COP29: l’ennesima occasione persa?
Dall'11 al 22 novembre a Baku, in Azerbaijan, si svolgerà la 29esima COP, il vertice a cui partecipano quasi tutti i Paesi del Mondo sui cambiamenti climatici. Quale sarà l'esito?
Dall'11 al 22 novembre a Baku, in Azerbaijan, si svolgerà la 29esima COP, il vertice a cui partecipano quasi tutti i Paesi del Mondo sui cambiamenti climatici. Quale sarà l'esito?
La 29esima Conferenza delle Parti – COP29 – si svolgerà dall’11 al 22 novembre a Baku, capitale dell’Azerbaijan. Si tratta del vertice a cui partecipano i Paesi che hanno firmato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), un trattato entrato in vigore nel 1994. Durante la COP i Governi di tutto il mondo valutano gli sforzi globali fatti per far progredire l’Accordo di Parigi, cioè quella Convenzione che aveva l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Anche alla COP29 i leader mondiali si riuniranno e si confronteranno per misurare i progressi e negoziare – almeno sulla carta – i modi migliori per affrontare il cambiamento climatico. Ci saranno 198 parti (197 paesi più l’Unione europea) alla Convenzione, che costituiscono un’adesione quasi universale.
Per il secondo anno consecutivo, un ministro con una vasta esperienza nell’industria petrolifera sarà responsabile dei negoziati globali sul clima. Anche se ciò desta un po’ di critiche per un ipotizzabile conflitto di interesse.
L’Azerbaigian ha nominato Mukhtar Babayev come presidente designato dei colloqui COP29 a Baku. Babayev ha trascorso decenni a lavorare presso la compagnia petrolifera nazionale prima di diventare ministro dell’ambiente nel 2018.
Si sa poco del signor Babayev, che attualmente serve come ministro per l’ecologia e le risorse naturali nel governo dell’Azerbaijan. Ha trascorso 26 anni presso la compagnia petrolifera e del gas statale dell’Azerbaijan Socar, in una varietà di ruoli. I leader mondiali avevano raggiunto un accordo per affrontare il cambiamento climatico nell’ incontro delle Nazioni Unite a Dubai, durante la COP 28.
Tale vertice é stato testimone di un anno, il 2024, caratterizzato da numerosi eventi meteorologici estremi in cui sono stati infranti molti record climatici. In fig. 2 un esempio degli eventi di luglio 2024. La stagione delle piogge da luglio a settembre poi è stata caratterizzata da precipitazioni estremamente intense e talvolta senza precedenti in ampie zone della regione del Sahel, che hanno portato a inondazioni catastrofiche in Sudan ad agosto e in Nigeria, Niger, Ciad e Camerun a settembre.
Ondate di calore si sono avute in Europa con estrema siccità e scarsità d’acqua in Sicilia e Sardegna. Recentemente in ottobre si sono verificate rovinose alluvioni in Italia (Emilia Romagna) e Spagna.
Il “climate change” è il cambiamento a lungo termine delle temperature medie e delle condizioni meteorologiche della Terra. Nell’ultimo decennio, il mondo è stato in media di circa 1,2 °C più caldo rispetto alla fine del XX secolo. È stato ora confermato che il riscaldamento globale ha superato 1,5 °C nel periodo di dodici mesi compreso tra febbraio 2023 e gennaio 2024. Ciò ha seguito la dichiarazione del WMO che il 2023 é stato l’anno più caldo mai registrato (fig.3).
È ormai acclarato che il significativo aumento della temperatura del 2023 è stato guidato dal cambiamento climatico causato dall’uomo, ma potenziato dal fenomeno meteorologico naturale di El Niño. È probabile che gli effetti del cambiamento climatico peggiorino nei prossimi decenni, ma gli scienziati sono ancora fiduciosi e sostengono che un’azione urgente può limitare le peggiori conseguenze.
La concentrazione di CO2 ha raggiunto livelli mai osservati da 800.000 anni ad ora. Essa è arrivata il 27 ottobre di questo anno a 422,87 ppm, il valore più alto della storia dell’ umanità, un incremento del 20% negli ultimi 44 anni, in gran parte a causa delle attività antropiche e rappresenta oltre il 50% in più dall’inizio della Rivoluzione Francese; un aumento dovuto anche agli incendi boschivi e alla minor capacità delle foreste di catturare la CO2.
La concentrazione attuale è quella che c’era 3-5 milioni di anni fa, un periodo in cui si stima che la temperatura media globale della superficie terrestre fosse di circa 2-3.5°C più alta della media di oggi e i mari erano più alti di circa 10-20 metri. La concentrazione di anidride carbonica è una misura importante per capire come l’attività umana abbia aumentato le capacità emissive della CO2, con conseguente cattura del calore dell’atmosfera (fig. 4). Questo indicatore può informare sulle emissioni a livello nazionale e internazionale e indurre ad adottare le misure più efficaci per cercare di ridurre tale gas.
Insieme alla CO2, continuano a salire anche le concentrazione degli altri due gas serra: il metano, che ricordiamo ha un potere riscaldante 28 volte piúù elevato della CO2, che nel 2023 é arrivato a una concentrazione di 1934 parti su miliardo (ppb), e il biossido di azoto che é aumentato del 125% rispetto al periodo preindustriale.
Ogni parte di milione in più di CO2 ed ogni grado in più di aumento temperatura risultano pertanto avere un impatto reale sulle nostre vite e sul nostro pianeta.
Anche nei primi nove mesi di quest’anno le temperature planetarie sono risultate sempre superiori al periodo di riferimento (1991-2020) e a quelle dell’anno 2023 ( fig.6). Stiamo quindi vivendo con buona probabilità il nostro primo anno solare a oltre 1,5 gradi.
“Siamo a far fronte ad un altro anno da record”, ha commentato la Segreteria Generale del WMO, Celeste Saulo. “Tutto ciò dovrebbe far suonare l’allarme fra i decisori politici e stakeholder e invece siamo decisamente fuori strada dall’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1.5°C dai livelli pre-industriali”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA