Presidenziali USA 2024: un ultimo mese decisivo
A meno di un mese dalle elezioni per la Casa Bianca negli Stati Uniti tutto è ancora in bilico. Un risultato che cambierà le sorti non solo degli americani, ma anche del resto del mondo.
A meno di un mese dalle elezioni per la Casa Bianca negli Stati Uniti tutto è ancora in bilico. Un risultato che cambierà le sorti non solo degli americani, ma anche del resto del mondo.
Le elezioni americane di martedì 5 novembre si avvicinano rapidamente e gli Stati Uniti sono immersi in una campagna elettorale feroce e senza precedenti, in cui due figure politiche di primo piano, Kamala Harris per i Democratici e Donald Trump per i Repubblicani, si stanno fronteggiando con toni sempre più accesi. Da un lato, Kamala Harris si presenta come l’alfiere della diversità e dell’inclusione, dall’altro, Donald Trump continua a promuovere un messaggio populista e fortemente divisivo, sostenuto da alleati potenti come Elon Musk.
Kamala Harris, ex senatrice e attuale vicepresidente, è diventata il volto di una nuova era per il Partito Democratico. La sua candidatura rappresenta non solo la speranza di un futuro più inclusivo, ma anche un segnale di cambiamento radicale rispetto alle politiche promosse da Trump durante la sua presidenza 2017-2020.
Harris, donna di origini afroamericane e indiane, incarna l’America multiculturale e pluralista che i Democratici intendono promuovere. La sua campagna si concentra su temi chiave come la giustizia sociale, la riforma del sistema sanitario e l’uguaglianza razziale, questioni che toccano profondamente l’elettorato non bianco, un blocco di voti che potrebbe rivelarsi cruciale in questa elezione.
Uno dei punti di forza di Harris è la sua capacità di parlare direttamente alle comunità marginalizzate e secondo i sondaggi il sostegno che sta ricevendo da parte degli elettori non bianchi è in crescita. Questo si deve anche alle recenti dichiarazioni di Trump, che ha sollevato nuove polemiche con la sua affermazione secondo cui “gli immigrati hanno il gene del crimine”.
Questa retorica xenofoba ha suscitato indignazione in ampie fasce dell’opinione pubblica e molti osservatori ritengono che potrebbe allontanare ulteriormente l’elettorato non bianco dal candidato repubblicano, spingendolo di fatto verso Harris.
Dall’altra parte, Donald Trump è tornato in campagna elettorale con la stessa forza e determinazione che lo hanno caratterizzato durante la sua prima corsa alla Casa Bianca nel 2016. La sua base elettorale, composta in gran parte da bianchi della classe media e lavoratrice, è ancora fortemente leale e Trump continua a cavalcare temi fortemente divisivi come l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale per consolidare il suo consenso. Nonostante le numerose controversie che hanno segnato la sua presidenza, il magnate newyorkese rimane una figura estremamente carismatica, capace di attrarre milioni di elettori con il suo messaggio anti-establishment.
Uno degli sviluppi più sorprendenti di questa campagna è stato senz’altro l’appoggio dichiarato da Elon Musk, uno degli uomini più ricchi e influenti del mondo, a Trump. Musk, noto per le sue posizioni libertarie e spesso critiche verso l’establishment politico, ha fatto una mossa che ha sorpreso molti analisti. L’appoggio di Musk a Trump potrebbe portare un importante sostegno finanziario alla campagna repubblicana e potrebbe contribuire ad attrarre una parte dell’elettorato libertario e tecnologico, tradizionalmente meno coinvolto nelle dinamiche politiche tradizionali.
Non solo, Musk ha anche promesso un incentivo economico senza precedenti: 47 euro per ciascun elettore che voterà per Trump. Questa promessa ha suscitato un dibattito acceso sulla legittimità di tali pratiche e sull’influenza del denaro nelle elezioni americane, ma potrebbe risultare un’efficace strategia per mobilitare elettori indecisi o disillusi dal sistema politico.
Uno degli eventi più rilevanti della campagna finora è stato il primo dibattito televisivo tra i due candidati. Kamala Harris ha dimostrato grande competenza e sicurezza, mettendo in luce le carenze della presidenza Trump e sottolineando la necessità di un cambiamento netto nelle politiche del Paese. Il dibattito è stato visto da milioni di americani e molti analisti concordano nel dire che Harris ne sia uscita vincitrice, dimostrando una leadership solida e una visione chiara per il futuro.
Harris ha criticato duramente la gestione della pandemia di COVID-19 da parte di Trump, sottolineando come la sua mancanza di leadership abbia contribuito a una crisi sanitaria ed economica senza precedenti. Inoltre, ha parlato con passione delle disuguaglianze sistemiche che affliggono la società americana, promettendo di affrontare il problema del razzismo istituzionale attraverso riforme legislative e investimenti nelle comunità più colpite.
