I risultati sulle competenze cognitive medie della popolazione italiana sono allarmanti e imbarazzanti se confrontati con quelli degli altri Paesi. È quanto emerge dall’indagine PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), parte del programma di valutazione dell’OCSE sulle competenze degli adulti tra i 16 e i 65 anni. Nella classifica generale, l’Italia si colloca decisamente agli ultimi posti.

La ricerca, condotta in Italia dall’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), ha esaminato tre diverse aree cognitive: la Literacy (area linguistica, comprensione di testi), la Numeracy (area matematica, calcoli numerici e percentuali) e l’APS (adaptive problem solving). In tutte e tre le aree di indagine, i risultati non sono affatto incoraggianti.

Analfabetismo funzionale nel 35% degli adulti

Nella sezione Literacy, ad esempio, il punteggio medio OCSE è pari a 260, mentre l’Italia si ferma a 245. Si tratta di valori medi, ma più in dettaglio l’Indagine PIAAC mostra che il 35% degli italiani ha serie difficoltà a comprendere e utilizzare efficacemente le informazioni che leggono o a interpretare correttamente tabelle numeriche e grafici. Per queste persone, che pur sanno leggere e scrivere, si può parlare di analfabetismo funzionale.

Per quanto riguarda l’Italia, i dati sono stati suddivisi per macro aree geografiche. Oltre al valore medio italiano, sono stati rilevati anche i valori medi relativi a Italia Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole. La ricerca evidenzia un Paese con significative differenze nelle diverse aree geografiche in tutti i domini di indagine.

In tutte e tre le aree cognitive, Literacy, Numeracy e APS, la media italiana è inferiore alla media OCSE. Particolarmente negative sono le performance rilevate nel sud e nelle isole, mentre al nord e al centro Italia i risultati non si discostano molto dalla media OCSE e in alcuni casi la superano.

La ricerca PIAAC, attraverso l’analisi dei dati, ha messo in luce i fattori che possono influenzare le performance relative al possesso delle competenze. In alcuni casi si tratta di semplici correlazioni, mentre in altri le situazioni sociodemografiche incidono in modo diretto o indiretto sui risultati.

Il ruolo dell’istruzione, del background familiare e migratorio

L’indagine PIAAC conferma il ruolo fondamentale dell’istruzione nell’aumentare le competenze. In tutte le macro aree geografiche e in tutti gli ambiti cognitivi, le persone laureate hanno dimostrato competenze superiori rispetto a quelle con un diploma di scuola secondaria superiore e, ancora più chiaramente, rispetto a quelle con il solo titolo di scuola media inferiore.

È noto che in Italia, nella fascia di età 25-65 anni, il numero di persone laureate è solo del 20%. Al contrario, in molti Paesi come Danimarca, Estonia, Belgio e Norvegia, le persone con istruzione di terzo livello raggiungono il 50%. Questi dati spiegano ampiamente la posizione poco competitiva dell’Italia.

La ricerca conferma inoltre l’importanza del contesto familiare di origine. Emerge infatti che le persone con livelli di competenza più bassi provengono generalmente da famiglie svantaggiate culturalmente, in cui i genitori avevano livelli di istruzione molto bassi.

Un altro aspetto rilevante nella determinazione delle competenze è quello del background migratorio. Le persone nate al di fuori dell’Italia da genitori non italiani ottengono mediamente punteggi inferiori rispetto ai valori medi nazionali sia in Literacy che in Numeracy e APS. L’essere immigrati rappresenta indubbiamente una situazione di svantaggio nell’espressione delle proprie competenze.

Un dato positivo è che in Italia, nella fascia di età compresa tra 16 e 24 anni, i risultati, pur essendo inferiori alla media OCSE, sono nettamente migliori rispetto ai riferimenti medi nazionali delle fasce 25-34 e 25-65. Questo rappresenta almeno un segnale di ottimismo per il futuro.

Gender gap, mondo del lavoro e retribuzioni

Nel campo della literacy, sia uomini che donne hanno ottenuto risultati equivalenti, mentre nella numeracy gli uomini continuano a ottenere risultati migliori, in linea con le statistiche generali OCSE. A livello globale, non solo in Italia, persiste un gender gap in matematica a sfavore delle donne. Tuttavia, questo divario si annulla tra i laureati uomini e donne nelle materie STEM, un aspetto positivo che si riscontra solo in Italia.

Per quanto riguarda la partecipazione al mondo del lavoro, la ricerca evidenzia uno svantaggio per le persone con minori competenze rispetto alla popolazione complessiva. Analogamente, l’indagine mette in luce anche il raggiungimento di livelli medi retributivi più elevati da parte delle persone con competenze superiori.

Il basso livello medio di competenze rispetto a molti Paesi OCSE non può che rappresentare un ostacolo allo sviluppo economico dell’Italia. Al contrario, un livello più elevato di competenze cognitive favorisce una maggiore consapevolezza dei diritti e doveri di cittadinanza, promuovendo una crescita civile e democratica più ordinata del Paese.

La scolarizzazione è il motore primario dello sviluppo delle competenze cognitive. Sono quindi necessari rilevanti investimenti nel settore dell’istruzione e della formazione per ridurre l’eccessiva dispersione scolastica nella scuola secondaria superiore e aumentare la partecipazione dei giovani all’istruzione terziaria.

È un’arretratezza, questa italiana, che viene da lontano e che richiede ancora molta strada da percorrere per ridurre sia il divario con la media dei Paesi OCSE, sia la disomogeneità fra le diverse aree geografiche del Paese.

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