Alla XXXIII Olimpiade di Parigi 2024 sono presenti anche 37 atleti che fanno parte della squadra Olimpica dei Rifugiati del Comitato olimpico internazionale, che rappresenterà gli oltre cento milioni di sfollati nel mondo. Questa è la terza volta che questa particolare squadra partecipa ai giochi olimpici. Gli atleti, ospitati da 15 comitati olimpici nazionali, gareggiano in 12 sport olimpici.

La composizione della squadra si è basata su una serie di criteri tra cui, in primo luogo, le prestazioni sportive di ciascun atleta e il suo status di rifugiato verificato dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ma anche di una rappresentanza equilibrata di sport e genere, nonché della diffusione dei Paesi di origine.

Per la prima volta dalla creazione della squadra Olimpica dei Rifugiati sono presenti due atleti rifugiati residenti in Italia. Si tratta di Iman Mahdavi, lotta libera 78 kg e Hadi Tiranvalipour, taekwondo categoria 58kg, entrati a far parte del programma Olimpico per i Rifugiati nel 2022 e 2023.

Lo sport come spazio di inclusione e solidarietà

«La selezione di Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour è senza dubbio un traguardo importantissimo non solo per i due atleti selezionati, ma per ciò che esso rappresenta per la causa dei rifugiati e per l’Italia che li ha accolti», ha affermato Chiara Cardoletti, rappresentante Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. «Le persone in fuga sognano di poter ricostruire il proprio futuro in sicurezza e dignità. Troppo spesso la narrazione che li riguarda», ha proseguito, «mette in luce solo i bisogni primari tralasciando il talento, il coraggio e la determinazione che portano con sé. Lo sport rappresenta uno dei palcoscenici più importanti per ribadire i valori della solidarietà e dell’inclusione e per questo siamo grati al Coni per l’impegno dimostrato nel sostenere gli atleti rifugiati nel loro sogno olimpico».

La squadra olimpica dei Rifugiati presente a Parigi. Foto Olimpic Refuge Foundation.

Tornare a far parte di una comunità

Per Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati «la squadra dovrebbe ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutti coloro che sono stati sradicati da guerre e persecuzioni. Questi atleti rappresentano ciò che gli esseri umani possono fare, anche di fronte ad avversità estreme. La squadra ci ricorda anche che lo sport», ha continuato Grandi, «può essere trasformativo per le persone la cui vita è stata sconvolta da circostanze spesso strazianti. Trasformativo non solo per gli olimpionici, ma per tutti. Lo sport può offrire tregua, una fuga dalle preoccupazioni quotidiane, un senso di sicurezza, un momento di divertimento. Può dare alle persone la possibilità di guarire fisicamente e mentalmente e di tornare a far parte di una comunità».

Un emblema per i 100 milioni di rifugiati nel mondo

Per la prima volta, la squadra Olimpica dei Rifugiati gareggerà con il proprio emblema, un simbolo che unisce atleti diversi e conferisce alla squadra una propria identità unica.

Al centro dell’emblema c’è un cuore, che deriva dal logo della Fondazione Olympic Refuge, a rappresentare l’appartenenza che la squadra spera di ispirare e che gli atleti e gli sfollati di tutto il mondo hanno trovato attraverso lo sport.

Leggi anche >>

Olimpiadi di Parigi: che sia vera parità di genere

Parigi 1924, le Olimpiadi un secolo fa

©RIPRODUZIONE RISERVATA