Il mio regalo di Santa Lucia, quest’anno, è davvero inatteso e meraviglioso. A sorpresa, senza annunci o teaser, è uscito il nuovo album di Fabio Bartolo Rizzo, siciliano adottato dalla Barona e noto al mondo come Marracash. È un disco hip hop, un ritorno al rap classico. Vero, cattivo, sfrontato. Nudo.

“È finita la pace” è un titolo che gioca con le parole in puro stile hip hop. Si può leggere su molteplici livelli, dal pensiero impegnato sulle guerre nel mondo, fino al significato slang, una sorta di mo’so’cazzi per tutti gli altri artisti, ora che l’autoproclamato King del rap è tornato. E arriva tutto questo attraverso un uso egregio, talvolta lirico delle parole, con barre taglienti che si imprimono a caldo nell’anima, nella produzione impeccabile dei soliti Marz e Zef.

Ogni tanto sospetto di essere orribile

Come se mi sorveglio, se avessi dentro una cimice

Sciocco, egoista, vile, insensibile

Come se preferisca far perdere te che vincere

(Pentothal)

Come Marra stesso racconta in conferenza stampa, questo disco rappresenta anche la «chiusura di una trilogia iniziata nel 2019, l’ultimo capitolo di un percorso personale dove ho cercato di trovare una mia voce, un modo mio di fare musica. È questo credo il tema: la ricerca di se stessi e l’accettazione».

La trilogia

Persona” (2019) apre la strada mostrando un normale rapper di periferia che però mette in discussione tutte le sue convinzioni, sul successo, la carriera e tutto quello in cui aveva creduto fino a quel momento. Con “Noi, loro, gli altri” (2021), il rapper sembra aprire ulteriormente il fronte del suo conflitto, che da interiore diventa anche sociale, in contrapposizione al polarizzarsi delle opinioni, alle guerre sui social.

«Questo terzo disco – racconta Marracash – vuole appunto arrivare un po’ a una resa di conti. È un momento molto delicato della nostra storia. C’è un malessere percepibile un po’ ovunque, un’ansia, un’inquietudine sul futuro che penso sentiamo tutti, forse a maggior ragione i giovani che un futuro forse non immaginano neanche di averlo».

Ehi, ma è solo rap!

“È finita la pace” compie un piccolissimo miracolo di Natale: propone tematiche complesse, sociali e politiche, e le consegna ai ragazzi della Gen Z usando il loro linguaggio. Da vecchia bacucca dell’hip hop, chi scrive ne apprezza la coerenza, la linea dritta e uno splendido equilibrio tra il dissing e la poesia. Figlia della mia generazione, ormai perduta dai radar, a me non sfuggono però quelli che ritengo dei tributi, i numerosi accenni alle canzoni di Vasco Rossi nascosti nelle tracce.

Non è mia, non sono suo

Ma, quando siamo assieme, siamo solo noi

(Lei)

Si ricorderà la collaborazione per “La pioggia della domenica” (Vasco – 2022). Ma negli easter egg sparsi in giro si ritrova qualcos’altro, come un’unità di percorso, forse anche di destino. Le citazioni ammirate sono piuttosto inusuali nel mondo hip hop, dove prevalgono gli insulti e le prese in giro, inviati a mezzo barra.

La sensazione che se ne ricava, dopo la prima frase a sorpresa e poi le altre, è che i due condividano la consapevolezza maturata attraverso gli eccessi e la popolarità, che abbiano vissuto l’esperienza di auto-isolamento dal proprio mondo per ritrovare se stessi.

La bolla

Nella cover di Mecna, Marracash è ritratto all’interno di una bolla (non serve una bolla per vedere che tutto è piatto – dice nella traccia Crash) che rappresenta la pace in cui, al di fuori del mondo rap, ha potuto lavorare al disco e che sembra voler regalare almeno idealmente all’ascoltatore.

«Il disco stesso è una bolla – racconta. – Sono 50 minuti in cui uno è chiuso là dentro, 50 minuti diversi dalla musica che uno si ascolta di solito».

E di diverso c’è molto. Mancano le logiche di marketing e – se vogliamo – di marchétting che caratterizzano la musica estemporanea del tritacarne pop di questi tempi: uscito troppo presto per cavalcare Sanremo e troppo tardi per fare il tormentone estivo, Fabio decide di rinunciare anche ai featuring, quel meccanismo perverso di ospitate che permette di gonfiare i volumi di streaming.

Graziani… chi?

Se i giovanissimi ascoltano quella robaccia neomelodica chiamata trap, Marra si butta sulla musica italiana d’autore, e mica quella piaciona. Sceglie di campionare artisti lontanissimi dal suo fandom: i Pooh (Uomini soli per la traccia Soli) e perfino Ivan Graziani (Firenze in È finita la pace), uno capito poco perfino dai suoi contemporanei.

La title track è un vero capolavoro: il ritornello con quel Cuore d’intralcio è vera poesia moderna, il testo tutto riflette una tristezza consapevole, una percezione della vita lontana dal mondo stereotipato, impegnato nella “eterna lotta tra il beh e il mah”. Tutto impreziosito dalla purezza vocale di Graziani in una melodia da fiaba.

La mia traccia preferita però è Crash, in cui la vena malinconica sfocia nella denuncia a una politica che non è in grado di leggere i sentimenti e i bisogni della gente normale, che Marracash vede chiusa nella stessa bolla che permea l’intero disco. Usa la parola fasci, è vero, e ne parlano tutti.

Ma non è questa – secondo il mio umile parere – la barra più rivoluzionaria. Senza pretese di onniscienza (so benissimo tutto quello che non so), credo sia la prima volta, nella musica italiana, che un cantante, un rapper addirittura, racconta in questo modo del Vuoto.

Governo di fasci che dice frasi preistoriche

Pensino che basti riempire il vuoto con l’ordine

(Crash)

Il vuoto delle esistenze vissute solo sui social, delle relazioni interpersonali che si consumano online. Il vuoto lasciato dalle istituzioni e il tentativo fallito in partenza di riempire la mancanza di autorevolezza con l’autorità. Di sicuro c’è qualcun altro che le ha messe queste cose in una canzone, ma non nel secolo corrente e nemmeno con un simile potenziale di arrivare a ragazzi giovani e giovanissimi.

Happy end

Come nella migliore tradizione hip hop, il disco è vissuto come un concept, con intro, richiami e testo finale. In questo caso particolare, poi, la chiusa si riferisce all’intera trilogia, di cui rappresenta sia la fine che un nuovo inizio.

Il brano Happy end ci porta con leggerezza e toni allegri alla speranza mai sopita, alla volontà di farcela, di uscire dalla bolla e trovare il proprio posto nel mondo. E se questo mondo è piatto, invita a crearne uno nuovo. La outtro lo dice chiaramente:

Non esiste altra vittoria che essere sé stessi

Non esiste altro modo di essere sé stessi se non scegliere

È finita la pace, l’accondiscendenza

C’è una nuova pace: la consapevolezza

Marracash starà pure “aspettando qualcuno che lo smentisca per non permetterglielo” (Pentothal), ma non lo troverà su queste pagine. Non in questa vecchietta con il brutto vizio dell’hip hop, quello fatto bene. Non sono sicura che il parallelo con Kendrick Lamar, fatto da alcune testate, regga davvero. Dopo tutto, a me basta che Fabione resti solo Marracash.

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