Se chiedeste qual è il cartone preferito a chi oggi ha un’età compresa fra i 45 e i 55 anni probabilmente vi risponderebbe senza esitazione: “Conan, ragazzo del futuro”. Già, perché la serie tv giapponese, realizzata dal mitico Hayao Miyazaki nel 1978, e che andò in onda in Italia nei primi anni Ottanta, ha colpito a tal punto gran parte di quella generazione che all’epoca aveva 5-10 anni da non essere stato più scordato e aver sopravanzato in classifica altri grandi cartoni animati dell’epoca.

La serie appartiene al filone “post-atomico”, tanto di moda ancora oggi a livello di cinematografia mondiale, ma all’epoca rappresentava un po’ un’eccezione – soprattutto alle nostre latitudini – e anche per questo ebbe un grande successo.  

D’altronde, oltre a Miyazaki, contribuì a quell’opera una specie di “dream team” dell’epoca, da far impallidire le grandi produzioni odierne. Magari i nomi non diranno molto, oggi, al nostro pubblico, ma lo stesso co-fondatore dello Studio Ghibli, Isao Takahata, realizzò le storyboard e diresse ben due episodi (sui ventisei totali) del cartoon. Il mentore di Miyazaki e Takahata, Yasuo Ōtsuka, fu il direttore dell’animazione e contribuì a realizzare il design dei personaggi.

Il futuro regista di Whisper of the Heart, Yoshifumi Kondō, diede il suo apporto nel realizzare l’animazione chiave e persino il compositore classico Shin’ichiro Ikebe, venerato per le sue collaborazioni con Akira Kurosawa, diede un contributo decisivo componendo la suggestiva colonna sonora.

Nonostante questo gruppo di lavoro a dir poco “stellare”, Conan non ebbe all’inizio vita facile. Lo stesso Miyazaki inizialmente esitò a dirigere la serie, che rimase costantemente in ritardo sulla tabella di marcia e, quando finalmente andò in onda sulla tv giapponese, l’opera ricevette un’accoglienza a dir poco tiepida, con ascolti medio-bassi.

Una delusione? Inizialmente, certo, ma poi con il tempo il progetto risultò tutt’altro che fallimentare, soprattutto grazie al seguito che trovò ben oltre i confini giapponesi, tanto da risultare particolarmente amato anche – e soprattutto – in Italia.

L’incredibile onda

Conan, ragazzo del futuro inizia con il suono di inquietanti chitarre elettriche che anticipano l’imminente Armageddon nucleare. La storia, che per noi è ormai al passato, all’epoca era un racconto in avanti di cinquant’anni. Realizzato alla fine degli anni Settanta, infatti, Conan è ambientato – almeno nella sua parte iniziale – trent’anni dopo, nel 2008, quando una terribile guerra devasta il mondo. Armi geomagnetiche ultrapotenti fanno deviare la Terra dal suo asse, cancellando di fatto i cinque continenti e provocando l’innalzamento dei livelli marini.

Vent’anni dopo – 2028, quindi ormai ci siamo quasi – due sopravvissuti si guadagnano da vivere a Remnant Island, dove l’undicenne Conan, un ragazzo dalla forza fisica quasi sovrumana, vive semplicemente, con il nonno adottivo, nuotando, pescando e saltellando con infinita energia. Entrambi pensano di essere le ultime persone in vita sulla Terra, finché una giovane ragazza di nome Lana non viene trovata sulla spiaggia dell’isolotto, priva di sensi.

La ragazza sta in realtà scappando da un manipolo di soldati perché nipote dello scomparso dottor Rao, l’ultimo scienziato rimasto sulla Terra, esperto di energia solare, l’unica in grado di rilanciare la vita di Industria, la grande e tecnologica città (praticamente un unico ed enorme edificio formato da tre grattacieli di decine e decine di piani) sopravvissuta dall’altra parte del mare.

Inizia così una ricca avventura, con continui colpi di scena che ha come protagonisti certamente gli stessi Conan e Lana, ma anche il fedele amico Gimpsy, l’ambiguo capitano del Barracuda Dyce, la tormentata Mosley e il cattivissimo Repka, che cerca con ogni mezzo di ricattare il dottor Rao per ottenere i suoi biechi scopi.

L’ispirazione dal libro di Alexander Key

La serie è tratta dal libro The Incredible Tide (‘L’incredibile onda’) di Alexander Key, un autore di fantascienza poco conosciuto in Italia, il cui misterioso libro (citato nei titoli della serie ma introvabile alle nostre latitudini all’epoca, almeno fino a metà degli anni Novanta) è stato portato in Italia da un gruppo di appassionati della serie i quali, in vacanza in Giappone, trovarono casualmente una copia, che portarono e tradussero nel nostro Paese per la gioia di tanti.

Key, meglio conosciuto per Fuga a Witch Mountain e il conseguente franchise cinematografico Disney, aveva scritto un romanzo in cui dipinge un’evidente allegoria della Guerra Fredda, con sottocorrenti cristiane, descrivendo in Industria l’Unione Sovietica di allora e nell’isola pastorale di Lana, High Harbour, gli Stati Uniti.

