Con l’insediamento ufficiale di Donald Trump alla Casa Bianca per il suo secondo mandato, il panorama politico internazionale è entrato in una fase di nuove dinamiche e tensioni. Nonostante il peso delle controversie interne che continuano a caratterizzare il trumpismo, l’attenzione del presidente si sta chiaramente orientando verso l’Europa, in un contesto globale dove la competizione con la Cina è sempre più intensa.

Come sottolinea Alessandro Tapparini, americanista veronese, «si è sprecato tempo e fiato raccontandoci che, se avesse vinto Trump, il suo intento sarebbe stato quello di lavorare a un divorzio degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e della NATO. Questa narrazione non è ancorata alla realtà.» Tapparini offre una prospettiva diversa, inquadrando la strategia statunitense non come un disimpegno ma come una riaffermazione del proprio dominio geopolitico sull’Europa.

L’Europa, terra contesa tra Stati Uniti e Cina

L’americanista Alessandro Tapparini

L’Europa, oggi, si trova in una condizione di grave debolezza, che la rende una preda ambita sia dagli Stati Uniti sia dalla Cina. «L’Europa è in una fase di difficoltà sul piano industriale e, soprattutto, tecnologico. Non produciamo più nulla di avanzato: le tecnologie dell’intelligenza artificiale e altre innovazioni sono realizzate altrove, soprattutto in America e in Cina.»

Questo quadro evidenzia una crisi sistemica che va oltre le difficoltà economiche, abbracciando anche l’arretratezza tecnologica, l’assenza di leadership politiche solide e il tradizionale nanismo militare europeo. L’Italia dal punto di vista della produzione industriale non sta vivendo da questo punto di vista il suo miglior momento «ma nemmeno Germania e Francia sono messe bene.»

In questo scenario, gli Stati Uniti sembrano determinati a consolidare la loro influenza sul continente europeo, evitando che la Cina ne approfitti per estendere il proprio dominio. Tapparini descrive questa strategia come «una sorta di colonizzazione dell’Europa, prima che ci arrivino i cinesi», sottolineando come questa competizione globale trasformi il Vecchio Continente in un terreno di conquista.

La nuova postura americana: meno diplomazia, più pressione

Una delle novità più rilevanti riguarda i metodi che Trump intende utilizzare per affermare l’egemonia americana sull’Europa. La tradizionale retorica americana improntata sulla cooperazione sembra lasciare il posto a una pressione più aggressiva e diretta, in linea con lo stile poco convenzionale che caratterizza l’approccio trumpista.

Tuttavia, per l’Europa questa situazione non deve essere vista esclusivamente come una minaccia. Secondo Tapparini, «starà a noi cercare di gestire questa situazione, cercando in ciò delle opportunità.» L’obiettivo per gli Stati europei, e in particolare per l’Italia, è quello di trasformare le pressioni in vantaggi concreti, evitando di cadere in una subordinazione totale o, peggio ancora, in uno scenario di conflitto economico o geopolitico.

Il bivio europeo: tra Stati Uniti e Cina

Il vero dilemma per l’Europa, dunque, non riguarda tanto la fedeltà alla NATO o agli Stati Uniti, quanto la capacità di navigare in un contesto globale sempre più polarizzato. La possibilità di collaborare con la Cina, concreta tentazione per alcuni Paesi europei, potrebbe apparire come una via d’uscita, ma presenta rischi altrettanto significativi.

«Questo è il grande tema per noi europei: cercare di portare a casa qualcosa a nostro vantaggio, senza farci del male o addirittura ragionando sul fatto che potrebbe essere un male minore collaborare con i cinesi», riflette Tapparini. Si tratta di una questione delicata, che richiede una strategia comune e una visione a lungo termine da parte dell’Unione Europea, al momento troppo frammentata per rispondere efficacemente a queste sfide.

Una sfida complessa

L’inizio della presidenza Trump segna un cambiamento significativo nelle relazioni transatlantiche e nel posizionamento dell’Europa sulla scacchiera globale. Mentre gli Stati Uniti cercano di riaffermare il proprio dominio, sfruttando la debolezza europea per arginare la Cina, il futuro del Vecchio continente dipenderà dalla sua capacità di risollevarsi economicamente, tecnologicamente e politicamente.

La sfida è complessa, ma come evidenziato da Tapparini, l’Europa deve trasformare le pressioni in opportunità, evitando di diventare terreno di conquista passivo e costruendo una propria autonomia strategica in un mondo sempre più competitivo e diviso.

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