La protomoteca della Biblioteca Civica di Verona ospita, dal 30 ottobre al 30 novembre 2024, la mostra intitolata “Vittorio Filippini. Architetto, studioso, conservatore, artista, scenografo, polemico”.

Verona ricorda la figura dell’architetto che ebbe un ruolo importante nella ricostruzione della città dopo la Seconda guerra mondiale. La mostra documentaria, curata da Margherita Solfa, che ha catalogato il fondo archivistico, ha visto la partecipazione dell’architetto Michele De Mori e dello storico dell’arte Angelo Passuello, che ha avuto un ruolo di tramite tra la famiglia del professionista e la biblioteca, è promossa da Agile Aps, in collaborazione con l’Archivio generale del comune di Verona, l’Ordine degli architetti e l’Accademia di Agricoltura scienze e lettere.

La mostra inoltre ha ricevuto il patrocinio dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Verona, e vede la partecipazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza.

Il materiale archivistico esposto in sala è pervenuto quasi completamente ordinato da Filippini e comprende quarantanove buste, diversi rotoli e schedari collocati in cassette di legno, donate dal nipote Marco Testa. Le raccolte testimoniano gli ambiti di ricerca ed interesse dell’architetto, tra cui numerosi appunti e bozze di Alessandro Da Lisca (1868-1947), Soprintendente di Verona, da cui Filippini apprese il metodo di osservazione  e studio fotografico.

Un dettaglio della mostra allestita in promoteca della Biblioteca Civica sulla figura dell’architetto Vittorio Filippini. Foto di Michelangelo Piccin.

Chi era Vittorio Filippini

Nacque a Verona nel 1914 (morì nell’aprile del 1974), si diplomò al liceo artistico e divenne architetto seguendo i lavori di Ettore Fagiuoli (1884-1961). Dotato di un carattere difficile, era molto esigente con sé stesso e pubblicava i suoi lavori solo dopo essersi confrontato con tutti i documenti disponibili. Esercitò la sua professione con grande sensibilità, rispettando la storia del tessuto urbanistico veronese in un momento delicato come quello degli anni Cinquanta del secolo scorso.

In questo periodo si radicò un’importante campagna di tutela, rivolta a palazzi e monumenti cittadini, fu redatto un Piano Regolatore Generale e iniziò un dibattito legato alla viabilità urbana, che prevedeva nuovi collegamenti che sventrarono porzioni significative di città. Filippini propose una strategia di conservazione che non fosse fine a sé stessa, ma privilegiasse un’armonia tra spazi circostanti, tanto nelle dimensioni quanto nello stile architettonico perché l’architettura, prima di essere un interesse economico, è un importante fattore di coesione sociale.

Realizzò Casa Onestinghel in Piazza Bra e casa Armellini in Piazza Arsenale, fuori ponte di Castelvecchio. Chiamato dall’architetto Pietro Gazzola (1908-1979) celebre per aver ricostruito i ponti Pietra e di Castelvecchio, Filippini lavorò alla Soprintendenza ai monumenti dopo la guerra, occupandosi di restauri, recuperi e consolidamenti di numerosi edifici, tra cui Palazzo del Podestà, Palazzo dei Diamanti, il Municipio, il Museo Lapidario Maffeiano, il ridotto del Filarmonico, la chiesa inferiore di San Fermo, le chiese di San Procolo, San Bernardino, Sant’Elena, San Pietro Incarnario, il campanile di Grezzana, l’albergo Due Torri, la facciata della Chiesa di Sant’Eufemia.

Studiò il Palazzo Ridolfi, sede del Liceo Scientifico, dedicò lunghi anni al recupero della chiesa di San Lorenzo e progettò il Teatro Storico Filarmonico su commissione dell’Accademia Filarmonica.

