L’arresto a Torino di Osama al Najim (meglio conosciuto come “generale Almasri”), uno dei più noti torturatori libici, accusato di terribili crimini contro l’umanità, dovrebbe scuotere l’opinione pubblica e, soprattutto, spingere il governo italiano a risposte chiare e trasparenti. Eppure in queste ore dal Viminale e dal Ministro degli Interni Matteo Piantedosi, che di solito non perde mai occasione per tuonare contro i migranti definiti “pericolosi”, regna un silenzio che potremmo definire, in maniera un po’ banale, assordante.

L’uomo arrestato, infatti, non è un criminale qualsiasi: è il capo della polizia giudiziaria del governo di Tripoli. Una figura che incarna perfettamente il “sistema Libia”, quell’intreccio di potere, corruzione e violenza che il Governo italiano (fin dai tempi di Renzi), da anni, finanzia senza battere ciglio, in nome della “lotta all’immigrazione irregolare”. L’Italia, infatti, versa milioni di euro a un sistema di cui questo torturatore era parte integrante, una macchina di violenza che sfrutta esseri umani, li tortura e li ingabbia nei famigerati lager libici, come peraltro ben evidenziato dal film di Matteo GarroneIo, Capitano.

È lecito dunque chiedersi perché Piantedosi tace. Perché il solitamente solerte Ministro, che non manca mai di esibire successi mediatici con foto di migranti arrestati, oggi sceglie il silenzio? Forse perché l’arresto di questo individuo mette a nudo la fragilità, se non l’ipocrisia, dell’accordo italiano con la Libia?

E Tajani? Il Ministro degli Esteri, che intrattiene da anni “ottimi rapporti” con le autorità libiche, non trova nulla da dire sul fatto che un esponente delle loro “istituzioni”, con cui l’Italia collabora, sia un criminale ricercato per crimini contro l’umanità? Nessuna parola per spiegare come un uomo così pericoloso, su cui pendeva un mandato internazionale, sia arrivato in Italia senza che nessuno si accorgesse di nulla?

Il ruolo dell’Italia

La presenza di questo torturatore in Italia apre peraltro anche scenari inquietanti. Era qui per una partita di calcio, come suggerito da più parti? O forse per incontrare qualcuno? E se sì, chi? Possibile che nessuno, tra chi è incaricato della sicurezza nazionale, abbia vigilato? Oppure si tratta di una di quelle “visite non ufficiali” che passano sotto silenzio per convenienza politica?

Il vero problema è che questo episodio non è un incidente isolato. È il risultato di anni di politiche italiane che finanziano e legittimano il sistema libico, nonostante le prove documentate di torture, abusi e connivenze con i trafficanti di esseri umani. Questo arresto è la dimostrazione plastica di come i finanziamenti italiani finiscano nelle mani di criminali.

Foto da Unsplash di Mika Baumeister

E la presidente del Consiglio? Giorgia Meloni, evidentemente troppo impegnata a Washington per celebrare il “victory party” di Donald Trump, non ha trovato tempo per spiegare agli italiani come sia possibile che il nostro governo sia coinvolto in rapporti così opachi.

Il silenzio del governo su questa vicenda è più eloquente di mille parole. Il tacere di Piantedosi, Tajani e Meloni racconta di un Governo che non vuole guardare in faccia alle proprie responsabilità. Ma gli italiani hanno diritto di sapere: per quanto tempo ancora l’Italia continuerà a chiudere gli occhi di fronte al sistema di morte che finanzia in Libia?

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