Che cosa può mai andare storto in un concorso di arti circensi? Lo show annuale dell’ “International Salieri Circus Award” di solito si svolge senza incidenti, ma a settembre del 2024 gli organizzatori hanno fatto un passo falso, invitando un ospite russo come membro della giuria.

Difficilmente avrebbe potuto andare diversamente: la giocoliera ucraina Anna Petrenko, nome d’arte Dellart, prima di esibirsi, ha aperto la bandiera nazionale e, per spiegare il suo gesto, ha distribuito dei volantini. Ad aver causato questo gesto plateale è stata la presenza di Maksim Nikulin nella giuria.

Chi è Maksim Nikulin?

Per chi è cresciuto nel mondo sovietico questo cognome è associato saldamente al circo: Yurij Nikulin, il clown più famoso dell’Urss, è stato direttore del Circo di Mosca per 15 anni. Alla sua morte nel 1997 il figlio Maksim ha praticamente “ereditato” l’incarico e lo detiene tuttora. Dal 7 gennaio 2023 un altro dettaglio è stato aggiunto alla biografia di Nikulin-figlio: è entrato nella lista delle persone non gradite in Ucraina, per aver viaggiato ed organizzato show sul territorio ucraino occupato militarmente, oltre ad aver fornito aiuti ai militari.

Forse hanno esagerato? Forse non si è schierato a favore della politica di Mosca? Basta ascoltare le parole dello stesso Nikulin che ha affermava in una recente intervista: “mi hanno insegnato che quando una rissa è inevitabile, bisogna colpire per primo, e noi abbiamo agito così”. Con questo paragone giustifica l’invasione russa, e si vanta di aver organizzato esibizioni dei suoi artisti davanti ai militari al fronte.

Quando la rissa è inevitabile

Poteva una ragazza ucraina condividere il palco con un emissario della cultura russa? Certo che no. E non sarebbe la prima volta: gli artisti ucraini hanno coraggio di far valere le proprie opinioni anche a scapito della popolarità. Si rifiutano di condividere un evento coi russi, anche a costo di avere una premio o una pubblicazione in meno.

Se invece le circostanze impongono di esserci, fanno dei gesti che possano evidenziare il loro disgusto. Basti ricordare il sangue sulla passerella di Cannes a maggio del 2023, con la quale una giovane ucraina ha cercato di ricordare la guerra in corso. Nell’ambito sportivo, uno dei più limpidi esempi è la mancata stretta di mano di Olga Kharlan a luglio del 2023, durante il Campionato mondiale di scherma. Non potendo evitare il combattimento, l’atleta ha negato la stretta di mano all’avversaria, dopo di che è stata squalificata, pur avendo vinto la gara.

Nel post su Instagram il dettaglio del messaggio distribuito al pubblico e causato dalla presenza del giurato russo Maksim Nikulin.

Emissari del regime sui palchi europei

Oltre ai casi più eclatanti, passano in sordina le numerose occasioni in cui gli ucraini preferiscono non esibirsi, pur di non avvicinarsi agli artisti russi, i quali invece non si fanno scrupoli. Calcano i palchi dell’Europa e sostengono il proprio governo.

Grazie a loro, il regime putiniano appare colto e civilizzato, mentre in realtà è l’espressione moderna della barbarie medievale. Dietro la maschera cortese di tanti cantanti, ballerini, pianisti e pittori russi si nasconde una ideologia incompatibile con il mondo democratico.

L’organizzatore del concorso Antonio Giarola, che ha di fatto cacciato Anna Petrenko dal palco dopo che lei ha esposto la bandiera ucraina, ha detto parole più che condivisibili: “il palco è sempre il luogo della libertà” (L’Arena, 1 ottobre 2024). Ma è proprio per questo motivo che non dovrebbero esserci persone che non rispettano la libertà altrui e approvano una violenta invasione del territorio di un paese sovrano.

Il coraggio di chi protesta

L’artista circense Anna Petrenko durante l’esibizione all’International Salieri Circus Award.

Come afferma Giarola, “l’atmosfera che vuole trasmettere il Festival è quella dell’unione e non della divisione”. Dai commenti suoi e dei personaggi del mondo d’arte, riportati dal quotidiano L’Arena il gesto della performer ucraina sembra un immotivato capriccio che spezza l’armonia. Ma la divisione esiste oggettivamente: la Russia ha invaso a tradimento l’Ucraina. Questo fatto non può essere dimenticato o sminuito. Ciò che sfugge agli organizzatori, è che nessun artista è neutro, dal momento che ad esibirsi sono persone, non automi privi di sentimenti e idee. Un ucraino orgoglioso della propria origine non può restare indifferente, trovandosi di fronte ad una persona che sostiene l’invasione militare e quindi approva e le sofferenze e la distruzione che ha causato.

Tale sentimento di indignazione non dovrebbe appartenere solo agli ucraini. Purtroppo molti europei, per abitudine o per una sorta di idealistico malinteso, non capiscono ancora con chi hanno a che fare. Chi ripudia lo spregio delle vite umane e la violazione delle leggi internazionali, che attualmente caratterizzano la Federazione Russa, dovrebbe invece stare dalla parte degli ucraini e rispettare la loro sensibilità. La repulsione dovrebbe scattare sempre di fronte a qualsiasi artefatto d’origine russa, sia esso un missile o un film.

La strategia di guerra ibrida

Si potrebbe obiettare: uno sportivo, una cantante lirica o un circense non uccidono nessuno. Eppure, a prescindere dalla bravura professionale, gli artisti russi sono complici del regime. Per salire alla ribalta nei paesi dittatoriali bisogna collaborare con il regime, integrandosi nel settore dell’apparato repressivo responsabile per il “pinkwashing” dell’immagine del Paese terrorista all’estero.

Dove non esiste la libertà individuale, la vera creatività è soffocata. Tutto è soggiogato ad uno scopo supremo della dominazione, sia lo sforzo bellico che la cultura.

La strategia di abbellimento della propria reputazione tramite la cultura da esportare era usata anche nell’era sovietica: le esibizioni degli atleti o dei ballerini all’estero servivano a mostrare la grandezza dei soviet e coprirne i crimini, distraendo l’opinione pubblica.

Gli artisti russi odierni continuano questa tradizione. Il fatto che siano famosi aggrava la loro responsabilità: se avessero osato protestare, avrebbero forse cambiato le sorti del loro Paese. Ma, salvo rarissime eccezioni, preferiscono unirsi al carrozzone della ideologia guerrafondaia, da bravi combattenti del fronte ideologico della guerra ibrida. Diventano così la “faccia pulita” della propria nazione, usando la propria arte per mantenere i privilegi, elargiti dal regime in cambio della fedeltà.

Complicità passiva con il regime

Alla fine del concorso finanziato con il programma governativo di Art Bonus, “dove si abbracciano diverse culture”, per citare sempre Giarola, al quale hanno preso parte ben 100 artisti, l’argento è stato assegnato (a pari merito con altri artisti) ad un circense russo e il bronzo ad un bielorusso; come se non bastasse, anche il premio della critica e il premio Ansnac sono andati ad altri due circensi russi.

Un giorno tutti i partecipanti dovranno fare conti con la propria coscienza. Per ora, solo gli ucraini cercano in tutti i modi di avvertire il pubblico: “attenti, l’elegante pianista o il grazioso ballerino che vedete sui cartelloni sono in realtà dei veri e propri criminali”.

C’è chi lo grida fuori dal teatro, manifestando con gli slogan in mano, e chi invece lo dice dal podio, amplificando la potenza della propria voce grazie alla visibilità dell’evento. E anche se gli organizzatori spengono frettolosamente i riflettori, la luce della verità arriva nei cuori di chi ha percepito il messaggio.

Il manifesto che l’artista concettuale russo Vadim Zakharov ha esposto all’inaugurazione della Biennale del 2022. La parte finale del messaggio afferma: “Sono qui davanti al padiglione russo contro la guerra e contro i legami culturali del governo russo”. L’immagine è ripresa dal video realizzato da The New Centre for Research & Practice.

©RIPRODUZIONE RISERVATA