Per iniziare a parlare di guida autonoma bisogna partire da un dato di Google Trends: negli ultimi 5 anni, in Italia, la ricerca del termine “sistema di guida autonoma” su Google è aumentata del 1000%.

L’attenzione verso il tema della mobilità è quindi in costante crescita in Italia, specialmente per quello che concerne le sue future evoluzioni, in particolare quelle legate alla guida autonoma e all’applicazione dell’intelligenza artificiale sulle vetture. Tuttavia bisogna fare un’ulteriore passo indietro e capire come, ma soprattutto da chi, vengono sviluppate queste nuove tecnologie.

Un passo indietro che permette però di guardare avanti, alle future generazioni di professionisti e professioniste (ingegneri, meccanici, sviluppatori e via di che domani dovranno gestire la complessità di questi sistemi.

Le competizioni per i tecnici del domani

Oltre alla classica formazione sui banchi universitari, tra corsi triennali e magistrali in varie branche dell’ingegneria e dell’informatica, gli studenti di il mondo possono affinare le loro competenze nel mondo dell’automotive attraverso una particolare competizione.

Si chiama Formula SAE ed è una serie di gare, senza classifica generale, che si svolgono in tutto il mondo ogni anno coinvolgendo in totale più di 600 università da ogni continente.

La Formula SAE prende il nome dalla Society of Automotive Engineers (Società degli Ingegneri Automobilistici), fondata nel 1905 a New York su proposta di due editori, Peter Heldt e Horace Swetland, e inizialmente guidata dal progettista Andrew Riker – che già a cavallo tra XIX e XX secolo lavorò a veicoli alimentati da batterie elettriche – e un allora giovane imprenditore che diventerà celebre con la sua omonima azienda: Henry Ford.

La società nasceva con lo scopo di far collaborare gli ingegneri del settore per far fronte a “questioni tecniche che cercano una soluzione dalla cooperazione degli uomini tecnici collegati all’industria”, come scrisse Heldt in un editoriale del 1902.

Nel 1981, un professore dell’Università del Texas, Ron Matthews, fondò la Formula SAE, andando ad applicare il principio alla base della SAE – la condivisione del sapere – tra gli atenei e creando anche un importante ponte tra l’università e le aziende, interessate dai potenziali sviluppi tecnici della competizione.

La prima gara della storia della Formula SAE vide al via quattro università (Stevens Institute, Università di Tulsa, Università di Cincinnati e Università del Texas). Vennero utilizzati veicoli quattro tempi, valutati in 2 prove statiche e 4 prove dinamiche. Tra i giudici erano presenti dipendenti di General Motors, Ford, diverse compagnie petrolifere e anche uno dei più grandi piloti della storia statunitense, Jim Hall.

La competizione arriva in Europa nel 1999 dopo che l’anno prima tre team del Regno Unito presero parte ad un evento della Formula SAE negli States. È così che la britannica Institution of Mechanical Engineers (Istituzione degli Ingegneri Meccanici) crea il brand Formula Student, il cui patron ad oggi è Ross Brawn, ingegnere pluricampione del mondo in Formula 1 con Benetton, Ferrari e Brawn GP.

Crediti: Andrey Lapshynov (Flickr)

In Italia si organizza dal 2005 la Formula SAE Italy, o Formula ATA dal nome dell’associazione organizzatrice, ovvero l’Associazione Tecnica dell’Autoveicolo. Dopo la prima edizione presso il FIAT Auto Circuit di Balocco (VC), la Formula ATA si è spostata prima al Circuito Ferrari di Fiorano Modenese (MO) e infine al Circuito Riccardo Paletti di Varano ‘de Melegari (PR). Ad oggi una ventina di team italiani prendono parte all’evento di casa e anche ad alcune prove all’estero.

Dalla pista alla strada di tutti i giorni

Negli ultimi anni, alle competizioni con le vetture a combustione – sempre quattro tempi con massima cilindrata di 710cc – si sono affiancate prove dedicate a vetture elettriche – massimo 80kW di potenza – e anche a guida autonoma (in Italia rispettivamente dal 2011 e dal 2018).

