Dieci ore e trenta minuti. Questo è il tempo impiegato dalle autorità marittime per eseguire, lo scorso 17 settembre, una visita ispettiva sulla Mar Jonio, la nave – ex rimorchiatore – che Mediterranea Saving Humans utilizza per effettuare salvataggi di persone in mare. Unica nave civile battente bandiera italiana impegnata nel soccorso in mare.

Un tempo enorme per la visita definita straordinaria dalle autorità stesse, una durata intimidatoria, eseguita dal Sesto Reparto del Corpo delle Capitanerie di Porto, organo del Ministero delle Infrastrutture, che, come raccontata l’equipaggio del Mar Jonio, è stata estremamente lunga, particolarmente dura e snervante, oltre che faziosa e capziosa come mai, in esperienze passate.

Da questa ispezione non è emerso alcuna trasgressione da parte di Mediterranea, ma ne è sortito l’ordine, dettato dal Ministero presieduto da Matteo Salvini, di bloccare immediatamente la navigazione della Mar Jonio. Nella relazione finale è specificato che la nave potrà riprendere a navigare solo dopo aver eliminato tutti gli accessori, fissi e mobili, utili al soccorso in mare, ovvero l’unico scopo della nave dato che il Registro Navale Italiano certifica la Mar Jonio come nave di soccorso. Inoltre, è stato intimata la possibilità che la Mar Jonio possa perdere definitivamente questa certificazione.

L’assurdità dell’ordine contravviene lo scopo per cui naviga la Mar Jonio e contravviene ogni legge della navigazione, che vuole che ogni imbarcazione, per essere autorizzata a uscire in mare, debba tassativamente essere fornita di dotazioni di salvataggio. Inoltre contravviene la Convenzione di Amburgo del 1979, che obbliga qualsiasi imbarcazione a prestare soccorso in caso di necessità.

Tutto questo avviene mentre vi è già un contenzioso aperto tra Mediterranea e Salvini, come precisa anche Luca Casarini nella conferenza stampa effettuata il giorno seguente la visita ispettiva. «Contenzioso che nasce dal ricorso effettuato da Mediterranea a seguito di un precedente blocco imposto alla Mar Jonio e su cui il tribunale che ha in carico il ricorso non si è ancora espresso», aggiunge Casarini.

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I due ordini, sia quella di effettuare la visita eccezionale che il relativo esito, vanno ancora una volta a confermare la volontà di Salvini di ostacolare, anzi bloccare, l’operato delle ONG che effettuano salvataggi in mare, criminalizzando la componente civile della società impegnata nell’attivismo e nel volontariato del soccorso dei migranti. Quasi un accanimento, dato quanto avvenuto nell’estate del 2019 quando Salvini, allora Ministro dell’Interno del primo Governo Conte, impedì alla nave battente bandiera tedesca, Open Arms, di entrare in alcun porto italiano, costringendo 147 persone a restare per ben 19 giorni in mare aperto, nonostante la presenza a bordo di minorenni, di bambini, di persone in stato di salute precaria e una situazione igienico-sanitaria diventata ogni giorno più critica.

Quello fu il primo ordine dato da Salvini a seguito dell’emanazione del “Decreto Sicurezza Bis”, varato qualche giorno prima, decreto che permetteva al Ministro dell’interno di “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nelle acque territoriali italiane per ragioni di ordine e sicurezza”. Decreto molto dubbio da un punto di vista legale e che ha portato Salvini a un processo che è ancora in corso e per cui è stata chiesta una condanna a sei anni.

«Questo attacco senza precedenti verso la flotta civile va inquadrato in una vera e propria vendetta di Stato», afferma Beppe Caccia, storico attivista di Mediterranea. Una vendetta come reazione rispetto alle richieste fatte dai pubblici ministeri di Palermo rispetto al caso della Open Arms, rispetto al contenzioso pendente tra Salvini e Mediterranea, rispetto alla solidarietà che riceve sovente Mediterranea da parti di enti e associazioni, da parte di tantissime persone e anche da parte di Papa Francesco stesso, soltanto alcune settimane fa.

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La visione di una vendetta di Stato rende la visita e il blocco della Mar Jonio ancora più grave e inquadra questo governo sotto una luce di prepotenza, rendendo il tutto di una gravità assoluta e molto preoccupante, ma perfettamente in linea con l’ultimo “Decreto Sicurezza 1660”, emanato pochi giorni fa, che vuole reprimere il dissenso nelle sue più svariate forme, anche quelle più pacifiche. Del resto agli occhi di questo Governo, il continuo tornare in mare da parte di Mediterranea (era in corso la diciottesima missione) appare appunto una forma di dissenso che va necessariamente punita e fermata.  

Un dissenso insopportabile, data la necessità impellente del Ministro Salvini di difendere i confini italiani, come ha affermato più volte lui stesso. Confini che, a quanto pare, sono per lui più importanti della vita degli esseri umani che rischiano di annegare in mare. La difesa dei confini al costo della vita degli ultimi.

Una difesa ad oltranza, quella di Salvini, che nei suoi ruoli di ministro, prima dell’Interno e ora delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha applicato solo blocchi navali, chiusura di porti, visite ispettive straordinarie e intimidatorie. Avrebbe potuto, al contrario, creare leggi che vanno a gestire il flusso migratorio che va avanti da decenni, quello che dall’Africa e dal Medio Oriente scorre verso l’Europa. Un flusso di persone disperate, che scappano da guerre, da dittature e dalla fame, che chiedono soltanto una gestione umana e non disumana, come sta invece avvenendo in questi anni.

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Tutto questo avviene in un momento tragico per il Mar Mediterraneo, dove il numero di morti nel 2024 ha superato le 1500 persone. Il tratto centrale del Mediterraneo, dove appunto opera Mediterranea Saving Humans, è considerato tra le rotte migratorie la più letale del mondo, in termini di numero di morti e dispersi: circa 30mila soltanto negli ultimi 10 anni. Mediterranea con la Mar Jonio dal 2018, ovvero da quando è nata e opera in questo tratto di mare, ha salvato la vita ad oltre 2000 persone.

Nonostante questi numeri e nonostante le stragi, prevale ancora la politica dei porti chiusi, dei blocchi navali e delle visite intimidatorie. Atti che hanno portato e porteranno a nuovi morti, alla replica di stragi come quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013 (di cui oggi ricorre l’anniversario) con quasi 400 morti, come la strage di Cutro dello scorso anno, con 94 morti di cui 35 bambini, e tutte le altre stragi che passano spesso in sordina, ma che avvengono tutti i giorni nei nostri mari.

Quando arriverà la prossima strage, quando vedremo altri morti accatastati sulle nostre spiagge, saremo ben consapevoli di chi ha lottato in mare per impedire che queste stragi avvenissero e, consapevoli di chi invece, tramite leggi e ordini disumani, non ha fatto nulla per impedirle.

Nel momento in cui vi scriviamo la Mar Jonio è ancora ferma per via del blocco amministrativo imposto mentre in mare continuano i naufragi.

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