L’Associazione Culturale Quinta Parete è fin dalla sua nascita, quindici anni fa, tra le più attive nel panorama veronese. Eterogena nella proposta culturale e capace di coinvolgere sia amatori che professionisti del mondo dell’arte, del teatro e della musica, Quinta Parete opera non solo nella città di Verona, dove è di sede e dove è maggiormente impegnata, ma anche in “trasferta”. La realtà veronese, infatti, ha organizzato nel tempo mostre anche a Desenzano, Belluno, Cantù, Cremona, Padova, Todi, Sorrento, Trento e, di recente, presso il Monastero trecentesco di Monte Oliveto Maggiore. Ne parliamo con il presidente e fondatore dell’associazione Federico Martinelli.

Martinelli, quindici anni di attività sono tanti e di recente avete festeggiato in Sala Birolli questo importante compleanno: ci racconta le origini di Quinta Parete?
«È stata fondata assieme a un gruppo di amici a ottobre 2008, ma le attività sono iniziate nel 2009, ecco perché il compleanno effettivo è quest’anno. Senza dubbio quindici anni di attività sono un traguardo che non avrei immaginato: le finalità per le quali avevo fondato l’Associazione non erano legate all’organizzazione diretta di eventi ma erano dettate dal desiderio di dare un segnale culturale che potesse fungere da stimolo nei confronti degli operatori culturali.

Federico Martinelli

La programmazione di queste attività era concepita solo per gli anni universitari e invece… sono passati quindici anni. Il mio intento era quello di coordinare un gruppo di volontari e di professionisti che si occupassero di creare un collegamento tra i vari addetti alla cultura anche attraverso un giornale on-line. L’idea primordiale era di una finalità esclusivamente divulgativa, anche perché già collaboravo con altre realtà associative quindi gli stimoli organizzativi non mi mancavano. Poi hanno preso spazio le mie passioni – dal momento che già a 18 anni ero attivo nella realizzazione di rassegne e ho unito queste attività ad altre già avviate ovvero l’amore per l’arte e per la scrittura. Dal 2013 in poi le attività si sono consolidate sempre di più: teatro, concerti, mostre, convegni, conferenze, editoria e tanti laboratori. »

La parte laboratoriale quanto ha inciso nelle vostre attività?
«Molto. Dal 2013 al 2020, anno del covid, ogni mostra è stata arricchita da corsi di pittura, laboratori di fischietti di ceramica, di origami e tante altre attività dedicate ai bambini, coinvolti in maniera giocosa ma con un insegnamento. Sostengo che l’arte è “una vitamina da mettere in circolo” pertanto la prima attenzione, per ogni attività che organizzo, è sempre indirizzata verso di loro: la rivoluzione culturale deve partire così.

Se i bambini si innamorassero della bellezza dell’arte e si allontanassero dai social network preferendo carta, penna, argilla e colori avremmo un mondo migliore. Qualche ora in meno al cellulare per una passione più costruttiva e di soddisfazione. Oggi c’è troppa dispersione e frenesia, è necessario riprendere i valori autentici, i ritmi pacati e assorti, della semplicità delle cose genuine. »

Se dovesse sintetizzare i quindici anni di eventi, di quali porta un ricordo di maggiore importanza?
«È difficile perché ogni momento è stato conseguenza del successivo: una catena che prosegue a scia continua.

Non potrei essere maggiormente felice di una rassegna rispetto a un’altra perché ognuna di esse ha portato a reti di relazione per la nascita delle successive. Certamente sul piano emozionale ci sono stati dei momenti che mi hanno dato maggiore calore rispetto ad altri ma farei fatica farne una classifica. A Negrar ho ideato una rassegna che prosegue da 10 anni e ha portato in scena attori e musicisti anche di fama nazionale ma lo stesso entusiasmo l’ho riposto nel coinvolgimento di realtà amatoriali. Ciò che conta è offrire un intrattenimento di qualità sia esso spassoso che di contenuto. »

E riguardo il mondo dell’arte? Vediamo molta attenzione agli artisti veronesi ma non solo.
«La prima mostra nacque nel 2007 quando l’Associazione non era ancora fondata. Poi tutte le altre negli anni a venire sono nate sotto l’egida di Quinta Parete. Dal 2009 maturai l’idea di fondare anche una casa editrice – Quinta Parete Editore – perché volevo che la stessa attenzione e cura per le proposte artistiche fosse riposta nella realizzazione e stampa dei volumi. A Verona ho organizzato mostre importanti al Palazzo della Gran Guardia per raccontare gli artisti veronesi del Novecento, in Sala Birolli a omaggiare arte, fotografia e scultura. Poi altre in spazi espositivi in provincia e in tante altre città italiane.»