Trump, d’altra parte, ha cercato di minimizzare le critiche, riproponendo il suo messaggio di “legge e ordine” e accusando Harris di voler destabilizzare il Paese con politiche progressiste che, secondo lui, porterebbero a un aumento della criminalità e a un indebolimento dell’economia. Tuttavia, i sondaggi post-dibattito hanno indicato una leggera preferenza per Harris, soprattutto tra gli elettori indecisi e i giovani, due gruppi demografici cruciali per il successo della sua campagna.
Con le elezioni ormai alle porte, entrambi i candidati stanno concentrando i loro sforzi per mobilitare l’elettorato nei cosiddetti “swing states”, quegli Stati in bilico che potrebbero decidere l’esito della corsa alla Casa Bianca. Harris punta molto sui voti degli elettori non bianchi, in particolare afroamericani, latini e asiatici-americani, che rappresentano una fetta crescente dell’elettorato statunitense. Le dichiarazioni razziste di Trump sugli immigrati potrebbero giocare a suo favore, spingendo queste comunità a votare in massa per i democratici.
Inoltre, Harris sta cercando di galvanizzare il voto giovanile, promuovendo temi come il cambiamento climatico, l’accesso all’istruzione superiore e la riforma del sistema sanitario, questioni particolarmente rilevanti per le nuove generazioni. Gli elettori giovani sono sempre stati tradizionalmente meno inclini a votare rispetto agli elettori più anziani, ma Harris spera di invertire questa tendenza, consapevole che un’alta affluenza giovanile potrebbe essere determinante per la sua vittoria.
Trump, dal canto suo, sta cercando di rafforzare il suo sostegno tra i lavoratori bianchi e gli elettori rurali, enfatizzando i successi economici della sua prima presidenza e promettendo un ritorno a un’America forte e prospera. La sua strategia si basa sul convincere questi elettori che Harris rappresenti una minaccia ai loro valori tradizionali e alla stabilità economica.
Oltre ai temi interni e alle questioni sociali, le elezioni americane del 5 novembre 2024 sono fortemente influenzate anche dalle dinamiche geopolitiche globali, con un focus particolare su due crisi internazionali che stanno rimodellando le relazioni degli Stati Uniti: il conflitto in Medio Oriente, in particolare l’aggressiva politica di Israele sotto la guida di Benjamin Netanyahu, e la guerra in Ucraina. Entrambi questi scenari, che coinvolgono gli Stati Uniti in ruoli cruciali, stanno avendo un impatto significativo sulla campagna elettorale, mettendo alla prova la capacità di leadership e la visione globale dei due candidati, Kamala Harris e Donald Trump.
Il conflitto in Medio Oriente è uno dei temi centrali della politica estera americana, soprattutto alla luce delle recenti tensioni tra Israele e i suoi vicini. Sotto la guida del primo ministro Benjamin Netanyahu, Israele sta portando avanti una politica sempre più aggressiva, con azioni militari estese contro Hamas nella Striscia di Gaza e raid aerei che colpiscono obiettivi in Siria e Libano. Netanyahu, che ha consolidato il suo potere nel corso degli anni, si è dimostrato particolarmente feroce nel perseguire gli interessi di Israele con la forza, spesso ignorando le pressioni internazionali, incluse quelle degli stessi Stati Uniti, loro storico e più forte alleato.
Gli Stati Uniti hanno visto la loro capacità di influenzare la politica israeliana indebolirsi negli ultimi tempi. L’amministrazione Biden ha tentato di promuovere la diplomazia e spingere per una de-escalation, ma senza alcun tipo di successo. Netanyahu ha dimostrato, in questo senso, una crescente indipendenza nelle sue decisioni, ponendo sfide significative alla politica estera americana in una regione già altamente instabile e scommettendo sulla vittoria finale di Trump, che gli potrebbe dare nuovo ossigeno.
Kamala Harris, se eletta, si troverebbe a gestire una relazione complessa con Israele. Pur mantenendo il tradizionale sostegno a Israele, i Democratici sotto la sua guida potrebbero cercare di esercitare una pressione maggiore sul governo israeliano per cercare una soluzione diplomatica alla questione palestinese e frenare l’espansionismo militare. Tuttavia, questa è una posizione che potrebbe alienare alcuni segmenti dell’elettorato filo-israeliano negli Stati Uniti.
Dall’altra parte, Donald Trump ha mostrato un sostegno incondizionato a Netanyahu durante la sua presidenza, con azioni come il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e la negoziazione degli “Accordi di Abramo”, che hanno normalizzato le relazioni tra Israele e alcuni Paesi arabi. Se rieletto è probabile che Trump continui a sostenere Israele senza riserve, consolidando ulteriormente l’alleanza con Netanyahu e promuovendo una politica estera che mette l’accento sulla forza militare e sull’interesse nazionale. Questo potrebbe portare a una ulteriore maggiore instabilità in Medio Oriente, con un rischio di escalation del conflitto a tutta l’area, già carica di tensione.
