Domenica scorsa è terminata la seconda edizione di Verona Art Week (VAW), la manifestazione nata in corrispondenza della fieristica Art Verona e ideata e organizzata da Giuditta Vegro, Tommaso Giacomin, Filippo Tommasoli e Zeno Massignan.

Dal 7 al 13 ottobre, infatti, una cinquantina di eventi in città hanno esplorato – letteralmente – gli spazi del centro storico e dei suoi quartieri limitrofi, con una particolare attenzione all’interazione e alla riflessione su tematiche importanti come la socialità, il consumo di suolo, l’utilizzo dei luoghi.

Quaranta partner e più di cinquanta eventi

«Siamo molto contenti di questa seconda edizione», ha spiegato Giuditta Vegro, una delle direttrici artistiche della manifestazione. «Abbiamo percepito un riconoscimento e un grande entusiasmo da parte di tutta la città e delle varie realtà che hanno aderito alla rete. Si è percepita una bella dimensione di scambio e un fermento importante. Verona si è dimostrata, nel corso di questa settimana, culturalmente molto attiva.»

Giuseppe De Benedittis nella loggia in Piazza dei Signori

Gli oltre quaranta partner che hanno aderito alla rete hanno organizzato nel complesso più di cinquanta eventi. In particolare Verona Art Week, quest’anno, ha organizzato tre performance, con le quali si è cercato di dare una chiave di lettura al tema di quest’anno, “Terrestri”, con un dialogo tra uomo, ambiente, spazio collettivo e spazio individuale. La prima performance si è svolta mercoledì 9 in Piazza dei Signori, nella Loggia, con Giuseppe De Benedittis che ha portato il suo lavoro site specific, con cui ha fatto dialogare il suono campionato con gli spazi a disposizione.

«C’è stata una bellissima interazione da parte delle persone che hanno poi avuto un ruolo performativo», ha commentato Vegro. Sabato 12 ottobre, al mattino, c’è poi stata la performance itinerante di Raffaele Vitto con un progetto volto a sensibilizzare le persone sul tema del consumo di suolo, mentre nel pomeriggio dello stesso giorno vi è stata la performance di danza contemporanea partecipata “Movi-Festo” (Aurora Sbailó, Benedetta Leso, Giulia Quacqueri e Viola Mazzi) in Piazza Santa Toscana, nel cuore di Veronetta, per cercare di lavorare sulla interazione e relazione con i cittadini e la comunità. «Veronetta è un po’ il cuore, dove hanno sede tantissime realtà che fanno parte della rete. Anche l’anno scorso avevamo organizzato qui una performance. Quest’anno abbiamo cercato di lavorare sullo spazio comune, come quello di una piazza, come spazio di confronto con gli altri e lo spazio fisico.»

Un feedback estremamente positivo

«Rispetto alla prima edizione del 2023, che per noi era un po’ come un crash test, abbiamo visto questa volta più partecipazione da parte della cittadinanza, ma anche delle istituzioni», spiega il direttore artistico Filippo Tommasoli. «Tanto che il Comune ci ha appoggiato con il patrocinio e anche economicamente, sposando in toto questa iniziativa nata per la città. Direi, però, che in generale da tutti i nostri partner abbiamo avuto un feedback estremamente molto positivo. Abbiamo in più aumentato la nostra produzione, perché da una performance nel 2023 siamo passati alle tre performance di quest’anno, che ci hanno dato grande soddisfazione. Per l’anno prossimo speriamo di coinvolgere ancora più le realtà cittadine.»

Abbattere i muri di esclusività

Raffaele Vitto e la sua idea artistica

«La tendenza è sempre quella di vedere le cose in modalità di crescita», commenta Zeno Massignan. «Questa idea di creare una manifestazione diffusa, affiancandosi a una manifestazione commerciale come quella di Art Verona che si svolge in fiera in questi giorni, è un tentativo di creare un sentimento condiviso in città, dove per alcuni giorni si possa parlare di arte contemporanea, ma con una modalità che possa avvicinare anche quel pubblico generico solitamente non abituato a entrare in spazi artistici.

