L’industria automobilistica europea naviga in acque turbolente, tra vendite in calo, richieste a Bruxelles di posticipare gli obiettivi per ridurre le emissioni e tanta incertezza sul mercato, accentuata dalla concorrenza e dalla proposta UE di varare dazi sull’import cinese.  

Come riportano le  statistiche di E-Motus, pubblicate il primo ottobre, nel periodo gennaio-settembre 2024 le immatricolazioni di auto elettriche BEV sono state 47.559, il 3.98% del totale auto vendute, contro le 45.778 del 2023. Una crescita trascurabile del 3.87% ma il mese di settembre ha segnato un + 27.33% rispetto al mese precedente.

Invece le vendite totale di auto nei primi nove mesi di quest’anno sono sì aumentate di 24.800 unità pari a solo il 2.1%, ma preoccupa il vistoso calo  delle immatricolazioni di settembre -11.04% rispetto al mese precedente, dopo il -13,4% di agosto.

Confronto con l’Europa

Motus E Percentuale BEV su parco auto circolante nei paesi europei

Tra i grandi Paesi del Vecchio Continente, l’Italia è l’unico dove la mobilità elettrica fatica a decollare, confermando al nostro Paese il ruolo di fanalino di coda (insieme alla Spagna, ndr) nella transizione alla mobilità elettrica. Le  immatricolazioni full electric BEV nel periodo gennaio-agosto 2024 in Germania sono state sei volte quelle italiane, cinque volte nel Regno Unito, in Francia quattro volte.

Il differente comportamento è amplificato se si considera la quota di mercato delle auto elettriche nei diversi Paesi: Francia 16,8%, Germania 12,72%, Italia 3.8%, Spagna 4.84%,Regno Unito 17.26%. Belgio 25.60%. Mediamente in Europa un’auto su sei vendute è elettrica, mentre in Italia siamo a una su venti. Inoltre il Parco circolante italiano di auto elettriche BEV è di  261.731, meno dell’1% del totale, il più contenuto dell’intero Continente.

Quale futuro?

Appare ormai chiaro che l’industria dell’auto e la mobilità stiano attraversando un periodo storico di profonda trasformazione: il vecchio cerca di resistere al nuovo che avanza. L’auto è sempre meno uno staus symbol.

Il combinato disposto del cambio della tecnologia dal motore endotermico all’elettrico e la progressiva riduzione del numero di  veicoli privati a favore del trasporto pubblico mettono in difficoltà le aziende automotiv e i loro dipendenti.  

L’industria dell’auto deve dismettere i vecchi apparati produttivi e, immaginando un nuovo inesplorato mercato, adattandosi alle nuove tecnologie. I recenti annunci di Volkswagen, relativi alla dismissione di alcuni stabilimenti in Germania,  le difficoltà di Stellantis, la cui produzione in Italia nel terzo trimestre è calata 31,7% obbligando alla cassa integrazione gli stabilimenti di  Termoli, Mirafiori e Cassino, e i tonfi in borsa di diversi titoli automobilistici sono solo alcuni dei segnali inequivocabili della radicale trasformazione in atto.

Il nuovo viene inoltre bloccato. Il progetto per costruire una Gigafactory di batterie  a Termoli, portato avanti dalla joint-venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies (Automotive Cells Company, ACC), non potrà più contare sui fondi del Pnrr.

Previsioni                                                 

Con lo studio “Il futuro della mobilità elettrica in Italia @2035”, presentato questa settimana a Roma da Motus-E e PwC Strategy&, in occasione dell’evento “Il futuro della mobilità elettrica. Il futuro dell’Italia”, sono stati resi disponibili i numeri sullo stato e le prospettive della mobilità elettrica in Italia.

Sapendo che alla fine di quest’anno saranno in circolazione poco meno di 300 mila auto elettriche, la stima degli esperti indica un massimo (scenario accelerato) di 3,6 milioni di veicoli elettrici (Bev) venduti nel 2030 (10,4 milioni nel 2035)  e un minimo (scenario conservativo) di 2,6 milioni di veicoli elettrici nel 2030 (8,6 milioni nel 2035). Un salto nelle vendite di quasi 10 volte quelle attuali, in poco più di cinque anni!

Però, se le previsioni di Motus-E sono corrette, l’Italia non raggiungerà gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti nei trasporti indicati nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) da poco inviato dal Ministro Gilberto Pichetto Fratin a Bruxelles, in cui le previsioni sono sensibilmente superiori. Il ministro per il 2030 si aspetta di avere 4,3 milioni di veicoli BEV circolanti.

Una stima del Ministero che ipotizza un salto di circa 14 volte quello delle vendite attuali. Il ministro non ha spiegato ancora,, però, come supportare il suo obiettivo non compreso dagli operatori dell’auto.

Si muove il Ministro Urso

La situazione è molto seria e la confusione regna sovrana. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ponendosi sulla difensiva, è corso a Bruxelles a chiedere di procrastinare il blocco della vendita di auto endotermiche al 2035 e l’imposizione di dazi doganali all’importazione delle auto elettriche dalla Cina.

Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso

Sulla revisione del blocco al 2035 il ministro non solo ha trovato la porta chiusa dalla commissione europea, ma anche la contrarietà di un gruppo di cinquanta aziende e produttori di auto, coalizione Industry for 2035, tra cui spiccano Uber, Tesco, Volvo e Ikea. In una lettera indirizzata ai vertici UE, chiedono di mantenere la scadenza del 2035 per il divieto dell’immissione in commercio di automobili a benzina e diesel.

Sui dazi doganali si è trovato un controverso compromesso. I dazi sulle auto elettriche cinesi per le tre case automobilistiche cinesi prese a riferimento, al 10% già in vigore, si aggiungono 17% per BYD, 19,3 per Geely, 36,3 per SAIC. Per Tesla trattamento opposto: una riduzione dal 9 passa al 7,8%.

Scelta che arriva nonostante la contrarietà delle case automobilistiche tedesche, da Volkswagen a Bmw e Mercedes, del sindacato IG Metall e dei consigli di fabbrica delle principali case automobilistiche tedesche. I dazi potrebbero avere impatti negativi sui consumatori e sulle stesse aziende europee.

«Noi siamo contrari ad ogni ipotesi di “guerra commerciale”», dicono le aziende Industry for 2035 «e lavoreremo insieme per evitarla. Occorre preservare la partnership industriale e commerciale con la Cina con cui vogliamo continuare a lavorare in una logica win-win basata sul principio della reciprocità anche ai fini della stabilità economica globale.»

E la Camera di Commercio cinese presente a Bruxelles ha espresso una forte insoddisfazione nei confronti dell’Europa, per aver promosso misure che sono state definite di “protezionismo commerciale”. Una discrepanza fra politica e mondo dell’auto che non lascia ben sperare.

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