È una domanda che molti si pongono: la psicoterapia funziona davvero? La risposta non è univoca, perché il concetto di “esito positivo” varia da paziente a paziente e non è possibile definirlo attraverso un unico criterio di valutazione. Diverso sono anche le ragioni per cui una persona sceglie di rivolgersi a uno psicologo. Alcuni cercano di conoscersi meglio, altri desiderano strumenti per affrontare ansie, paure o difficoltà emotive. In molti trovano giovamento: le metanalisi confermano che i vari approcci terapeutici riconosciuti (dalla terapia cognitivo-comportamentale alla psicodinamica, dalla gestaltica alla sistemico-relazionale e tanti altri) sono efficaci in modo equivalente. Questo ci porta a chiederci: cosa rende efficace la psicoterapia?

La relazione terapeutica: il cuore del cambiamento

Ciò che accomuna tutti gli approcci terapeutici, nonostante le loro differenze, è la relazione che si instaura tra paziente e terapeuta. Questa relazione rappresenta il motore principale del cambiamento. Per molte persone, il semplice fatto di essere ascoltate in un ambiente sicuro e privo di giudizio è un’esperienza di grande valore. In alcuni casi, è la prima volta che sperimentano una relazione realmente sicura.

La costruzione di questa fiducia è tutt’altro che semplice: richiede al terapeuta una profonda consapevolezza delle proprie dinamiche personali per evitare che queste interferiscano nel processo. Il terapeuta deve essere in grado di affrontare con sensibilità le dinamiche che emergono nella relazione con il paziente, trasformandole in opportunità di crescita.

I tre fattori chiave della relazione terapeutica

Jean Knox, psichiatra e analista junghiana, ha individuato tre aspetti fondamentali che spiegano l’importanza della relazione terapeutica nel favorire il cambiamento:

  1. Richiamo stato-dipendente: Durante la terapia, si attivano modalità relazionali apprese nel passato con figure significative. Questi schemi spesso emergono nella relazione con il terapeuta, anche in modo inconsapevole. Per esempio, si potrebbe voler rassicurare il terapeuta di stare migliorando, come si cercava di fare con un genitore preoccupato. Oppure, si potrebbe temere di contraddirlo per paura di un rifiuto. Il terapeuta, pur non essendo la figura originaria, diventa il bersaglio di queste dinamiche, offrendo un contesto sicuro per analizzarle e comprenderle.
  2. Sviluppo della competenza narrativa: Un terapeuta esperto aiuta il paziente a modulare le emozioni, consentendogli di tollerare sensazioni dolorose senza esserne sopraffatto. Questo processo permette al paziente di scoprire di poter affrontare emozioni intense, interiorizzando gradualmente nuove modalità relazionali più sane.
  3. Formazione di nuove modalità relazionali: La teoria dell’attaccamento suggerisce che è possibile passare da un attaccamento insicuro a uno sicuro. La coerenza, la sensibilità e il calore del terapeuta aiutano il paziente a costruire fiducia sia nella relazione che nel proprio valore, promuovendo un cambiamento profondo e duraturo.

Le difficoltà nel comunicare con il terapeuta

Non è raro che i pazienti abbiano difficoltà a esprimere i propri sentimenti riguardo al terapeuta stesso. Possono temere di offenderlo, vergognarsi di esprimere affetto o sentirsi feriti da un suo commento senza trovare il coraggio di dirlo. Tuttavia, queste difficoltà sono parte integrante della terapia: affrontarle significa esplorare vissuti profondi, capirne il significato e utilizzarli per il cambiamento.

Non è una formula magica

La psicoterapia funziona, ma non è una formula magica. Il successo dipende in larga misura dalla relazione terapeutica, un terreno fertile in cui il paziente può esplorare, capire e trasformare i propri vissuti. È un processo che richiede impegno da entrambe le parti, ma che può portare a risultati straordinari: la costruzione di un nuovo modo di relazionarsi con sé stessi e con gli altri.

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