Film Festival della Lessinia: un’edizione trenta… e lode!
A qualche giorno di distanza dalla chiusura della manifestazione dedicata al cinema di montagna, intervista al fondatore e direttore artistico Alessandro Anderloni.
A qualche giorno di distanza dalla chiusura della manifestazione dedicata al cinema di montagna, intervista al fondatore e direttore artistico Alessandro Anderloni.
Si è chiusa domenica sera a Bosco Chiesanuova (Verona) la trentesima edizione del Film Festival della Lessinia, la manifestazione dedicata al cinema di montagna. Un’edizione, questa, che ha superato ogni più rosea aspettativa, sotto tutti i punti di vista: per la qualità dei film proposti, per gli splendidi incontri della rassegna “Parole Alte”, per le suggestive escursioni, i laboratori, gli eventi musicali, l’offerta culinaria, la proposta per i più piccoli. E molto, molto altro.
Sono stati dieci giorni di pura festa per gli occhi e soprattutto per l’anima di chi ha partecipato ai vari eventi, che mia come questa volta sono stati partecipati e apprezzati. Da chi? Dalla gente dei luoghi e dalla gente in vacanza in Lessinia, ma anche (e soprattutto) dalla gente che è arrivata di volta in volta da Verona, sobbarcandosi 40 minuti di curve e salite, oltre ai turisti provenienti da altre parti del Veneto, dal resto d’Italia e persino dall’estero, per uno scambio culturale intenso, in costante evoluzione.
La Giuria internazionale – composta da Dorottya Zurbó (Ungheria), Fredo Valla (Italia), Frode Fimland (Norvegia), Fulvio Mariani (Svizzera) e Tamara Stepanyan (Armenia) – ha assegnato a Where we used to sleep (Germania 2024) del regista Matthäus Wörle la Lessinia d’Oro, il massimo riconoscimento della rassegna cinematografica internazionale dedicata a vita, storia e tradizioni in montagna. A vincere la Lessinia d’Argento per il miglior lungometraggio è stata l’opera prima della regista Macu Machín, La hojarasca (Spagna 2024), mentre il Lessinia d’Argento per il miglior cortometraggio a Khalil (Iran 2024), del regista e produttore iraniano Seyed Payam Hosseini presentato in anteprima mondiale al Festival, film che si è aggiudicato anche il riconoscimento da parte della Giuria MicroCosmo del Carcere di Verona.
Il lungometraggio Nessun posto al mondo (Italia 2023) della regista italo-tedesca Vanina Lappa si è aggiudicato il Premio della Giuria, mentre menzioni speciali sono andate al lungometraggio Un pasteur (Francia 2024) di Louis Hanquet (che si è aggiundicato anche l Premio del Parco della Lessinia e il Premio del Pubblico) e al documentario La raya (Messico 2023), presentato anche questo al Festival in anteprima italiana, della regista Andalusia Knoll Soloff.
Il Premio al Futuro per il miglior film di un regista giovane concesso dal Curatorium Cimbricum Veronense in memoria di Piero Piazzola e Mario Pigozzi, è stato vinto da The children behind Zalaga (Egitto, Germania 2023) del documentarista Karim Ali. Il Premio Montagne Italiane per il miglior film della sezione Montagne Italiane, assegnato dalla Cassa Rurale Vallagarina, è andato all’opera cinematografica Pascolo vagante (Italia 2024) di Bruno Zanzottera. Una menzione speciale del Premio Montagne Italiane ha premiato il cortometraggio Piccola cosa (Italia 2023) della regista Mila Costi.
Il Green Planet Movie Award è stato attribuito a Don Benjamín (Spagna, Bolivia 2024) del documentarista Iván Zahinos, mentre il Premio dei bambini è andato a The wolf of custer (Regno Unito 2023) di Tanya J. Scott.
Di questo e molto altro ne parliamo con l’ideatore, fondatore e direttore artistico del Film Festival della Lessinia, lo scrittore, regista e attore Alessandro Anderloni.
Anderloni, è finita da qualche giorno la trentesima edizione. Quali sono le sensazioni che vi portate dentro?
«Ero ottimista fin dai primi giorni, ma non pensavo che potessero reggere i numeri del primo fine settimana. Invece nel corso dei dieci giorni c’è stato un altissimo afflusso di visitatori e spettatori. Il grado di interesse e partecipazione è stato costantemente alto. Mai prima ci sono stati dibattiti così lunghi e ricchi di domande, sia nella sala proiezioni dopo i film sia nel corso degli incontri “Parole Alte”. Abbiamo avuto quest’anno moltissimi registi e probabilmente è l’edizione che ha ospitato il maggior numero di registi nella nostra storia, con provenienze da ogni dove: dall’Europa all’Egitto, dal Sudamerica alla Russia. Abbiamo avuto anche un regista dalla Cina e ne aspettavamo un altro dall’Iran, che purtroppo però non è riuscito ad arrivare in Italia perché fermato – e non sappiamo ancora bene il perché – in Qatar. C’è stato davvero il mondo. Mi consola e mi conforta constatare come ancora una volta chi arriva in Lessinia si senta a casa, si senta dentro un luogo pensato per raccontarsi, stare insieme, condividere e vivere insieme. E questa è una grande felicità.»
Avete assegnato come ogni anno i vostri premi. Quali sono stati i criteri delle varie giurie?
