Le Destre avanzano in tutta Europa. Non tanto le Destre liberali conservatrici, quanto invece quelle radicali, con radici che affondano nel fascismo e nazismo del secolo scorso.

L’ultimo caso è quello dell’Austria dove l’ Fpö (Freiheitliche Partei Österreich) di Herbert Kickl  é il primo partito con il 28,8% dei consensi. Recentemente in Germania, nei land di Turingia e Sassonia, AfD (Alternative für Deutschland) é risultato essere rispettivamente primo con il 33,1% e secondo con il 30,5%

Risultati simili si sono verificati altrove in Europa, per esempio in Francia, dove al primo turno delle elezioni politiche il Rassemblement National di Marine Le Pen è risultato il primo partito con il 29,2%

Ma se in qualche modo in Austria, Germania e Francia le Destre radicali sono state finora escluse dai vari Governi, in altri sette Paesi dell’Unione Europea partecipano all’esecutivo o addirittura lo guidano: stiamo parlando dei Paesi Bassi, della Croazia, dell’Ungheria, della Finlandia, della Slovacchia, della Svezia e, ovviamente, dell’Italia.

L’Europa si sta preparando a ripetere le terribili vicende della prima metà del secolo scorso? Oggi la democrazia in Europa è molto più solida, ma le cause profonde che portarono allora ai regimi nazifascisti non sono molto dissimili di quelle di adesso.

Le cause profonde del disagio sociale

Adesso come allora, infatti, si assiste ad un generale arretramento delle condizioni di vita sia dei ceti sociali più poveri sia della classe media. Ciò è iniziato a partire dai primi anni ’80 con il neo liberismo economico impersonificato in Gran Bretagna da Margaret Teacher e negli Usa da Ronald Reagan e che ha poi “contagiato” tutto l’Occidente.

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Immagine da Pixabay. Manifestazione contro il Capitalismo

La progressiva liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati, la privatizzazione dei servizi, la globalizzazione, la delocalizzazione delle produzioni industriali, assieme al graduale smantellamento dello stato sociale, hanno generato una diffusa insicurezza economica e un impoverimento del lavoro. Il risultato finale si concretizza in lavoro sottopagato, precariato, lavori “atipici”, part time involontario, con riduzione delle tutele sindacali e sociali.

Adesso come allora, secondo le indagine sociologiche, la base elettorale dei partiti di estrema destra sarebbe composta, in larga misura, da persone con un più basso livello di istruzione. Ma non si tratta solo di livello di istruzione, che peraltro si è innalzato negli ultimi decenni. È venuta meno soprattutto la cultura politica che permetteva di riconoscere e contrastare i meccanismi macroeconomici e finanziari che stanno alla base dell’impoverimento del lavoro.

La colpevolizzazione degli immigrati

Oggi, esattamente come 80 anni fa, si cerca un capro espiatorio in qualche minoranza, cui addebitare la crisi e i problemi sociali esistenti. Oggi sono gli immigrati ad essere colpevolizzati di sottrarre il lavoro agli italiani e rendere le città più insicure. È una scorciatoia che scambia le cause dell’insicurezza sociale con gli effetti della globalizzazione. L’immigrazione è solo l’altra faccia dell’esportazione dello sfruttamento indiscriminato e delle guerre in tanti Paesi industrialmente arretrati, ma ricchi di materie prime strategiche.

Riportare al centro il lavoro e la sua giusta remunerazione è un compito che storicamente apparteneva alla Sinistra politica. Da tempo, tuttavia, questo servizio è stato trascurato, privilegiando invece i diritti civili e gli ideali dell’integrazione europea. Peccato che i diritti civili, pur importanti, poco interessino a chi il lavoro non ce l’ha o pur lavorando rimane ai margini della società. E peccato anche che l’Europa che è andata formandosi, sia in gran parte impegnata a difendere gli interessi della finanza, invece che del lavoro.

Quel 30% di elettori che votano partiti di estrema destra, in gran parte, non lo fanno per motivi ideologici, ma economici. Non sono nostalgici del Ventennio fascista, quanto piuttosto delusi dalle politiche economiche e sociali dei Governi degli ultimi trent’anni.

Da qui bisogna ripartire se si vuole ricostruire una società più equa e difendere la democrazia. D’altronde, almeno per l’Italia, stiamo parlando “semplicemente” dell’art.1 della nostra Costituzione.

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