Il Governo italiano ha inviato lunedì 1 luglio alla Commissione europea  il testo definitivo del PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima: un documento di 490 pagine per descrivere come l’Italia intende riprogettare il proprio benessere senza l’uso di combustibili fossili e arrivare a zero emissioni climalteranti al 2050.

Il documento considera tutte le attività ritenute necessarie  per rispettare gli impegni presi con l’Europa relativamente alle fonti rinnovabili elettriche, il biometano, l’idrogeno,  i biocarburanti, la diffusione di auto elettriche, la riduzione della mobilità privata, la cattura e stoccaggio di CO2, la ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, le pompe di calore, etc etc … indicando per ognuna di esse gli obiettivi da perseguire anno per anno sino al 2050.

Si tratta di una proposta di cambiamento radicale della vita dei cittadini che impegnerà le generazioni future, per questo sarebbe auspicabile che ogni singolo capitolo del PNIEC fosse conosciuto e approfondito, ogni azione lì pianificata sottoposta ad una verifica collettiva di efficacia e realizzabilità.

Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in una nota, si è affrettato a spiegare che «il nostro Paese si dota così di uno strumento programmatorio che traccia, con grande pragmatismo, la strada energetica e climatica […] che non nasconde i passi ancora necessari per colmare alcuni gap ma si concentra sulle grandi opportunità derivanti dallo sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni».

Un linguaggio ministeriale che cerca di nascondere un sostanziale affievolimento dell’impegno nella transizione energetica (con grande pragmatismo) e l’interesse a introdurre l’opzione nucleare nel dibattito politico e programmatico (sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni).

Ritorna il nucleare

La novità più eclatante del PNIEC targato Fratin è, infatti, il rientro in scena del nucleare in Italia. «Sono convinto che il nucleare sia una scelta quasi obbligata per il Paese se vogliamo centrare i target di decarbonizzazione», ribadisce il Ministro in una intervista al Sole 24 ore e ne indica gli obiettivi: una capacità nucleare che, partendo 0,4 GW operativi nel 2035, sale a 7,6 GW nel 2050 quando potrebbe fornire circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta, con una possibile proiezione verso il 22%.

PNIEC 2024 inviato per approvazione a Bruxelles

 «lo scenario sull’energia nucleare, sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050), ci fa guardare avanti a un futuro possibile» insiste Fratin.  

Obiettivo veramente possibile?  

Se consideriamo la tecnologia nucleare a fissione considerata prevalentemente nel PNIEC, cioè gli SMR (Small Modular Reactors), i dubbi sono tanti e consistenti. Si trascuri per il momento la tecnologia nucleare a fusione ancora in fase di studio e sperimentazione dagli esiti, costi  e tempi oltremodo imprevedibili.

Schema di funzionamento di un prototipo SMR (Small modular reactor) (credit foto Ansa)

Gli SMR piccoli reattori di potenza non superiore a 300 MW sono detti appunto modulari perché, pensando di ridurre i costi, sono assemblabili direttamente in fabbrica anziché in situ con cantieri di grandi dimensioni. L’entusiasmo verso i piccoli reattori modulari  è in gran parte il risultato del fallimento dei progetti di costruzione di reattori convenzionali, cinque/dieci volte più grandi.

Con l’opzione SMR indicata nel PNIEC , il numero di reattori da installare entro il 2050 potrebbe variare da 58 a 175 ciascuno dei quali richiederebbe, oltre a un preventivo nuovo referendum sul nucleare, uno specifico processo autorizzativo.

Inoltre, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica IAEA, ci sono più di 80 tipologie di SMR in fasi diverse di sviluppo in tutto il mondo. Non esiste ancora un prodotto SMR definito, affidabile e commerciabile.

Sono attualmente in funzione solo due SMR: il Klt-40S russo da 70 MW, che funziona dal 2019 da propulsore di un rompighiaccio, e dal 2021 il cinese HTR-PM da 210 MW, prototipo di reattori a gas ad alta temperatura. Quattro sono in costruzione, due in Cina, uno in Russia e uno in Argentina.

Secondo la uscente commissaria Ue per l’Energia Kadri Simson «Il primo reattore nucleare modulare di piccole dimensioni SMR sarà operativo in Europa entro dieci anni al più tardi». Verso il 2035 si avranno quindi  i risultati delle varie sperimentazioni sulle diverse tecnologie di SMR che si stanno avviando e si disporrà di dati affidabili su cui discutere.

IAEA  Advances in Small Modular Reactor Technology Developments

Arrivano dati negativi

Nel frattempo in Francia e negli Stati Uniti si cancellano progetti SMR per costi eccessivi, mancanza di finanziatori, complessità operative.

Novembre 2023. Cancellato il progetto USA di NuScale

NuScale, società con sede a Portland, nell’Oregon, nel 2014 ha ricevuto dal governo Usa circa 600 milioni di dollari per finanziare la progettazione, autorizzazione e localizzazione di una centrale nello Utah con sei reattori SMR da 77 MW e nel 2020 il Dipartimento dell’Energia aveva approvato un finanziamento pubblico di 1,35 miliardi di dollari in 10 anni. L’impianto doveva essere inaugurato nel 2030, ma, nel corso degli ultimi mesi, diversi azionisti si sono ritirati dal progetto a causa dell’aumento dei costi. NuScale ha dichiarato improbabile trovare nello Utah un numero sufficiente di finanziatori.

2 Luglio 2024. Sospeso il progetto francese di Nuward

Ironia della sorte, il giorno dopo l’invio a Bruxelles del PNIEC del ministro Fratin, il comitato esecutivo di EDF, azienda leader mondiale nella tecnologia nucleare, ha annunciato la sospensione del progetto SMR Nuward per l’eccessivo costo e il numero di difficoltà incontrate.  Progetto iniziato nel 2019, si proponeva di avviare una minicentrale con due reattori da 170 MW nel 2030.

Elementi di criticità

Le associazioni Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente,  Transport&Environment  e WWF Italia affermano che «il PNIEC Italiano è totalmente irrazionale».

«L’operazione vera»  proseguono le associazioni «è mantenere lo status quo perché qualsiasi apertura alle tecnologie nucleari fossili, che in realtà nulla hanno di nuovo (ad iniziare dai fallimentari Small modular reactor), dopo che in Italia ben due referendum si sono espressi in senso contrario, avrebbe comunque tempi ben più lunghi di quelli dettati dalla traiettoria della transizione».

Foto da Unsplash di Frederick Paulussen

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