Le stelle cadenti durano un secondo, ma illuminano la notte. Lo sai perfettamente che, in fondo, si tratta solamente di qualche meteorite. Un pezzo di roccia proveniente da chissà dove che attraversa il cielo, eppure continui a spenderci sguardi all’insù e desideri.

Le stelle cadenti di solito arrivano ad agosto inoltrato. Nell’estate del 1990, invece, la più improbabile delle meteore ha illuminato i cieli e le televisioni d’Italia con quasi due mesi d’anticipo.

Le Notti Magiche di Italia ‘90 sono patrimonio emotivo di intere generazioni di italiani, calciofili o meno. Si portano dietro centinaia di storie di sport, società e sogni di campioni, ma è inutile nascondersi dietro a un dito. Quelle saranno sempre le notti di Salvatore Schillaci. Totò ci ha lasciato poche ore fa, vinto da un tumore al colon, ma quelle luci nel cielo non le ha mai dimenticate nessuno.

Di solito si utilizza il termine “meteora” per quei giocatori che ballano sulla scena del grande calcio per una stagione o poco più, lasciando dietro di loro scie di rimpianti. Può sembrare paradossale, quindi, definire così un professionista con più di 400 partite tra i professionisti e gol segnati fino in Giappone. Eppure la stella di Totò Schillaci non ha mai brillato come in quei ventinove giorni compresi tra il 9 giugno e il 7 luglio 1990.

Sette partite e 6 gol per ricoprire di polvere magica certe notti. Vale la pena ricordarle tutte.

9 giugno, Italia – Austria: 1 – 0

Schillaci segna all’esordio contro l’Austria (fotogramma RAI)

L’esordio azzurro in un Olimpico colorato a festa. L’Italia è l’ombelico del mondo del pallone, solo l’anno prima abbiamo portato squadre in finale in tutte le coppe europee. Talenti generazionali e il Milan di Sacchi come visione sul futuro. Vincere il Mondiale in casa è più di una speranza e, come da tradizione, quando le aspettative solo alte, il nostro approccio è “ingolfato”.

Le ondate azzurre si infrangono sulla difesa austriaca finché Azeglio Vicini, al 75esimo, sostituisce Carnevale con l’esile attaccante siciliano della Juventus. Tre minuti dopo Vialli fugge sulla destra, mette in mezzo un cross teso, la capoccia del numero 19 azzurro sbuca in mezzo ai due centrali e picchia in porta la rete decisiva. Lo stadio esplode. Salvatore Schillaci diventa, per tutta Italia, Totò.

19 giugno, Italia – Cecoslovacchia: 2 – 0

Giannini ha piegato gli USA nella seconda partita del girone e l’Italia è già qualificata per gli ottavi di finale. Dopo una decina di minuti, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il Principe schiaccia a terra un sinistro sporco. Schillaci, complice l’immobile difesa cecoslovacca, si fionda sul pallone vagante in mezzo all’area e, da pochi passi, batte Stejskal. Nella ripresa la scena se la prende Roberto Baggio che, dopo essersi portato dietro mezza difesa, segna la rete più bella del Mondiale.

25 giugno, ottavi di finale, Italia – Uruguay: 2 – 0

Schillaci scaglia il tiro del vantaggio contro l’Uruguay (fotogramma RAI)

Dopo tre vittorie l’entusiasmo in tutto il paese è alle stelle. L’Uruguay davanti ha Fancescoli e Fonseca, sostenuti da nove onesti gregari, e ci rende la vita più difficile del previsto. Al minuto sessantasei Aldo Serena prolunga una palla proveniente dalle retrovie.

Schillaci taglia davanti alla difesa e, senza nemmeno pensare a uno stop, lascia partire un sinistro di prima intenzione che finisce sotto la traversa, incenerendo Alvez. Di gran lunga la sua perla più scintillante. Serena chiuderà l’opera qualche minuto dopo.

30 giugno, quarti di finale, Italia – Eire: 1 – 0

All’Olimpico arriva la squadra più scorbutica del Mondiale. L’Irlanda di Jack Charlton è arrivata fino a qui a suon di pareggi e nel turno precedente si è sbarazzata ai rigori della Romania. L’Italia è nettamente più forte, ma la partita è bloccata. Una di quelle gare che, solitamente, necessitano di un episodio per stapparsi. Accade al 38esimo. Dopo un’elaborata azione azzurra, Donadoni scocca dal limite un tiro non irresistibile, che però Bonner respinge goffamente. La palla potrebbe andare in cento direzioni diverse, finisce invece dritta tra i piedi di Schillaci (posizionato ben fuori dallo specchio della porta), che appoggia in rete. Con la difesa che abbiamo, basta questo gol a spedirci in semifinale, a Napoli.

3 luglio, semifinale, Italia – Argentina: 1 – 1 (3 – 4 dcr)

Stadio San Paolo, l’ultimo ostacolo prima della finalissima è l’Argentina guidata da Maradona che, qualche settimana prima, ha guidato i partenopei al secondo scudetto della loro storia. Diego alla viglia incendia l’ambiente, ma bastano 18 minuti a un uomo che, in quei giorni, sembra baciato dal destino. Giannini si infila centralmente, Vialli colpisce al volo, il portiere respinge corto e Schillaci, di stinco, sembra spianarci la strada. Nel cammino mondiale non abbiamo ancora subito un gol quando, a metà ripresa, Caniggia di testa anticipa Zenga in uscita. La paura blocca i muscoli azzurri, l’Argentina resiste fino ai rigori e Goycochea ne para due. Il sogno svanisce.

7 luglio, finale 3° posto, Italia – Inghilterra: 2 – 1

La cronaca racconta di un rigore conquistato e realizzato da Totò, che fa sua la classifica marcatori. Piattone morbido, Shilton si butta sulla destra, la palla finisce nell’altro angolo. Schillaci alza le braccia al cielo, ma la luce negli occhi non è più quella di prima. Al pareggio di Platt risponde la classe di Roby Baggio, e l’Italia si mette al collo la medaglia di bronzo.

Il rigore di Schillaci contro l’Inghilterra (fotogramma RAI)

Il Mondiale casalingo doveva incoronarci di fronte al globo, invece sarà il manifesto delle possibilità sprecate e delle problematiche irrisolte. Il Paese esaurirà la spinta propulsiva degli anni precedenti, Tangentopoli metterà fine alla Prima Repubblica, rivelando la fragilità e le collusioni che stanno minando le fondamenta dell’intera società. Nel calcio, a livello di Nazionale, si inaugura un decennio di delusioni dagli 11 metri. Come movimento, invece, saremo padroni ancora per qualche anno, prima di cedere il passo e ritrovarci, spesso, a giocare ancora dentro gli stessi stadi di allora.

Di quell’estate ci rimangono le immagini. Le braccia e gli occhi spalancati. Increduli. Gli occhi di chi, forse, non ha mai nemmeno capito come certi palloni siano potuti entrare. Che tutto questo stia realmente accadendo.

Le Notti Magiche erano un tempo sospeso tra sogni di gloria e abisso di sconforto. Totò Schillaci ci ha fatto danzare sul filo, urlare, immaginare e, infine, disperarci su quello specchio infranto. È l’uomo che ci ha fatto emozionare. Anche se avevi solo 4 anni e i volti dei tuoi genitori erano un libro aperto. Perché di pallone capivi poco, ma le stelle comete, quelle sì, le conoscevi.

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