Presentato come film d’apertura alla festa del Cinema di Roma 2024, “Berlinguer – La grande ambizione” è il nuovo film del regista Andrea Segre, co-prodotto tra Italia, Belgio e Bulgaria.

Nato nell’entroterra veneziano nel 1976, Segre dirige e produce documentari e film già dagli anni Novanta come “Lo sterminio dei popoli zingari” (1998), “Il sangue verde” (2010), il primo lungometraggio “Io sono Lì” (2012) e l’anno dopo “La prima neve” con la Jolefilm, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, “L’ordine delle cose” (2017) e il doc “Il pianeta in mare”. Nel 2020 durante la pandemia gira a Venezia il doc “Molecole” e “Welcome Venice”. Cofondatore di ZaLab, laboratorio culturale per la produzione e distribuzione di cinema libero, indipendente e sociale.

Gli anni del compromesso storico

Berlinguer – La grande ambizione” è incentrato sulla vita del politico e leader del Partito Comunista italiano in un arco di vita che va dal 1973 al 1978, interpretato con convinzione e empatia da un bravissimo Elio Germano.

In un breve arco di storia dei primi anni settanta Enrico Berlinguer assiste al golpe cileno di Pinochet e alla disfatta del governo Allende, in una Italia stretta tra il blocco occidentale degli Stati Uniti e quello russo, ancora non risolto. Berlinguer è convinto di trovare una via democratica al socialismo in Italia, una via che non porti a conflitti forti e, soprattutto, a divisioni pericolose.

Elio Germano in una scena di “Berlinguer. La grande ambizione” © Vivo film, Jolefilm, Tarantula, Agitprop.

È il cosiddetto compromesso storico, di non facile comprensione e attuazione nella storia dell’epoca. Ma il politico non desiste, cerca l’ascesa della sinistra al potere grazie al suo carisma personale, alla determinazione, al coraggio e alla consapevolezza che solo cercando un’alleanza tra le forze popolari antifasciste, i socialisti e tutta la fascia dei cattolici si può andare verso “un orizzonte chiaro di stabilità“.

Il rapporto difficile tra comunismo italiano e Paesi dell’Est

Non lo fermerà per ora nemmeno l’attentato in Bulgaria dove la visita nella sfera comunista di Sofia lo pone in una situazione a rischio.

Anche l’incontro in Russia con Breznev sarà determinato da una visione diversa del comunismo, in un incontro dove la rigidità e la compattezza del governo russo lasceranno poco spazio alla collaborazione diretta.

In questo senso il film suggerisce un quadro parziale, ma forte, della difficile relazione tra il comunismo italiano e quello dei paesi dell’Est, in cui Berlinguer, a suo modo, riflette una cultura sociale della sinistra italiana che non vuole la rottura ma cerca l’unità delle parti.

Roberto Citran nei panni di Aldo Moro, foto di Massimo Calabria © Vivo film, Jolefilm, Tarantula, Agitprop.

Il film riflette una parte tragica e determinate della storia italiana, dalla strage di Brescia al petrolchimico di Ravenna, dal referendum sulla legge del divorzio all’attentato delle Brigate Rosse a Francesco Coco e poi al rapimento e all’uccisione di Aldo Moro che ha cambiato la sorte degli avvenimenti.

Interessante in alcuni tratti il taglio dato ai rapporti interpersonali del leader comunista soprattutto con lo statista e politico della Democrazia Cristiana Aldo Moro, interpretato con struggente intensità da Roberto Citran, rapporto forte e collaborativo finito tragicamente con il rapimento e l’uccisione da parte delle Brigate Rosse il 9 maggio 1978.

La ricerca per ricostruire il personaggio Berlinguer

L’occhio della macchina da presa ritrae Enrico Berlinguer in alcuni tratti intimi e personali, dalla ginnastica mattutina fatta in piedi sulla seggiola ai momenti dedicati alla famiglia e ai figli, dove la figura della moglie resta presente ma in secondo piano.

Un racconto a tratti quasi didattico nel tentativo di delineare un tratto di storia difficile e complesso anche per chi lo ha vissuto, con alcune chiavi di lettura non scontate.

Il regista Andrea Segre durante una delle presentazioni del film “Berlinguer – La grande ambizione”, foto dalla pagina Facebook.

D’altronde, ha affermato Andrea Segre prima della proiezione al cinema K2 di Verona, «il film parte da una ricerca di anni presso l’Archivio Gramsci, gli archivi delle sezioni del Pci, gli archivi visivi di Unitelefilm, dei super 8 di privati cittadini, delle Teche Rai. È stata una sfida complessa quella di inserire in un rapporto di fiducia la messinscena e le immagini d’archivio, trasformando il tutto in una opportunità di visione. Il montaggio ha richiesto 6-7 mesi di lavoro intenso con 400 ore di archivi scritti e televisivi».

Anche con Elio Germano c’è stato «un piano di immersione e mimesi, studiando il modo di pensare, la somiglianza della voce, il corpo, la penetrazione del pensiero, la consapevolezza di una onestà particolare sia in Berlinguer sia in Moro – ha sottolineato il regista -. Grande lavoro anche per le musiche e alcuni effetti speciali. Questo film è un’occasione di confronto, un dialogo con l’oggi nel rapporto tra l’io e il noi, tra l’individuo e la collettività, nella sensazione di una perdita attuale di connessione in una democrazia che scricchiola».

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