A dirla tutta, pare che a Miyazaki il libro non piacesse, visto che lo trovava troppo deprimente e inappropriato per un pubblico di bambini, e dunque accettò di dirigere Conan solo a condizione che avesse libero sfogo per poter apportare alcune importanti modifiche.

L’autore giapponese, alla fine, ha però cambiato gran parte della storia e dell’approccio iniziale, al punto da renderlo un’opera completamente nuova e separata. Comprensibilmente, Alexander Key non ne fu molto soddisfatto e fece bloccare per ripicca la pubblicazione dell’anime in inglese per decenni. Da lì, dunque, anche la difficoltà del reperimento dell’opera.

Fonte di ispirazione per molti

La serie ha avuto – fra i tanti – anche il grande merito di lanciare per la prima volta nell’olimpo dell’animazione il grande Hayao Miyazaki, all’epoca semisconosciuto, e di farlo conoscere al grande pubblico. L’autore di capolavori come Il castello errante di Howl, La città incantata o Porco Rosso, solo per citarne alcuni, ha trovato proprio in Conan la sua genesi come regista e autore e da quel momento, per fortuna, non si è più fermato, fino all’ultimo Il ragazzo e l’airone, che di recente ha incantato, come spesso ha saputo fare nel corso della sua lunghissima carriera, il pubblico di ogni età.

L’animazione di Conan, peraltro, risulta fin da subito sorprendentemente solida ed è stata non a caso in grado di ispirare numerose altre opere e artisti. Da Yoshiyuki Tomino e il suo Xabungle, che secondo Hiroyuki Imaishi fu un chiaro tentativo di catturare la magia di Conan e che a sua volta ha ispirato Imashi per il suo Gurren Lagann. Per non parlare dell’eccellente Giant Gorg di Yoshikazu Yasuhiko, che deve molto a Conan in termini di struttura e ritmo.

Più recentemente Conan è stato menzionato in Tieni le mani lontane da Eizouken!, anche se in modo un po’ indiretto a causa di problemi di licenza e diritti. Ci sono, in ogni caso, anche altri artisti e registi che citano Conan come opera per loro formativa, come ad esempio Shinji Aramaki e Kenji Kamiyama.

Il film pare aver ispirato anche il più recente Luca, che in gran parte è un tentativo di realizzare un film dello Studio Ghibli nell’ambito della Pixar – per prima cosa, il villaggio costiero italiano dove è ambientata la storia si chiama Portorosso, in omaggio al Porco Rosso di Ghibli – e il regista Enrico Casarosa ha preso spunti visivi dal giocoso multi-film.

Una visione di futuro in un mondo distrutto

La storia propone anche una prima esplorazione da parte di Miyazaki di temi ambientalisti e pacifisti che hanno poi fatto da base poetica, per decenni, dell’autore giapponese. Gli abitanti dell’isola Industria mangiano cibo sintetico fatto di plastica, mentre gli abitanti di High Harbour (l’isola-Eden in cui i protagonisti aspirano a vivere nel corso dell’intera vicenda) vivono del lavoro della terra, connettendosi in maniera quasi simbiotica con la natura che li circonda.

E mentre Conan e Lana incontrano spesso lungo il loro percorso pericoli e disastri, la serie non perde mai di vista la pura visione del mondo del suo protagonista. Come dice la sigla estremamente orecchiabile: “Ci sono i sogni, tutti quelli che fai, che non moriranno mai,  c’è la speranza, che d’ora un poi, un futuro avremo noi”.

Conan è incentrato sul retrofuturismo degli anni ’70, con un linguaggio visivo vibrante di lucide tute spaziali verde acqua, idrovolanti color mandarino e sale computer che suonano. L’oceano costituisce lo sfondo centrale, ma gli ambienti variano da città sotterranee abbandonate a deserti infiniti. I dettagli vissuti, come il muschio che cresce su una vecchia nave spaziale, lo fanno sembrare quasi tangibile allo spettatore. Ventisei episodi danno a Miyazaki tutto il tempo per costruire il suo mondo e parte della gioia è vedere cosa inventerà dopo, puntata dopo puntata.

Uno dei migliori anime

Conan è stato a lungo un pezzo mancante del puzzle per i completisti di Miyazaki, ma sarebbe fuorviante affermare che la serie ha valore solo come sforzo iniziale, aprendo la strada a futuri capolavori. Nel complesso, Conan, ragazzo del futuro è uno dei migliori anime mai realizzati nella storia, nonostante da allora sia passato quasi mezzo secolo.

E questo non solo come serie tout court, fantastica ed estremamente divertente che richiede di essere guardata quasi senza sosta, ma anche e soprattutto per la sua eredità culturale e per il modo in cui ha contribuito a plasmare la narrazione degli anime nel corso dei successivi decenni. Anche se Miyazaki viene lodato e ammirato principalmente per i suoi film, Conan rimane, non ce ne vogliate, il suo miglior lavoro in assoluto.

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