Il mondo dello spettacolo ha da sempre regole strane, comportamenti non sempre decodificabili, logiche incomprensibili. Del resto essere artisti significa non avere schemi, argini e teoriche limitazioni di libertà. Scriviamo teoriche perché quando l’espressione artistica trascina con sé interessi economici, politici e sociali, può capitare – o forse risulta più opportuno scrivere “ capita spesso “ – che l’apparente libertà di espressione sia condizionata, anche platealmente , da fattori non prettamente legati al contesto per cui è sorta.
Re “Amedeo Sebastiani Primo” ha conquistato meritatamente il presidio del regno della televisione di Stato, grazie a un lavoro meticoloso e attento che ha fatto volare share, livello artistico e introiti pubblicitari, a livelli di crescita pressoché irripetibili.
La sua scelta di lasciare la Rai per approdare al canale Nove, emittente del gruppo Discovery Channel, è apparsa ai più un azzardo, un’amara sorpresa, qualcosa di inspiegabile anche se figlia di analoghe decisioni già prese da altri conduttori. Gli altri, però, avevano un peso non confrontabile, almeno dal punto di vista del contributo tangibile in termini di share e di crescita di fatturato pubblicitario. Nell’aspetto strettamente professionale, Fabio Fazio è stato forse l’unico conduttore con cui è cominciato e continua uno slalom parallelo comparativo. Le casse di mamma Rai si sono ubriacate di superamento continuo dei budget e di contratti pubblicitari sempre più ricchi solo con lui, con Re Amedeo Primo.
La notizia della sua decisione di imbarcarsi sulla nuova lussuosa motonave privata, è stata accolta con una certa accondiscendenza da parte di diversi media nazionali. Del resto , che fai, in una schedina in cui il capoclassifica che ha vinto cinque campionati gioca una nuova partita in trasferta, non gli dai due fisso?
E invece.. e invece il passaggio di Amadeus al canale Nove , con il format di “Chissà chi è”, travestimento solo nel titolo del celeberrimo programma “Soliti ignoti”, registra quale unico parente misterioso il pubblico, che supera di poco il 3% di share, mentre Fazio, nella sua puntata domenicale di “Che tempo che fa”, supera tranquillamente il 9%.
La domanda a questo punto sorge spontanea: cos’è successo?
Proviamo a capirlo, perché i numeri , in quanto tali, sono spietatamente indiscutibili. La più evidente sottolineatura va vista guardando la navigazione sicura della nave Rai Uno “Affari tuoi” , che in molti pensavano destinata a una deriva, mai iniziata grazie alla capacità di Capitan Stefano De Martino di tenere a bordo tutti i passeggeri che non hanno trovato motivi validi per preferire di navigare con la “Ama Crociere”.
Risulta evidente, invece, che la formula del programma di Amadeus è consolidata. Troppo consolidata. Il pubblico si è stancato e non solo del programma. Ha abbandonato anche il suo conduttore, troppo presente negli ultimi anni, nonostante l’indiscutibile bravura e il meritato successo. Diciamolo chiaramente: Amadeus è stato così vincente che probabilmente ha pensato di avere creato un suo pubblico, uno zoccolo duro che avrebbe in buona parte accompagnato la sua traslazione di Rete riconoscendolo come entità legata a lui e non a Rai Uno.
Non vogliamo dire che sia stata una scelta egocentrica, perché né l’uomo né il professionista lo meriterebbero di certo, ma risulta evidente che le sue aspettative non fossero queste. Quelle, cioè, di replicare con ancora maggior ridondanza “l’effetto Fazio”, in virtù della grande popolarità conseguita. Dove sta l’inghippo? Perché a Fazio è riuscito il trasloco del treno del riscontro dello stesso programma e a lui no?
La “baudizzazione” di Amadeus
Riteniamo che ci sia una ragione semplice, inequivocabile, chiarissima: Amadeus ha trascurato la sua “baudizzazione”, quel suo essere talmente centrale nello scacchiere delle proposte dei suoi spettacoli, che nel cambio di maglia non ha probabilmente calcolato che i gol di un centravanti arrivano attraverso la costruzione delle azioni di attacco di tutta la squadra. Fazio ha portato con sé, oltre a una trasmissione che ha un format non realizzabile da altri, una squadra che ha indotto il pubblico a seguirla. Frassica, Abatantuono, Luciana Littizzetto, e poi ancora Ubaldo Pantani, Max Giusti, la Signora Coriandoli o Francesco Paolantoni, risultano ingredienti fondamentali per dare gusto all’originalita della proposta.
Per Ama, nemmeno il viaggio in “Suzuki” del “Music Party” ha funzionato. E sotto questo aspetto il nostro ex concittadino aveva compiuto il miracolo che sino a qualche anno fa pareva impossibile da realizzare. Ha spazzato via, dal tailleur dell’elegante Festival di Sanremo, la polvere del tempo che determinava la formazione di un cast di cantanti quasi sempre distanti dal gusto dei giovani, delle radio, dal pop italiano vero.
Lo ha fatto con scelte coraggiose quanto competenti, dai Maneskin in giù. La lontananza tra il Festival e la realtà italiana era abissale e Amadeus, nel quinquennio 2020-2024, ha invece portato tutte canzoni sanremesi nelle top ten annuali, raccogliendo, però, anche l’ottimo lavoro di Claudio Baglioni negli anni precedenti. Ma il crescente consenso dei social e dell’indotto economico per le major discografiche ha portato l’ingerenza delle stesse a livelli sempre più evidenti.
E a nostro avviso con “Music Party” Amadeus ha troppo appoggiato le ambizioni discografiche poggiate su basi del pubblico social che sono totalmente divergenti da quello della platea televisiva. Troppi cantanti noti nell’area hip hop e urban ma sconosciuti ai più. Troppi artisti di dubbio talento e scarsa tecnica. La musica merita qualcosa di più del numero delle cliccate e dei balletti per Tik Tok. E di canzoni dove si suona davvero, non di team seriali che confezionano basi in cassa dritta (grancassa della batteria che picchia con lo stesso ritmo) che finiscono per assomigliarsi se tutte. Ridateci le emozioni!
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