I commercianti di Verona: tra lamentele e contraddizioni
Una riflessione di Giorgio Montolli sui commercianti e la gestione del centro storico induce a riflettere sull'annosa questione.
Una riflessione di Giorgio Montolli sui commercianti e la gestione del centro storico induce a riflettere sull'annosa questione.
Alcuni giorni fa il giornalista Giorgio Montolli ha postato, sul suo profilo Facebook, questa riflessione: “Anche oggi i commercianti di Verona si lamentano che fanno pochi affari perché “il centro storico è deserto”. Ora non so dove essi vivano, perché non corrisponde al vero. Poi affermano che “non basta la presenza turistica durante le feste per garantire guadagni”, e anche questo è falso perché ormai i turisti sono i veri protagonisti della città. Vorrebbero che i veronesi raggiungessero i loro negozi in auto, quando i negozi di vicinato sono stati sostituiti da anonimi ristoranti dove si mangia a tutte le ore e da proposte commerciali non certo rivolte ai cittadini, che nel frattempo continuano a migrare. Questi signori vogliono i turisti per fare affari, ma poi vogliono anche i veronesi per fare altri affari. Si fermassero un attimo a pensare come far sì che turisti non diventino invadenti a tal punto da far scappare i veronesi. Ma forse questo interessa poco, o forse manca la capacità di comprendere. PS Ma i prezzi in città sono tarati sui turisti o sui cittadini?”
Una riflessione interessante, che ha stimolato un dibattito fra i follower del giornalista e che ci permette di analizzare alcuni aspetti dell’attuale situazione di Verona.
I commercianti di Verona lamentano una crisi nei loro affari, sostenendo che “il centro storico è deserto”. Questa affermazione, però, sembra discostarsi nettamente dalla realtà: il cuore della città, ben noto per la sua bellezza e di conseguenza attrattiva turistica, è ben lungi dall’essere vuoto. Certo, nei giorni feriali c’è un po’ più di tranquillità, ma le vie principali del centro sono costantemente animate da visitatori, italiani e stranieri, che contribuiscono malgrado tutto a mantenere viva l’economia locale, non solo durante i periodi di festa.
Quest’anno, con lo spostamento dei mercatini di Natale da piazza dei Signori in via Pallone, non si sono viste quelle orribili scene che hanno caratterizzato spesso in passato il periodo di novembre e soprattutto dicembre, quando in via Mazzini, letteralmente presa d’assalto da migliaia e migliaia di persone nel corso dei weekend, doveva addirittura essere istituito il senso unico, con vigili (sì, i vigili) inviati a regolare il traffico per evitare il peggio. Quest’anno il centro storico si è vissuto in maniera diversa, senza dover spintonare il prossimo e con la possibilità di passeggiare, godere dei monumenti e, perché no, acquistare i regali di Natale in tutta serenità. Può essere questo considerato un male? Dai cittadini certamente no, anche se ovviamente su qualche numero si sarà dovuto inevitabilmente cedere.
Già perché secondo i commercianti veronesi la sola presenza turistica non sarebbe sufficiente a garantire guadagni stabili, il che può anche essere vero. Per quanto presenti, i turisti, non sempre sono portati a spendere i loro soldi in acquisti (visto che comunque già pernottare e mangiare a Verona comporta delle spese non da poco), ma ad ogni modo è assolutamente innegabile che il turismo sia diventato nel tempo l’unica religione del centro storico di Verona, trasformato negli ultimi vent’anni in una sorta di Disneyland “a loro uso e consumo”.
I veronesi, allontanati dai prezzi alti, hanno cominciato allora a cercare il loro divertimento altrove, in altre zone della città fino a poco tempo fa nemmeno troppo frequentate dalla movida locale, come via IV Novembre in Borgo Trento o Veronetta, dove sono nati molti locali.
Negli ultimi anni, il centro storico si è trasformato decisamente: i negozi di vicinato, un tempo pilastri della comunità, sono stati progressivamente sostituiti da ristoranti e grandi marchi internazionali pensati esclusivamente per i turisti.
Questa vera e propria mutazione genetica ha inevitabilmente alienato i residenti, che hanno iniziato a migrare verso altre aree della città o verso la periferia. Il risultato? Un centro che vive ormai quasi esclusivamente di turismo, ma che paradossalmente fatica a trovare equilibrio tra le esigenze di chi visita e quelle di chi vi risiede, quelle di chi vi lavora e commercia e quelle di chi vorrebbe vivere il proprio quartiere senza orde di turisti sotto casa. Il cosiddetto fenomeno della gentrificazione, che sta svuotando non solo il centro storico di Verona, ma quello di tutte le principali città turistiche del mondo, da Venezia a Roma, da Firenze a Siena passando per Parigi, Londra, Lisbona e Barcellona.