È un tentativo di staccarsi dall’offerta culturale più tipica veronese, quella del bicchiere di vino, che noi apprezziamo ma che al contempo rappresenta un limite per la nostra città. Questo tentativo, che non eravamo mai riusciti a fare prima, di unire più spazi culturali cittadini in un’unica manifestazione consiste proprio nell’abbattere quel velo di esclusività che ci può essere nel mondo dell’arte, con un programma che permette a tutti di provare a vedere e sperimentare quello che succede, si cerca di avvicinare più target di pubblico secondo i propri gusti, senza tenerlo lontano.»

In Italia, sostiene Massignan, a volte c’è quasi paura degli spazi artistici, concepiti come luogo esclusivo dove si fa cultura. Una paura che può rappresentare, a lungo andare, anche un serio pericolo. «Se si riuscisse ad abbattere questo velo, questa barriera», prosegue Massignan, «parlando con tanti pubblici, dai bambini agli adulti, da chi si trova casualmente in una piazza e vede cosa sta succedendo, si incuriosisce e magari si aggiunge all’esperienza collettiva, si riesce anche a cambiare l’approccio generico. Fa bene a tutti, ma anche a una città che se vuole cominciare a pensare seriamente a candidature di Capitale italiana o addirittura europea della Cultura, potrebbe, dopo queste esperienze, vantare una rete che si muove all’unisono in questa direzione. Quando c’è omogeneità su un tema c’è anche molta più forza, che non è concorrenziale, anzi, va a creare un terreno fertile che permette l’ulteriore nascita di altri spazi e altre iniziative. L’arte, al contrario di quello che si pensa di solito, può essere molto inclusiva. Perché entrare negli spazi artistici e nei musei, non in punta di piedi ma comodi, può facilitare l’accesso e l’utilizzo di ulteriori spazi.»

La performance “Movi-festo” andata in scena in Piazza Santa Toscana, in Veronetta, durante la seconda edizione di Verona Art Week

Ripensare gli spazi attraverso l’arte

«Verona Art Week ha funzionato e funziona sempre meglio» commenta Pietro Maria Trincanato, Presidente della Quarta Commissione Consigliare di Palazzo Barbieri. «Siamo molto contenti di questo movimento nato dal basso, che come amministrazione abbiamo voluto appoggiare. Sono stati dei giorni, a partire da giovedì, in cui Verona si è trasformata ed è diventata una vetrina di arte contemporanea, in tutte le sue forme, con arti performative e attività di conoscenza del passato e del futuro dei luoghi. Penso, in questo senso, alla chiusura di via XX Settembre, in cui Verona si veste di arte contemporanea e riscopre la sua anima proiettata al futuro, che a volte dimentichiamo. L’obiettivo è che questa settimana sia sempre di più per i veronesi un punto di riferimento per il linguaggio contemporaneo.»

Verona Art Week, ma anche le precedenti iniziative come il Tocatì spostato in Veronetta, rappresentano un’occasione per tutti i cittadini di ripensare gli spazi urbani, non solo concependoli come luoghi di passaggio o aggregazione, ma anche di gioco o – come in questo caso – di fruizione di performance artistiche che possono in qualche modo dare un contributo importante per la trasformazione di una città e la sua accettazione da parte dei cittadini.

Pietro Maria Trincanato

«C’è il tema dell’abitudine a vedere gli spazi in un’ottica diversa, come è avvenuto in passato con le domeniche ecologiche» aggiunge, infatti, Trincanato, «ma c’è anche la presa di coscienza che laddove le cose cambiano, come ad esempio quando si apre in un quartiere un cantiere e cambia la viabilità, l’arte ha la capacità di riempire i vuoti, riqualificandoli e risignificandoli. È importantissimo non soltanto, quindi, per abituare il cittadino al fatto che una strada si può anche chiudere, ma anche per mostrare come il patrimonio culturale e le iniziative artistiche non siano relegate solo a luoghi istituzionali – dove si entra, magari pagando il biglietto, e poi si esce, lasciando l’esperienza alle proprie spalle -, ma possano compenetrare la città. Credo che i 14 mesi di cantiere e di eventi culturali a cui stiamo lavorando, insieme a galleristi, gestori di locali, etc., di via XX Settembre dimostreranno proprio questo.»

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