Anche la finale del Festival ha sostanzialmente ricalcato l’andamento dell’intera settimana. Scossoni pochi e controllati. All’alba (letteralmente) della vittoria di Olly vi tocca quindi sorbirvi lo spiegone finale.

Carrozzone Sanremo

Premessa: il Festival di Sanremo è un’astronave aliena che ogni febbraio atterra sul pianeta Italia. Un’entità che sfugge alla maggior parte delle considerazioni che, per tutto il resto dell’anno, facciamo su televisione, musica, società e denari.

Alzi le mani chi avrebbe scommesso sui numeri record raggiunti anche quest’anno. Il sottoscritto avrebbe messo le sue fiches su un salomonico zero a zero. Invece Carlo Conti potrà sempre sbatterci in faccia le statistiche di questa settimana.

Che significa tutto questo? Che Sanremo, oggi, cammina da solo. Sicuramente la direzione artistica di Amadeus ha avuto il merito di tracciare una strada, svecchiando un format che, con la lentezza delle due edizioni dirette da Baglioni, stava diventando il mausoleo di sé stesso. Ma adesso è tutto il carrozzone a “funzionare”.

Uno tra i vari segreti è certamente l’essere riusciti a trasformare il Festival in una fabbrica di contenuti social ad uso e consumo del panorama italiano di creator e delle centinaia di migliaia di aspiranti tali. Un flusso che porterà dividendi ancora per qualche anno.

Direzione artistica

Non permette ai cantanti di dire mezza parola. È noioso. Ringrazia qualcuno ogni due minuti di trasmissione. Sorride a qualsiasi battuta venga fatta sul palco. Rivogliamo Amadeus. Gliene hanno dette di ogni… Carlo Conti ha affrontato tutto senza arretrare di un millimetro. Serafico come un Moai dell’Isola di Pasqua.

D’altronde è stato scelto esattamente per questo. Anestetizzare il Festival, traghettarlo fino al prossimo conduttore limitando qualsiasi presa di posizione controversa o polemica. Compito eseguito, quindi.

Uomo Rai dalla scorza inossidabile, Carlo Conti sa perfettamente che nei corridoi di via Mazzini i numeri e l’apprezzamento social contano sempre fino a un certo punto. Poi subentra l’assenso delle stanze del potere. E non ha tradito le aspettative.

Ha portato a termine un Festival da ascolti record senza nessun tipo di rivendicazione politica o sociale. Non si è fatto scalfire nemmeno dalle “proteste” dell’Ariston nell’atto finale. Come ai bei tempi del Sanremo di una volta. Carlo Conti lo sa, si muore tutti democristiani.

Tematiche

Argomento direttamente collegato al punto precedente. A rileggersi con calma tutti i testi e i messaggi portati sul palco dell’Ariston, sembrerebbe essersi totalmente estinta la visione sociale del mondo. Se poi ci soffermiamo sulla giovane compagine maschile, i nostri ragazzotti paiono tutti affrontare I dolori del giovane Werther.

A parte le battute, sarebbe interessante analizzare in maniera più approfondita questo spostamento del focus. Le emozioni e le pulsioni ruotano tutte attorno all’esperienza individuale. Volendo restare sul primo livello di analisi, sarebbe facile collegare tutto alla volontà di non fare polemica e all’aver quindi escluso ogni canzone che uscisse dal seminato.

Il fenomeno, in realtà, è certamente molto più diffuso e stratificato per limitarlo alle sole dinamiche italiane del Festival. Prendere posizione, oggi, che tu sia un personaggio pubblico, un artista o un brand, è molto meno remunerativo di quanto lo fosse solo un paio di anni fa.

Se ieri sera Gianni Morandi avesse cantato C’era un ragazzo sarebbe sembrato un pericoloso estremista.

Classifica finale

La quantità di Noooo pronunciati dalla platea dell’Ariston all’annuncio della classifica finale rispecchia l’oggettiva impossibilità di trovare una sintesi definitiva sulle ragioni che spingono al voto il pubblico sanremese.

Vedere Achille Lauro e Giorgia fuori dalla top five, ad esempio, dovrebbe spingerci a riflettere sull’utilità delle classifiche stilate da chi può usufruire dei pre-ascolti e che li pronosticava come sicuri protagonisti dell’ultimissimo atto.

Il maggiore peso percentuale dato al televoto ha certamente inciso. Qualcuno potrebbe legittimamente sostenere che non ha vinto né la miglior canzone e nemmeno il miglior interprete. Beh, non è certo una novità. Prima di sparare a zero su Olly, quindi, ricordiamoci degli anni in cui vincevano Marco Carta, Valerio Scanu o gli Avion Travel.

Futuro

Proviamo a guardare avanti. Cosa chiama il futuro del Festival? Toccherà ad Alessandro Cattelan la prossima conduzione?

Sicuramente piazzarlo al Dopo Festival è il classico inserimento graduale che si programma per quelle figure sulle quali si fanno investimenti a lungo termine. Suppongo che la Rai lo abbia scelto come volto di punta per i prossimi X anni. Buttarlo nel tritacarne di Sanremo dopo il quinquennio di Amadeus/Fiorello, senza paracadute, sarebbe stato un azzardo che nemmeno lo stesso Cattelan avrebbe accettato.

Toccherà a lui già nel 2026? Beati voi se lo sapete.

Epilogo

Sanremo non ci metterà mai tutti d’accordo. Lo scrivo mentre sullo schermo della tv appare Marzullo in divisa da gondoliere. Onestamente, è troppo per chiunque. Meglio fermarsi qui con qualsiasi considerazione.

P.S. Non è vero, lasciamoci con l’ultima sterile polemica. Con questo sono quattro su cinque i Festival (dal 2021 ad oggi) che si chiudono con la stessa manager, Marta Donà, vincitrice. C’è sicuramente qualcosa sotto.

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Ore 02 e 35. Sono arrivato alla fine di questa maratona. Adesso possiamo tornare a dedicarci al mondo reale. Trump, Putin, Gaza e Sinner. Di materiale ce n’è. See you next year. Maybe.

Per chi volesse recuperare le puntate precedenti: prima serata – seconda serata – terza serata duetti e cover

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