Lunedì mattina è venuta a trovarmi Anna. È a Verona perché suo figlio, Sasha, aveva una diagnosi oncologica pesante, e i medici di Borgo Trento con le terapie sperimentali gli hanno salvato la vita. Prima di loro, però, i loro colleghi di Kyiv si sono presi cura di lui. Lavoravano all’ospedale dal nome in apparenza impronunciabile: Ohmadyt, cioè “Difesa della maternità e dell’infanzia”. Era l’ospedale pediatrico più grande d’Europa, fondato ancora nel 1894 dal mecenate ucraino Tereschenko allo scopo di dare cure gratuite ai meno abbienti.

Trasformato nel tempo in un centro nazionale specializzato in pediatria, a febbraio del 2022 ha aperto le porte anche agli adulti. L’enorme edificio moderno ospitava 720 posti letto, servito da personale di altissimo livello e collegato ai miglior ospedali all’estero, fra questi anche il reparto onco-ematologico di Borgo Trento. Una struttura così andava valorizzata anche con numerose donazioni degli sponsor di tutto il mondo: così, per permettere maggiore comfort dei piccoli pazienti il Movimento europeo di azione non violenta (MEAN) ha regalato all’Ohmadyt un pulmino per le trasferte.


Lo stesso giorno, poche ore dopo, questa cittadella di salute e speranza è stata colpita. Dei 38 missili arrivati quella mattina, sei X-101 hanno colpito l’ospedale, con la massima precisione e in pieno giorno.

La struttura ospedaliera pediatrica è stato distrutta da un missile Cruise a bassa quota. Foto Marina Sorina.

Nel mirino la vita dei più vulnerabili

È una mattina qualunque: interventi chirurgici in corso, bambini in dialisi, visitatori. Poi, la morte. Palazzo sventrato, pazienti superstiti evacuati. Bambini indeboliti dalla chemio e legati alla flebo costretti a correre per mettersi in salvo. Chirurghi che, nonostante l’onda d’urto che li colpisce alle spalle, si rialzano e trasferiscono il paziente. Subito dopo il colpo, pur essendoci il pericolo di “double tap”, i medici, i genitori, semplici passanti si mettono all’opera per spostare le macerie. Gli abitanti di Kyiv corrono a portare acqua e cibo, formando due catene: una per spostare i frantumi, l’altra per scaricare le provviste per i bambini seduti sotto il sole, in uno stato catatonico.


Lo sgomento è forte. Non è il primo ospedale colpito, ma questo era il fiore all’occhiello della Sanità ucraina, dove si recano bambini provenienti da altre regioni, con i casi più difficili. Nella stessa mattinata, i russi hanno colpito anche tre sottostazioni energetiche, complicando ulteriormente la vita di una città che vive in uno stato di blackout quasi permanente, con il rigido razionamento di corrente elettrica.

La tattica del terrore per parlare al mondo

La scelta del giorno per sferrare l’attacco alla capitale, ma anche alle altre città, non è casuale. Con la perfidia tipica dell’esercito russo, hanno colpito l’ospedale pediatrico nel giorno in cui nel loro Paese si festeggia la “Giornata di famiglia, amore e fedeltà”. Oltre alla sconfitta elettorale in Francia del Rassemblement National favorito dai russi, e la visita non autorizzata e fallimentare di Orbán, c’era anche un’altro evento a cui i russi hanno reagito: l’apertura dell’ennesimo vertice della Nato.

Il dottor Serhii Chernyshuk dirigente medico dell’ospedale pediatrico Ohmadyt durante l’incontro con la delegazione del MEAN. Foto Marina Sorina.

Il messaggio è forte e chiaro: il terrore serve per scoraggiare gli ucraini (ma ottengono puntualmente l’effetto contrario), spingere il governo alla resa e segnalare ai potenti del mondo che il bullo del globo terrestre è sempre pronto a colpire e non gli importa niente dei giudizi altrui. A loro avviso, il decadente mondo occidentale non ha nulla da opporre alla forza bruta, se non le reticenze imbarazzanti e retoriche vuote.


Ciò che fa la russia [sic!] non è solo un crimine di guerra, ma una strategia costante e programmata. Per spezzare lo spirito ribelle degli ucraini bisogna prima torturarli, facendo più male possibile, a partire di ciò che è sacro in ogni civiltà moderna: le madri, portatrici di vita e i bambini, portatori di futuro.


Quando, il giorno dopo l’attacco, si è conclusa la rimozione delle macerie dell’ospedale, il bilancio ufficiale delle vittime è stato di 29 persone, di cui quattro bambini. Fra i 117 feriti, 10 bambini, molti dei quali sono in uno stato grave.

Ci saranno anche le ferite invisibili nell’animo di chi, lottando contro la malattia, ha visto la morte entrare fra le mura del ospedale. Lo stato infanticida ha lasciato una impronta indelebile e difficilmente verrà perdonato.

Morire di retorica


Come potrà reagire l’Ucraina? La diplomazia serve a poco, visto che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è presieduto proprio dal Paese terrorista. Infatti, alla riunione d’emergenza convocata dall’Ucraina tutte le nazioni intervenute hanno espresso il proprio sdegno – e poi il rappresentante russo ha negato tutto. Così, dopo tante ore di arte oratoria, nulla è cambiato.
Dopo due anni e mezzo di guerra l’Occidente impone ancora dei vincoli all’uso delle armi fornite in Ucraina. Secondo la logica vigente, si può colpire il missile quando è già sopra il territorio, ma non si può colpire l’aeroporto dal quale parte, se non con le armi di produzione locale. Una limitazione che, nel nome di calcoli politici interni, sacrifica giorno dopo giorno le vite dei civili innocenti.
Per ora, dei civili ucraini. Un domani, anche dei civili europei. Siete pronti?

Una delegazione del Movimento europeo di azione non violenta MEAN è presente in questi giorni a Kyiv per due giorni di marcia per la pace. Oggi alle 17 si può seguire la diretta della preghiera interreligiosa dalla loro pagina Facebook

©RIPRODUZIONE RISERVATA