Come si svolgono queste competizioni e su cosa lavorano, dunque, gli studenti e le studentesse che vi prendono parte? Un weekend di gara – dal giovedì alla domenica – si sviluppa solitamente in prove dinamiche e prove statiche, precedute da attente verifiche tecniche.

Le prove dinamiche si dividono in accelerazione, su un rettilineo di 75 metri; ski-pad, prova nella quale si misura l’efficienza dell’accelerazione laterale su un percorso “ad 8” i cui cerchi hanno diametro di 15,25 metri; autocross, che premia il miglior tempo su due giri del circuito ed endurance, ultima prova consistente in 22 giri dello stesso circuito dell’autocross. In quest’ultima prova si valuta anche il consumo di carburante.

Per le vetture a guida autonoma esiste la prova di trackdrive a sostituzione di quella di endurance. Ogni team viene impegnato in due sessioni in cui il loro veicolo a guida autonoma deve compiere 10 giri di un circuito delimitato da coni colorati.

Le prove statiche invece si concentrano sugli aspetti commerciali dietro alla costruzione della monoposto. Esistono tre prove: il design o engineering event, nel quale si valutano le scelte progettuali e la loro capacità di rispondere ad esigenze di mercato; il business event, nel quale i team simulano la presentazione del proprio progetto di fronte a potenziali clienti o sponsor e il cost event, ovvero l’analisi di un dettagliato report sui costi di produzione e progettazione del prototipo.

La somma dei punteggi ottenuti nelle singole prove, assegnati da una giuria composta da professionisti del settore e docenti, va poi a comporre la classifica finale dell’evento.

La competizione ha portato negli anni allo sviluppo di vetture sempre più economiche, affidabili, prestazionali ed innovative e allo stesso tempo ha aiutato tanti ragazzi e ragazze a crearsi un percorso lavorativo nel settore automobilistico, anche in contesti racing.

In anni passati sono state proprio le competizioni di altissimo livello, Formula 1 in primis, a sperimentare delle tecnologie diventate poi di dominio pubblico sulle comuni automobili: dall’ABS (Anti-lock Braking System, ovvero sistema anti-bloccaggio dei freni) all’erogazione di carburante gestita dall’elettronica, passando dal cambio al volante al servosterzo elettrico.

Questa primavera ad Abu Dhabi è nata anche la “Formula 1 senza piloti”, ovvero l’Autonomous Racing League. Alla gara inaugurale hanno preso parte 8 team provenienti da diverse università mondiali tra le quali il Politecnico di Milano, l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e la Technical University of Munich, vincitrice dell’evento.

I team hanno dovuto sviluppare il software necessario per processare i dati ottenuti dai sensori montati su monoposto Dallara originariamente sviluppati la SuperFormula giapponese, trasformandoli in istruzioni capaci di rendere la vettura più performante rispetto alla concorrenza.

Competizioni come questa non possono far altro che alzare il livello tecnologico del settore automotive ed aprire nuovi sbocchi lavorativi e di ricerca per gli studenti e le studentesse che oggi si impegnano nella Formula SAE.

Una puntata podcast per discutere del tema

Di mobilità del futuro, tra automazione ed intelligenza artificiale, ne parla proprio un giovane studente del corso di laurea magistrale dell’Università di Trento Intelligent Vehicles, Filippo Faccini, nella quinta puntata del podcast “In bolla”, realizzato dai ragazzi del progetto “PAO Media” della Fondazione PAO di Colà di Lazise.

Dal profilo Instagram del team E-Agle dell’Università di Trento

Filippo Faccini, oltre ad essere studente universitario, è il Presidente di E-Agle, il team dell’ateneo trentino che prende parte alle competizioni di Formula Student. La squadra, fondata nel 2016 su iniziativa del professore Paolo Bosetti, conta oggi più di 90 ragazzi e ragazze divisi in 7 aree, dal software alla meccanica fino alla relazione con pubblico e aziende.

Il team E-Agle si è da subito concentrato sullo sviluppo di monoposto elettriche e recentemente ha iniziato lo sviluppo di una vettura a guida autonoma. È un ulteriore passo verso il futuro, del team e della mobilità.

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