Un altro tema cruciale per la politica estera americana è la guerra in Ucraina. Sotto l’amministrazione Biden, gli Stati Uniti sono stati uno dei principali sostenitori di Zelensky, fornendo miliardi di dollari in aiuti militari, economici e umanitari per sostenere il governo di Kiev nella sua resistenza all’invasione russa. Biden ha costantemente dichiarato che difendere l’Ucraina significa difendere la democrazia e l’ordine internazionale basato sulle regole e ha lavorato per mantenere una coalizione internazionale unita contro l’aggressione russa.
Kamala Harris ha ribadito più volte durante la sua campagna che, in caso di vittoria, continuerà la linea di sostegno all’Ucraina tracciata da Biden. Harris ha sottolineato che gli Stati Uniti non possono permettere a Vladimir Putin di vincere questa guerra, poiché ciò incoraggerebbe altre potenze autoritarie a seguire lo stesso esempio. Per Harris, mantenere il sostegno all’Ucraina è una questione non solo strategica, ma anche morale, per difendere la libertà e i diritti umani.
Donald Trump, tuttavia, ha una posizione molto diversa sulla questione ucraina. Durante la sua precedente presidenza, il tycoon è stato spesso accusato di avere un atteggiamento troppo accomodante nei confronti di Vladimir Putin e in questa campagna elettorale ha lasciato intendere che gli aiuti all’Ucraina potrebbero essere ridotti o addirittura sospesi in caso di una sua vittoria elettorale. Trump ha più volte criticato l’entità degli aiuti inviati all’Ucraina, sostenendo che questi soldi dovrebbero essere utilizzati per affrontare i problemi interni degli Stati Uniti, come l’immigrazione e la sicurezza nazionale, suoi cavalli di battaglia.
Un’eventuale vittoria di Trump potrebbe avere conseguenze devastanti per l’Ucraina, che rischierebbe di perdere il suo principale alleato occidentale. Questo scenario sarebbe un enorme vantaggio per la Russia, che potrebbe approfittare di un allentamento delle pressioni internazionali per consolidare le sue conquiste territoriali in Ucraina e forse persino estendere il conflitto ad altre aree dell’Europa orientale. La prospettiva di un’America guidata da Trump che si disimpegna dal conflitto ucraino è una delle maggiori preoccupazioni non solo per Kiev, ma anche per i Paesi europei, che vedrebbero aumentare la loro vulnerabilità di fronte all’aggressività russa.
Questi due scenari – il conflitto in Medio Oriente e la guerra in Ucraina – mettono in luce quanto il ruolo degli Stati Uniti sulla scena internazionale sia in bilico, e quanto le elezioni del 5 novembre possano influenzare profondamente gli equilibri globali. Kamala Harris rappresenta la continuità con la politica estera multilaterale e di sostegno agli alleati tradizionali che ha caratterizzato l’amministrazione Biden. Donald Trump, invece, rappresenta un ritorno a una politica estera più isolazionista e transazionale, dove gli Stati Uniti privilegiano i propri interessi diretti e riducono il loro coinvolgimento nelle crisi internazionali.
Mentre Harris cerca di attrarre l’elettorato sottolineando l’importanza del ruolo americano come leader globale e difensore della democrazia, Trump fa leva su una retorica populista che si concentra sul bisogno di risolvere prima i problemi interni, come l’immigrazione, la criminalità e l’economia, mettendo in secondo piano le questioni internazionali.
A meno di un mese dalle elezioni, il risultato è tutt’altro che scontato. Kamala Harris sta giocando le sue carte per ottenere il sostegno delle comunità non bianche e dei giovani, puntando sulla promessa di un’America più giusta e inclusiva. Donald Trump, con il sostegno di Elon Musk, continua a fare leva sulla sua base di elettori fedeli e sul suo messaggio populista di “America First”.
Il primo dibattito ha visto un leggero vantaggio per Harris, ma nelle prossime settimane saranno cruciali i successivi confronti e la capacità di entrambi i candidati di mobilitare i propri elettori. Il 5 novembre, gli americani decideranno il futuro del Paese e queste ultime settimane di campagna elettorale saranno decisive per capire quale direzione prenderanno gli Stati Uniti nei prossimi anni.
Le elezioni americane rappresentano, però, una scelta cruciale non solo per il futuro degli Stati Uniti, ma anche per il resto del mondo. I risultati influenzeranno in modo significativo la politica estera americana e la capacità degli Stati Uniti di gestire crisi come quella in Medio Oriente e in Ucraina.
Questi temi internazionali si intrecciano con le dinamiche interne della campagna elettorale, poiché molti elettori vedono la politica estera come un’estensione della politica interna. Le prossime settimane saranno dunque decisive per comprendere quale delle due visioni prevarrà, ma una cosa è certa: il mondo intero guarda con attenzione, consapevole che il futuro della leadership americana avrà conseguenze ben oltre i confini nazionali.
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