Dopo il disastroso dibattito televisivo a cui hanno assistito decine di milioni di americani, la candidatura democratica per le presidenziali USA2024 non appare più tanto scolpita nel granito di Capitol Hill. Il presidente uscente, Joe Biden, si trova nelle peggiori condizioni rilevate negli ultimi trent’anni, con così tanti elettori in dubbio, un calo di supporto interno al partito e uno scarto importante nelle preferenze con il rivale Donald Trump.

Arrivano in questi giorni i risultati di alcuni sondaggi rapidi ma accurati, tra cui quelli di testate giornalistiche riconosciute, in collaborazione con il mondo accademico. Ogni sondaggio ha regole d’ingaggio diverse, sia come bacino di intervistati, sia per la formulazione delle domande. Resta il fatto però che viene dipinto un quadro piuttosto sconfortante per il presidente in cerca di rielezione.

L’intenzione di voto

Partendo dal dato generale, Trump è in vantaggio – mediamente, nelle varie ricerche – di sei punti su Biden, con il 49% degli intenzionati a votare a favore del primo e il 43% per il secondo. Considerato il vantaggio repubblicano nel Collegio Elettorale, un margine del genere sarebbe decisivo per la vittoria del biondo tycoon.

A prima vista, non sembra un gap incolmabile, o una virata importante da parte dell’elettorato, visto che prima del dibattito il distacco era di quattro punti percentuali. E non è inusuale che una “sconfitta” in tivù causi tali spostamenti, per il fatto di rappresentare una memoria visiva e chiara nella mente degli intervistati.

Ci sarebbe, o così insegna l’economia politica, anche il cosiddetto “non-response bias”, ovvero la tendenza per i supporter dello sconfitto a rifiutare la partecipazione al sondaggio, alterando quindi le quote. Le risultanze della ricerca “NYT-Siena College”, allineate in tema di distacco, smentiscono però la tesi in presenza di proporzioni sostanzialmente uguali tra Dem e Rep.

Altri giudizi

Viene anche analizzata la popolarità dei candidati, il giudizio sull’immagine che poi si traduce in una sorta di analisi dell’investimento fatto per la campagna. Nonostante Biden abbia speso intorno a 115 milioni di dollari, i sei punti sono confermati anche qui: il 37% degli intenzionati a votare lo vedono positivamente, contro il 43% che vede con favore Trump. In tutte le ricerche, aumentano in modo marcato le percentuali di chi lo considera troppo anziano per l’incarico, una percezione negativa davvero ardua da smontare.

Infine, alla domanda circa la percezione di rischio personale e nazionale in caso di vittoria di uno o l’altro, gli intenzionati a votare si esprimono in modo altrettanto netto. Biden viene considerato rassicurante dal 37% degli intervistati, mentre il 61% lo considera un rischio. Trump viene quasi visto come un danno minore, con il 43% che lo considera una scelta sicura e il 55% che lo ritiene un pericolo.

Immagine generata dall’intelligenza artificiale

L’alternativa non è facile

Sembra semplice pensare alla vice presidente uscente, Kamala Harris, in sostituzione, per quanto tardiva, di un candidato che ha perso consensi tra il popolo americano e anche all’interno del suo stesso partito. Sono numerosi i Dem che si sono esposti pubblicamente chiedendo un passo indietro a Biden, mentre altri, pur senza la richiesta esplicita, hanno espresso dubbi e aspettative in questo senso.

Che Harris sia soggetta a grande speculazioni in tal senso è confermato da uno dei mercati più trasparenti: quello delle scommesse online. Da qualche giorno, Polymarket, il sito più cliccato in ambito politico, mostra quote simili per Biden e Harris, rispettivamente assegnando ai due il 43% e 42% di probabilità di essere il candidato Dem 2024. PredictIt, che funziona in modo simile al mercato azionario, quota le azioni di entrambi a 43 centesimi sul dollaro.

Ovvio, le scommesse non sono in grado di prevedere quella che sarà la realtà dei fatti, ma fa specie notare che Harris era a meno di 10 cents prima del dibattito e anche come non ci siano altri possibili candidati con numeri simili, neanche quelli maggiormente “spinti” all’interno del partito, la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer o il ministro Pete Buttgieg.

Scegliere un altro contendente, seppur di valore in ambito politico e legislativo, significa per il partito decidere di ignorare Harris, la sua lealtà e dedizione, ma anche la sua area di maggior influenza sull’elettorato, quella delle persone di colore. Determinanti nel 2020 e difficili da raggiungere se si propone “il solito candidato bianco”.

La diretta interessata

Harris finora è stata una brava soldatina, ha difeso apertamente Biden dopo la débacle televisiva assicurando che «quello visto nel dibattito non è il Presidente che io conosco, che vedo senza telecamere, al lavoro davvero». Sembra inoltre abbia chiesto al suo staff, che vorrebbe cogliere l’opportunità,  il massimo rigore su gossip e prese di posizione.

È apparsa accanto a Biden mentre il presidente riconfermava le sue intenzioni di tirare dritto, pochi giorni fa in una conferenza con tutti gli addetti alla campagna elettorale e subito dopo con una convention di tutti i governatori radunati a Washington.

Harris è un azzardo politico. Si è costruita un consenso nel partito, si propone come la paladina dei diritti, specie dopo le dichiarazioni sul diritto all’aborto, e gode di una base popolare influente e determinante. Però i suoi rating nei sondaggi non sono molto diversi da quelli di Biden, a volte anche più bassi, e non ha esperienza di campagna (nel 2020 si ritirò dalle primarie ancora prima delle votazioni). La dichiarazione in suo favore di Jim Clyburn, il democratico del South Carolina che si dice abbia salvato la campagna di Biden nel 2020, può aver spostato qualcuno. Ma resta una scelta difficile.

Resta poco tempo

A soli quattro mesi dal voto, diventa ogni giorno più pressante decidere in modo definitivo la linea da seguire. Se da un lato qualsiasi cambiamento, sarebbe un rischio, con conseguenze difficili da quantificare, dall’altro si è reso evidente il limite di Biden nel gioco d’azzardo, con il suo all-in andato male.

Ha preteso un confronto, l’ha voluto in diretta televisiva, ha contribuito a definirne le modalità e regole di interazione, ha perfino scelto il lato in cui prendere il podio. Ha sfidato con veemenza Trump e, di fronte agli occhi di milioni di americani, ha perso. Male.

Non una scelta semplice insomma. Sempre che nei desideri del partito Democratico ci sia ancora la vittoria e i dati macroeconomici non stiano invece rendendo meno amaro un eventuale passaggio di consegne. Lasciare ai rivali la gestione degli anni in cui la crisi economica potrebbe davvero mordere. Questo è pensar male, una provocazione verso il pensiero laterale dei lettori; ma a volte, diceva uno, a pensar male si indovina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA