Martedì sera sono stati resi noti i video che mostrano dettagli significativi sull’inseguimento da parte dei carabinieri e l’incidente che ha causato la morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano a bordo dello scooter guidato dall’amico Fares Bouzidi, avvenuto lo scorso novembre a Milano.

L’inseguimento è iniziato quando i ragazzi non si sono fermati a un posto di blocco. Da quel momento, i carabinieri hanno avviato la caccia, lanciando tre volanti all’inseguimento dei due giovani. Un inseguimento che si è protratto per ben otto chilometri a velocità elevata attraverso le vie e i vicoli del centro città.

I ragazzi sono accusati di non essersi fermati a un posto di blocco, ma emergono dubbi sulla reale necessità di un inseguimento da parte di ben tre pattuglie a velocità elevata nei confronti di due giovani su uno scooter. L’inseguimento ha attraversato diverse strade in senso vietato e incroci pericolosi con semafori rossi, compromettendo la sicurezza pubblica.

Le immagini dell’inseguimento

I video diffusi, registrati dalle telecamere installate sulle volanti e in diversi punti della città, mostrano un inseguimento caratterizzato da tentativi di speronamento. In un momento si vede una volante entrare in contatto con uno scooter che vacilla ma riesce a riprendere la corsa. Nell’audio si sentono i militari commentare con frustrazione: «Non è caduto!»

Poco più avanti, frasi simili risuonavano: «Chiudilo, chiudilo che cade… no, non è caduto!» condite da qualche espressione poco elegante da riportare. L’intento, quello sì, era comunque già evidente: quello di far cadere i ragazzi dallo scooter, consci delle gravi conseguenze che una caduta a quella velocità poteva comportare. E così, purtroppo, è stato.

La frenetica corsa prosegue anche dopo che Ramy perde il casco. Gli agenti della volante più vicina se ne accorgono, essendo a pochi metri dall’evento, e un audio rivela: «ha perso il casco». In quel momento, l’inseguimento diventa ancora più pericoloso.

Nonostante ciò, la città è disseminata di telecamere capaci di filmare lo scooter, catturare la targa e identificare il proprietario, oltre a scoprire i nomi dei ragazzi a bordo. Tuttavia, una folle corsa troverà inevitabilmente il suo tragico epilogo, schiantandosi contro un palo all’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti, vicino a un distributore Agip.

Il motorino concluderà la sua corsa, forse speronato dall’auto dei carabinieri, anche se le immagini attuali non lo confermano. Saranno le indagini a determinare se vi sia stato un contatto. In pochi istanti giungono le altre due volanti inseguitrici, le cui telecamere riprendono i primi due carabinieri mentre si avventano su un ragazzo, intimandogli di cancellare dal suo cellulare il video che documentava quella fase finale. Di conseguenza, i due militari sono indagati per depistaggio.

Inoltre, i carabinieri coinvolti affrontano accuse di falsificazione: nel verbale si afferma che “sono state adottate tutte le misure di precauzione per evitare la collisione”. Tuttavia, i video e gli audio dei carabinieri stessi dimostrano il contrario.

Alla fine, sia il testimone a cui è stato chiesto di eliminare il video, sia Bouzidi, affermano che il motorino è andato a sbattere contro il palo perché spinto da dietro dall’automobile. Ramy Elgaml morirà quasi subito, schiacciato contro il palo, a causa di una lesione all’aorta, mentre Fares Bouzidi finirà in coma per qualche giorno per poi riprendersi dopo qualche giorno.

La necessità di interrogarsi

Le indagini e gli approfondimenti sull’accaduto sono in corso. È essenziale fare chiarezza e valutare se certe dinamiche siano forse eccessive.

È importante chiedersi se sia davvero indispensabile avviare un inseguimento estremamente pericoloso, mettendo così a rischio la sicurezza degli altri cittadini per una presunta maggiore sicurezza.

È importante esplorare e comprendere se esistano altri metodi per identificare le persone in modo differito, considerando la crescente diffusione di telecamere nelle nostre città.

È fondamentale comprendere con precisione gli eventi, poiché, come ha affermato il Ministro Piantedosi, “La presunzione di innocenza deve valere anche per i carabinieri”. Tuttavia, è evidente che spesso le ricostruzioni iniziali e le dichiarazioni delle forze dell’ordine vengono successivamente confutate da immagini o da ricostruzioni alternative basate su testimonianze.

La presunzione di innocenza si applica sia ai carabinieri che a Ramy e Fares; tuttavia, stabilire l’innocenza o la colpevolezza richiede un processo basato sulla verità e sulla trasparenza assoluta. Questo percorso diventa però un ostacolo se si comincia a chiedere, con minacce, di eliminare i video che offrono le riprese più chiare e ravvicinate degli ultimi istanti prima del momento critico.

Una storia ricorrente quella che riguarda immagini sparite e cancellate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA