La giunta comunale ha approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica per mettere in sicurezza sismica il sacello rupestre dei santi Nazaro e Celso, importante edificio di culto della città, oggi sconsacrato. L’intervento, finanziato con fondi dell’Unione Europea nell’ambito del Pnrr-Sicurezza sismica nei luoghi di culto, verrà ultimato per il mese di dicembre 2025 e rappresenta un ulteriore tassello che rigenererà il quartiere di Veronetta, ampliando l’offerta di siti culturali.

Saranno effettuati interventi di consolidamento e miglioramento sismico individuati attraverso indagini strutturali e geologiche, mediante un progetto in 3d digitale fornito dal dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona.

Collocato a breve distanza dalla chiesa dei santi Nazaro e Celso (XVI secolo), il sacello si trova ai piedi del Monte Castiglione, altura in roccia tufacea che delimita l’area urbana e rappresenta per Verona un valore storico ed artistico notevole.

Oggi è raramente aperto al pubblico perché inglobato all’interno dell’Istituto professionale Giorgi ma, una volta messo in sicurezza, l’intento è di renderlo accessibile a cittadini e turisti attraverso un percorso di accesso dal vicino scalone XVI ottobre, che conduce all’Alto San Nazaro. Verrà quindi recuperato l’antico percorso utilizzato un tempo dai fedeli, e inoltre saranno interamente valorizzate grotte e cavità rupestri circostanti.

Unica testimonianza veneta di architettura sacra rupestre

Si ritiene che il monumento, unica testimonianza veneta di architettura sacra rupestre paleocristiana, risalga al VI-VII secolo d.C, in cui si trovava un altare collocato al centro della parete di fondo del presbiterio. I due cicli di affreschi, celebrati nel Settecento dal letterato Scipione Maffei, furono recuperati nel 1963-64 e sono attualmente conservati al Museo degli Affreschi G. B. Cavalcaselle.

La grotta presentava un vano a pianta quadrata coperto da una volta a botte, fiancheggiato da due vani rettangolari anch’essi voltati a botte. Le pareti di questo ambiente erano ricoperte da due strati sovrapposti di affreschi; il più antico recava un’iscrizione datata 996 di cui al museo si possono ammirare cinque frammenti.

I primi due raffigurano degli angeli, il terzo mostra un Cristo benedicente mentre sulla parete vicina due teste di santi entro clipei e un volto femminile, forse di Madonna. L’autore, o forse gli autori, vista la complessità del ciclo originario, utilizzano un colore intenso e vigoroso, reso perfettamente nei tratti fisiognomici, soprattutto gli occhi, enormi e sbarrati sotto l’arcata del sopracciglio. Il secondo strato, più tardo di circa due secoli, dispone di una documentazione più dettagliata.

Il rapporto con il monastero benedettino

Nella sala del museo è esposto il Cristo benedicente, decorante la volta del sacello, mentre altre due pareti sono state ricomposte con i frammenti superstiti. Nella prima compaiono i santi Nazaro e Celso che affiancano l’arcangelo Michele, mentre la seconda mostra i Santi Pietro e Paolo. La tradizione pittorica attinge alla pittura a mosaico veneto-bizantina e alla miniatura romanica di area tedesca.

Le vicende di questi dipinti si legano alle sorti del vicino monastero benedettino dei Santi Nazaro e Celso (XI sec. d.C), affrescato nel 1517 dal pittore veronese Francesco Morone, che realizzò tondi con figure di quattro Evangelisti. La ricostruzione dell’edificio nella prima metà del XV secolo comportò una mutilazione della cappella rupestre: la situazione di decadenza fu aggravata dalla soppressione del monastero, avvenuta agli inizi del 1800.

Successivamente fu utilizzato a scopi privati durante il secolo scorso: prima fabbrica di sapone, poi deposito di pollami, mentre durante la Seconda Guerra Mondiale la grotta ospitò un rifugio antiaereo.

Il recupero, se unito alla restituzione ai veronesi di un’altra realtà storica importante come il Palazzo Bocca-Trezza, rappresenta un tassello importante per il quartiere, che ha visto rinascere la Provianda di Santa Marta ed il Bastione delle Maddalene, complessi monumentali del periodo asburgico, i quali, oltre a costituire luoghi di aggregazione per la comunità, ospitano numerose mostre ed eventi culturali di livello.

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