L’interesse per il mondo musicale veronese

Filippini ricoprì anche cariche politiche, rappresentando il Partito Liberale italiano del Comitato di Liberazione Provinciale. Appassionato studioso di archeologia, si preoccupò di predisporre un piano per tutelare i reperti archeologici romani nel sottosuolo cittadino, che non venne mai pubblicato, al fine di salvaguardare i manufatti che venivano alla luce nel corso degli interventi edilizi, inoltre, esperto disegnatore, realizzò scenografie per l’ente lirico areniano tra cui la “Walkiria” di Richard Wagner e l'”Andrea Chénier” di Umberto Giordano.

L’architetto Vittorio Filippini, penultimo da sinistra, insieme al presidente dell’Accademia Filarmonica di Verona Alberto Tantini, a destra.

Tra i numerosi progetti ricordati in mostra emerge quello per la ricostruzione del Teatro Filarmonico, fatto edificare nel 1712 a Francesco Galli da Bibbiena da Scipione Maffei, a fianco dell’Accademia Filarmonica. Più volte rinnovato e ricostruito, ospitò rappresentazioni liriche e commedie, concerti di musica classica e poesia, ma i bombardamenti del 1945 lasciarono intatto solo il ridotto.

Filippini nel 1956 vinse un concorso per il restauro, presentando un interno barocco del teatro ed un fronte classicheggiante sul prospetto di via Roma. Per ovviare ai problemi di spazio e nascondere alcuni edifici moderni, Filippini sopraelevò il portichetto, ottenendo un assetto ordinato della piazza.

Biblioteca Civica e Ponte Nuovo, due interventi urbani vitali

Il bombardamento del gennaio 1945 danneggiò la Biblioteca Civica, costruita nel complesso dei Gesuiti. Nonostante i solleciti della Soprintendenza, nel 1948 non erano ancora state rimosse le macerie, che compromettevano le murature rimaste. Fu Filippini a seguire gli interventi realizzati tra il 1946-49 con finanziamenti ministeriali, con i quali vennero ripristinate la parte di rappresentanza della biblioteca, la facciata, gli atri, lo scalone, la sala di Teologia e Poligrafia.

Quando nel 1958 Filippini riscontrò che l’affresco di Paolo Farinati si stava logorando, per la sua salvaguardia coinvolse Guido Gonella, Ministro della Pubblica Istruzione, molto legato al direttore della biblioteca Vittorio Fainelli.

Un altro progetto fondamentale fu la ricostruzione del Ponte Nuovo, inaugurato nel 1947 e realizzato in calcestruzzo armato, rivestito di pietra di Verona e dotato di parapetti e colonnine scolpite.

Foto Michelangelo Piccin.

La ricostruzione della chiesa di San Lorenzo

Un importante cantiere che lo coinvolse direttamente fu la ricostruzione della chiesa di San Lorenzo, della quale erano collassati il tetto e un oratorio ottocentesco addossato al fianco settentrionale. Le operazioni di consolidamento iniziarono nel 1946 e continuarono fino al 1950, quando l’intervento venne interrotto per il mancato stanziamento dei fondi necessari da parte del ministero.

Nel 1951 vennero ripresi i restauri, con la decisione di ripristinare la torre campanaria e revisionare l’intera struttura nelle parti che non garantivano solidità al monumento. Dopo aver notato un grave problema di inflitrazioni, Filippini propose un assestamento delle coperture.

Appunti sulla chiesa di San Lorenzo, uno degli edifici storici di cui l’architetto Vittorio Filippini ha curato il restauro. Foto Michelangelo Piccin.

L’architetto era suggestionato dai restauri postbellici grazie a cui potè ispezionare tracce di epoche precedenti, rese visibili dalle lacerazioni delle bombe, che altrimenti sarebbero rimaste nascoste ed inaccessibili.

All’interno della mostra è disponibile un opuscolo sulla mostra, che fa parte della Collana I Sedicesimi, curata dalla Biblioteca.

©RIPRODUZIONE RISERVATA