Gli italiani gettano nella pattumiera sempre più cibo. Lo spreco di prodotti alimentari nel nostro Paese è cresciuto nel 2024 del 45,6 per cento. Mediamente ognuno di noi butta settimanalmente nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo. Nei primi cinque posti dei cibi più sprecati troviamo la frutta fresca (27,1 grammi), le verdure (24,6 grammi), il pane fresco (24,1 grammi), le insalate (22,3 grammi), cipolle/aglio/tuberi (20 grammi). Tutti prodotti principe della dieta mediterranea.

A mettere questi dati nero su bianco è il Rapporto internazionale Waste Watcher 2024, “Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall’analisi all’azione”, curato dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos presentato il 16 settembre a Roma. Uno studio che ha voluto anche attirare l’attenzione del prossimo G7 Agricoltura sul tema del “fine vita” dei prodotti alimentari.

Quali cause?

Tra le cause che hanno determinato l’aumento dello spreco alimentare in Italia, vi sono alcuni elementi critici, evidenziati dal Rapporto, che non dipendono dal comportamento delle singole persone, ma piuttosto dalla scarsa qualità dei prodotti acquistati. Il 42 per cento degli intervistati individua, infatti, la causa dello spreco nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora il 37 per cento sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi.

Vi sono poi alcuni comportamenti errati dei consumatori che portano allo spreco. Più di un terzo degli italiani (37 per cento) dimenticano gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino, solo il 23 per cento è disposto a programmare i pasti settimanali. Il 75% poi non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli.

«In Italia l’incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante, non solo per l’aumento percentuale rispetto all’analoga rilevazione del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, come un abbassamento della qualità dei prodotti acquistati», afferma Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher International – Campagna Spreco Zero, Università di Bologna. «Gli italiani hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull’educazione alimentare. L’Italia può beneficiare”, prosegue Segrè, “delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre.»

Professor Andrea Segré

Per quanto riguarda la geografia nazionale dello spreco, emerge che il Sud e il Centro sono le aree dove è maggiore con un più 9 per cento rispetto alla media nazionale – al Sud 747 grammi pro capite a settimana, al Centro 744 grammi pro capite -, mentre il Nord è relativamente più virtuoso con un meno 11 per cento sempre rispetto alla media nazionale, che corrisponde a 606,9 grammi pro capite.

Sulle strategie per contrastare il fenomeno, nel Rapporto si legge che gli italiani mostrano una disponibilità marcata ad adottare comportamenti anti-spreco: l’87 per cento è disposto a congelare i cibi, l’86 per cento a utilizzare il cibo appena scaduto se ancora buono e solo il 29 per cento delle persone intervistata conserva il cibo avanzato cercando ricette creative per riutilizzarlo.

Lo spreco alimentare nei Paesi del G7

In vista del prossimo G7 Agricoltura che si terrà a Siracusa dal 26 al 28 settembre, il Rapporto ha sviluppato un focus sui Paesi membri, soprattutto nell’ottica di comparare le buone pratiche e condividere esperienze reciproche per la prevenzione dello spreco alimentare. Tra quelle da segnalare la legge francese Garot del 2016 che ha vietato ai supermercati di distruggere il cibo invenduto, aumentando significativamente le donazioni alimentari con una conseguente riduzione dello spreco. 

«In anni di inflazione alimentare e contrazione dei consumi», commenta Matteo Vittuari, Università di Bologna, Coordinatore del report internazionale Waste Watcher, «i Paesi del G7 hanno mostrato crescente attenzione verso lo spreco alimentare anche dalla parte delle politiche pubbliche declinate soprattutto nella forma di campagne informative. Le rilevazioni dell’Osservatorio Waste Watcher International ci suggeriscono che tra le principali iniziative messe in campo a livello individuale quelle più diffuse sono relative ad aspetti motivazionali, grazie a un aumento della consapevolezza, e organizzative come la maggior attenzione alla pianificazione degli acquisti, alla gestione dei prodotti freschi e al consumo del cibo prossimo alla data di scadenza. Anche chi ha tradizionalmente messo in atto campagne informative molto strutturate come la Gran Bretagna continua a investire nella diffusione di pratiche base come la preparazione della lista della spesa.»

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