano che i residenti sono visibilmente soddisfatti del provvedimento, che anzi, si augurano possa diventare ancora più “stringente” in futuro.

Il centro storico di Verona visto dall’alto. Foto da Unsplash di Isaac Maffeis

Il caso di Verona potrebbe seguire lo stesso percorso già visto altrove: iniziali resistenze, qualche difficoltà nel periodo di transizione, ma un netto miglioramento della qualità della vita urbana per tutti – residenti, commercianti e turisti – nel medio-lungo termine. Se ben gestite, le pedonalizzazioni possono trasformare i centri storici in luoghi ancora più attrattivi, sostenibili e vivibili, con benefici che vanno ben oltre la semplice eliminazione del traffico.

Esperienze internazionali: il modello Parigi e altre città europee

L’Italia non è certo l’unico Paese a spingere in questa direzione. A livello internazionale, Parigi rappresenta forse l’esempio più emblematico di come una città possa trasformarsi riducendo drasticamente lo spazio dedicato alle automobili. La sindaca Anne Hidalgo ha avviato una vera e propria rivoluzione urbana, chiudendo al traffico grandi arterie come i lungosenna e trasformandole in spazi pubblici pedonali e verdi. Inoltre, il progetto “15-minute city” punta a rendere ogni quartiere autosufficiente, con servizi facilmente accessibili senza bisogno di utilizzare l’auto. Il risultato? Una città più vivibile, meno inquinata e più sicura per pedoni e ciclisti.

Anche altre città europee stanno seguendo questa strada. A Barcellona, il piano delle “superilles” (super-isolette) ha rivoluzionato il traffico urbano, creando zone pedonali all’interno dei quartieri per ridurre il passaggio delle auto e migliorare la qualità della vita. Berlino ha introdotto ampie aree a traffico limitato, mentre Amsterdam e Copenaghen sono ormai modelli globali per la mobilità sostenibile, con politiche che favoriscono spostamenti in bicicletta e a piedi piuttosto che in auto.

Queste esperienze dimostrano che le città possono cambiare volto e diventare più a misura d’uomo, senza sacrificare la vitalità economica, fondamentale per il prosperare di una città e, perché no, garantirne anche la sicurezza. Al contrario, spesso sono proprio le aree pedonalizzate a trasformarsi nei nuovi poli attrattivi per cittadini, turisti e attività commerciali. Un cambiamento che però richiede coraggio e pazienza, ma che, a lungo termine, fino ad ora si è sempre rivelata una scelta vincente. Perché le città, soprattutto le nostre, alla fine sono state create per le persone. Non per le automobili.

Parigi. Foto da Unsplash de “Il Vagabondo”

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