Federico Martinelli parla al pubblico accorso in Sala Birolli per festeggiare il compleanno di “Quinta Parete”

Qual è stata la vostra iniziativa artistica più prestigiosa ?
«Anche in questo caso non riesco a dare un ordine di grandezza. Se penso all’autorevolezza della proposta, certamente, la collaborazione che mi ha visto editore del volume a tiratura limitata dell’installazione “Herat Ora Nona” del maestro scultore Ernesto Lamagna, Accademico Pontificio dei Virtuosi al Pantheon, occupa un posto di rilievo maggiore. In quella pubblicazione, oltre all’analisi dell’opera e dettagli fotografici di particolare rilievo, in appendice vi è un florilegio con un’intervista molto interessante. Ma non posso non ricordare con altrettanta intensità alcune mostre come “Ritorno alla semplicità”, “Le Bestie di Brera” e “Supermercato dell’arte”, rispettivamente in collaborazione con le Associazioni “Carsmit”, “La faretra” e “Horto”, quest’ultime costituite da giovani dediti a una visione alternativa e moderna dell’arte. Le mostre organizzate sono state tante, per artisti noti e per emergenti, ma preferisco mantenere il focus sulle collaborazioni con i giovani perché sono il messaggio più bello. »

La prima in Sala Birolli fu proprio con “Carsmit”…
«Sì, è stato il primo vero via agli eventi espositivi di Quinta Parete. Con loro abbiamo collaborato anche in altre occasioni. La loro visione, come anche per le successive associazioni con le quali ho lavorato, è stata motivo di forte crescita. Io più ancorato alla tradizione, pur essedo amante del Novecento, e la loro prospettiva, ancor più proiettata a un contemporaneo criptico ma ricco di spunti e simbologie. »

«Con il Maestro Lamagna ci sono stati altri momenti di collaborazione?
«Non li volevo citare perché l’ambito che riguarda la sua opera è un’eccellenza che mi porta ad avere maggiore riserbo. A ogni modo per il Maestro, anni fa, ho organizzato un’esposizione di opere lungo Via IV Novembre e ho editato alcune cartoline artistiche a tiratura limitata. »

Ci sarà però un evento al quale è maggiormente legato?
«Direi il grande concerto di beneficenza organizzato lo scorso anno al Palazzo della Gran Guardia di Verona con la dottoressa Rigotti. Un auditorium con 700 persone, radunate per sostenere la rete veneta delle cure palliative pediatriche. Professionisti e volontari del settore e il patrocinio di numerosi ordini professionali dell’ambito medico – sanitario. La raccolta fondi ha raggiunto i 15.000 euro: una grande emozione per una tematica che stringe il cuore. In quei giorni ho avuto il sostegno dei miei giovanissimi cugini che hanno organizzato una lotteria che ha permesso di arricchire di 2.000 euro la raccolta fondi.

Gli organizzatori del concerto di beneficenza in Gran Guardia

Ecco, che il messaggio di cui parlavo prima acquisisce un’intensità maggiore. Pur nella giovane età hanno compreso l’importanza dell’evento e si sono comportanti da veri professionisti, al pari di tutti gli altri coinvolti. E ora sono spesso presenti agli altri eventi che organizzo. Se passa questo messaggio la scia positiva è ampiamente tracciata.»

Certamente il messaggio è positivo e questa è la giusta scia…
«Credo sia fondamentale. Uno dei cugini è molto presente tant’è che a lui ho affidato più volte il “taglio del nastro” degli eventi più importanti. Dividere un momento di festa come questo ripaga di tutte le fatiche: l’orgoglio di un giovane che riceve un incarico simbolico come questo è un messaggio di continuità e di speranza, “una goccia di splendore” e di gioia.»

Si occupa anche di tarsia lignea con un progetto nazionale. Cosa porta a casa dopo dieci anni di mostre?
«È un progetto molto impegnativo e di grande responsabilità. Non vi è nessuno che si sta occupando di questo aspetto così importante dell’arte. Illustri ricercatori, oggi, stanno facendo un grosso lavoro di ricerca sullo sviluppo rinascimentale dell’argomento attraverso convegni e volumi di prestigio.

Con l’associazione ho radunato una ventina di artisti che si occupano di tarsia lignea anche oggi: giriamo l’Italia raccontando sia lo splendore rinascimentale che gli echi contemporanei delle loro opere. E, parallelamente, attraverso i laboratori, permettiamo di avvicinarsi alla tecnica. Uno dei nostri artisti di punta è stato allievo ai nostri laboratori: una grande soddisfazione. Le persone coinvolte sono quasi centomila.»

Martinelli con l’artista Ernesto Lamagna

© RIPRODUZIONE RISERVATA