«Intanto esprimo soddisfazione perché ho visto fra i premiati alcuni che hanno un motivo speciale, benché tutti i film della selezione per me meritino un premio. Il primo premio, il Lessinia d’Oro, è stato dato a un giovane alla sua prima opera, una tesi di laurea, nella quale indaga su temi inconsueti: la lotta per sopravvivere nella propria terra, ma stavolta non siamo di fronte a una migrazione per motivi di lavoro o per guerre, etc. , ma alle prese con un lago inquinato e tossico, frutto di una scellerata campagna di insediamenti industriali sulle montagne della Romania e che letteralmente ha coinvolto un villaggio, i cui abitanti sono costretti a lasciare le proprie terre. Nella protagonista Valeria emerge l’attaccamento, la tenacia, la sofferenza di dover abbandonare una casa che per lei è tutto. Quando lei viene trasferita al nuovo villaggio lei dice, in maniera molto emblematica, “qui non c’è nulla da vedere”. Il regista, con poco più di vent’anni, ha già una base da cui partire e proseguire nella sua carriera. L’ha sottolineato lui stesso al momento della premiazione, che questo riconoscimento, il primo della sua carriera, non lo dimenticherà mai.
Mi ha dato anche molta soddisfazione vedere premiato un film egiziano di un regista anch’egli giovanissimo, che riceve il Premio al futuro. Racconta la storia dei bambini che, distaccandosi da piccoli dalle famiglie, corrono le gare di cammello. È stato toccante. Ho ancora in mente le immagini del film iraniano “Khalil”, storia di questo bambino che arriva a scrivere a Dio dopo che il padre muore e cerca in qualche modo di scusarsi perché pensa di aver mancato nei confronti di suo papà. Un film che ha la poesia di quella terra e che ha come protagonisti i bambini e gli adolescenti. Sono state, queste, le storie più frequentate al Festival e non è certo un caso. Però va detto che ogni anno, ogni edizione, i premi mettono in luce alcuni film, ma è la selezione, le visioni, quanto viene visto giorno per giorno, il programma, ad essere davvero il valore aggiunto. Penso, infatti, che per il nostro pubblico saranno anche molti altri i film che rimarranno nella memoria.»
Sono stati tanti i momenti da ricordare di questa manifestazione: dal bagno di folla con Paolo Rumiz al collegamento in diretta con le donne che vivono nel carcere della Giudecca, all’incontro con Gigliola Cinquetti fino ai tanti momenti musicali…
«Cerco di fare sempre in modo che ogni momento risulti speciale e che venga riempito di attenzione e di significato. Dall’escursione all’alba al laboratorio culinario, dal grande ospite fino al piatto gourmet di mezzanotte. Credo che ogni momento di questo festival faccia parte di un affresco che non sarebbe lo stesso togliendo alcuni colori o alcune ombre. Ho in mente alcuni di questi eventi. Certamente la travolgente orazione sull’Europa di Paolo Rumiz, l’affetto di Giorgio Diritti verso un Festival che lui stesso riconosce aver dato un grande spazio al raccontarsi e al raccontare. La dolcezza di Gigliola Cinquetti, che abbiamo scoperto sotto una luce poco nota e di cui abbiamo capito anche l’amore per la montagna e la Lessinia in particolare. Tutte le volte che sono entrato o uscito dalla trattoria sociale ho incontrato questi ragazzi meravigliosi che fanno di questi luoghi la speranza del volersi bene, dello stare insieme senza barriere, senza pregiudizi. Questi sono alcuni dei momenti che mi porterò nel cuore.»
SI dice spesso che a metà del Festival si comincia già a pensare all’edizione successiva. È proprio così?
«È inevitabile. Abbiamo già fissato degli eventi che si svolgeranno l’anno prossimo. La ricerca di film non si ferma mai. Abbiamo già guardato alcuni cataloghi. Chiaro che in questo preciso momento non c’è il pensiero di iniziare già a lavorare per il 2025. C’è la consapevolezza, però, che dopo un’edizione così riuscita l’asticella si alza. Dobbiamo trovare l’ispirazione per iniziare il lavoro che ci permetta di stupire ancora una volta. O quantomeno di confermare lo stupore creato quest’anno. Chi ritornerà nel 2025 dovrà ritrovare e portarsi a casa qualcosa di nuovo. E su questo lavoreremo per i prossimi dodici mesi.»
L’esempio del Film Festival della Lessinia può essere utile a chi, in altri luoghi, vuole intraprendere iniziative analoghe alla vostra?
«Io credo che questa formula funzioni così bene qui e soltanto qui, per tanti motivi. Sarebbe deludente cercare di ricrearla altrove. Certo, noi possiamo condividere con chiunque lo voglia degli spunti o delle buone pratiche. Soprattutto posso dire che negli anni abbiamo creato un team e accumulato un’esperienza davvero preziosi, che possono essere messi in relazione con altre realtà veronesi. Ne parlavamo, fra l’altro, nella serata di premiazione con il sindaco di Verona Damiano Tommasi. Speriamo che questo auspicio trovi prima o poi una realizzazione, altrimenti restano parole di grande entusiasmo che vengono pronunciate quasi sempre nella giornata finale e poi restano nell’aria. Noi ci siamo. Verona, se lo vuole, deve battere un colpo.»
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