Il Parlamento è il cuore della democrazia, è l’organo elettivo per eccellenza che esercita la sovranità del Popolo attraverso i suoi rappresentanti. Ma il Parlamento è sempre veramente rappresentativo della volontà politica dei cittadini?

Recentemente si sono svolte varie elezioni per il rinnovo dei rappresentanti parlamentari della Francia, del Regno Unito, dell’Unione Europea, e meno di due anni fa anche dell’Italia.Tutte con modalità e sistemi elettorali diversi. E’ interessante andare a verificare il rapporto fra le percentuali dei voti espressi dai cittadini e quelle dei seggi effettivamente assegnati.

I sistemi elettorali nel Regno Unito ed in Francia

Nel Regno Unito lo scorso 4 luglio sono stati eletti i 570 rappresentanti della Camera dei comuni con il sistema uninominale a turno unico. In pratica in ciascuno dei 570 collegi è stato eletto il candidato che ha ricevuto almeno un voto in più degli altri concorrenti. Un sistema semplice, che si ripete dalla fine del diciannovesimo secolo, nel Paese che viene considerato da sempre la patria della democrazia.

Il Partito Laburista con il 33,7% dei voti ha ottenuto il 63,2% dei seggi. I Conservatori con il 23,7% dei voti invece il 18,6% dei seggi. Il Reform UK (partito di Nigel Farage) con il 14,3% dei voti ha conquistato solo lo 0,8% dei seggi. Dire che c’è poca proporzionalità fra voti e seggi è quasi un eufemismo.

In Francia, come nel Regno Unito, il sistema elettorale è uninominale e viene pertanto eletto all’Assemblea Nazionale un rappresentante per ciascuno dei 577 collegi. Il sistema francese prevede però un secondo turno di ballottaggio nei collegi dove nessuno dei canditati ha raggiunto il 50% +1 dei voti. Al ballottaggio possono concorrere non solo i primi due candidati ma, in alcuni casi, anche il terzo o addirittura il quarto classificato.

Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, in visita al Parlamento europeo a Strasburgo. Foto Flickr France Diplomatie.

Se al primo turno l’elettore vota il proprio candidato preferito, al ballottaggio può cambiare la propria scelta. Può ad esempio votare per il candidato considerato “meno peggio”, se il suo candidato di riferimento è stato escluso dal ballottaggio o non ha alcuna possibilità di vittoria. Questa facoltà degli elettori è stata come noto accentuata dai “patti di desistenza” decisi dai partiti di sinistra e centristi per impedire al Rassemblement National di Marine Le Pen di raggiungere al secondo turno la maggioranza dei seggi dell’Assemblea Nazionale.

Alla fine il Fronte delle sinistre, che al primo turno aveva raggiunto una percentuale di voti del 28,2 %, è riuscito ad ottenere il 31,2 % dei seggi, mentre il Rassemblement National con il 33,2% di voti ha ottenuto il 24,6% di seggi.

Il sistema elettorale italiano

Il sistema elettorale italiano, è misto. In ciascuno dei due rami del Parlamento, il 37% dei seggi è attribuito con un sistema maggioritario uninominale a turno unico, il 61% è ripartito fra le liste concorrenti in modo proporzionale ai voti, mentre il restante 2% è assegnato sullla base del voto degli italiani residenti all’estero. ll Centro destra unito, per effetto delle divisioni nel variegato mondo del centro sinistra, è riuscito ad ottenere un elevato numero di seggi per la parte uninominale, guadagnando così in entrambe le Camere una maggioranza assoluta che altrimenti sarebbe stata solo relativa.

Ma le distribuzioni dei seggi nei Parlamenti sono veramente rappresentative delle scelte dei cittadini? Come sarebbe oggi il Parlamento del Regno Unito se il sistema elettorale fosse stato di tipo proporzionale o maggioritario con ballottaggio? Ed in Francia quale avrebbe potuto essere la coalizione di maggioranza relativa se il sistema elettorale fosse stato a turno unico come nel Regno Unito?

Ma anche in Italia, con un sistema totalmente proporzionale, o con un ballottaggio per la quota uninominale, difficilmente il centro destra avrebbe ottenuto una maggioranza assoluta.

La politica non si fa con i se e con i ma, tuttavia non si può fare a meno di rilevare come i sistemi elettorali possano modificare ampiamente, ed a volte anche in maniera incomprensibile, l’arcobaleno politico del Parlamento.

Il proporzionale alle elezioni europee

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’ultimo Consiglio europeo a Bruxelles. Licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT.

Alle recenti elezioni europee i rappresentanti sono stati eletti con il sistema proporzionale e lo abbiamo trovato giusto, naturale e democratico. Non vuol dire ovviamente che nel Regno Unito, in Francia o in Italia i sistemi elettorali vigenti non siano democratici, ma è pur vero che il maggioritario uninominale può, talvolta, deformare la rappresentazione politica del Paese in modo imbarazzante.

Ogni Paese ha un suo sistema elettorale che è frutto della propria storia culturale e democratica. L’Italia ha già più volte modificato la legge elettorale passando dal proporzionale del dopoguerra al sistema misto, ma fortemente orientato al maggioritario, nel 1993 con il cosiddetto Mattarellum. Quindi è passata al cosiddetto Porcellum del 2005, per finire con l’attuale sistema misto, moderatamente maggioritario, noto anche come Rosatellum.

Le leggi elettorali, proporzionale a parte, sono mezzi imperfetti di rappresentazione della volontà dei cittadini. L’importante è che la democrazia sia fortemente radicata anche nelle coscienze dei cittadini, oltre che nella Costituzione.

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