Un altro punto di critica da parte dei commercianti all’attuale amministrazione riguarda l’accessibilità del centro da parte dei cittadini. Ad essere nel mirino, in particolare, è il provvedimento di chiusura totale della ZTL, introdotto a fine ottobre, che a parere di molti commercianti (ma, va detto, non tutti) impedirebbe ai cittadini veronesi di arrivare in massa in centro storico, invocando una nuova apertura affinché gli avventori tornino a frequentare i negozi locali, magari raggiungendoli direttamente in auto.
Tuttavia, questa richiesta appare del tutto anacronistica e in contrasto con l’evoluzione della città e, in generale, della direzione intrapresa dal resto del mondo. Senza andare troppo lontano, già le principali città d’Italia, ormai, hanno adottato da tempo questo tipo di provvedimenti e non sembra che ci sia da nessuna parte qualsiasi intenzione di tornare indietro. Anzi. La tendenza, semmai, è quella di proseguire, allargando sempre di più le zone pedonali o, laddove non possibile, quelle “30”, dove cioè è possibile procedere soltanto a 30 km/h.
Un ulteriore aspetto da considerare è indubbiamente quello dei prezzi. Come chiede, giustamente, Montolli essi sono tarati sui turisti o sui cittadini? La risposta a questa domanda potrebbe spiegare molte delle dinamiche in gioco. Se i prezzi sono pensati per una clientela internazionale, che notoriamente ha un potere di acquisto e una propensione a spendere maggiore, è naturale che i veronesi si sentano esclusi. Per gli italiani, a fronte di un’inflazione galoppante ma con stipendi quasi sempre rimasti invariati negli ultimi decenni, è diventato sempre più complesso riuscire a far quadrare i conti e non sono in molti a potersi permetter di andare a consumare con costanza il proprio aperitivo o la propria cena in centro storico, dove oggettivamente sta diventando sempre più proibitivo mangiare.
Se in generale i prezzi fossero più accessibili, si potrebbe sicuramente favorire un ritorno dei residenti, contribuendo a bilanciare meglio l’economia locale. Qualche guadagno in meno nell’immediato per garantirsi una clientela più fidata di quella turistica. Che ci sarà sempre, ma sappiamo anche che – e l’infausto periodo del Covid ce lo ha insegnato fin troppo bene – le cose possono cambiare repentinamente (e qui gli scongiuri sono ovviamente obbligatori).
In definitiva i commercianti sembrano voler tutto: il turismo in primis, per mantenere alta la visibilità e i guadagni (visti i prezzi proposti), ma senza rinunciare alla presenza costante dei veronesi, per potersi garantire una clientela stabile, magari nei periodi di minor afflusso turistico, come questo mese di gennaio. Questa doppia pretesa, però, solleva una domanda cruciale: come è possibile conciliare la presenza turistica, spesso percepita come invadente, con il bisogno di attrarre nuovamente i cittadini?
Forse la vera sfida non sta tanto nel lamentarsi, ma nel trovare soluzioni. I commercianti dovrebbero interrogarsi su come possono contribuire e fare la propria parte per rendere il centro più attrattivo, sia per i turisti sia per i residenti, ripensando la propria offerta commerciale e favorendo, magari attività che possano coinvolgere entrambi i gruppi, senza alienarne uno a favore dell’altro. Certo, è ovvio che anche l’amministrazione debba fare la sua parte per risolvere l’annoso problema, ma non esiste da nessuna parte la bacchetta magica e qualsiasi decisione venga presa comporta sempre dei rischi, dei periodi di prova, numeri che oggi possono tornare e domani no (o viceversa) e via dicendo. Comunque, va detto, l’amministrazione Tommasi, già in campagna elettorale, aveva anticipato e promesso alcuni dei provvedimenti poi presi e oggi oggetto di contestazione e i residenti del centro storico sono diffusamente contenti della chiusura della ZTL. Un risultato comunque non da poco.
La situazione dei commercianti di Verona non è priva di complessità e va rispettata e il più possibile aiutata, perché senza di loro il centro storico muore, ma per affrontare le sfide attuali è necessario da parte loro un cambiamento di prospettiva. Lamentarsi non basta: occorre comprendere le trasformazioni della città e adattarsi ad esse, trovando modi per far convivere le persone fra loro, qualsiasi sia la loro provenienza o lo scopo per il quale si trovano in un determinato luogo. Solo così, ma ci vorrà comunque del tempo, il centro storico potrà tornare a essere uno spazio vivo e inclusivo, capace di soddisfare le esigenze di tutti.
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